La Turchia sempre più lontana dall'ingresso nell'UE
Secondo l’autorevole Financial Times, l’idea della partnership privilegiata circolerebbe da parecchi anni. Piace a Sarkozy, al partito cristiano democratico tedesco e anche al cancelliere Angela Merkel. Quest’ultima, tuttavia, ha abbracciato ultimamente una posizione più soft riconoscendo, proprio come gli altri membri dell’UE, che la Turchia è un paese candidato a tutti gli effetti ormai dal lontano 1999. In sostanza la Merkel ritiene che un paese responsabile non possa tirarsi fuori così semplicemente da un accordo stipulato in buona fede.
Ma l’ago della bilancia potrebbe pendere dall’altra parte. Dopo le ultime elezioni di settembre i socialdemocratici – più vicini tradizionalmente alla causa turca - sono fuori dal governo e sono stati sostituiti dai liberaldemocratici, la cui posizione è più incerta. Sarkozy potrebbe cogliere l’opportunità di portare il nuovo governo tedesco ad abbracciare la posizione della partnership privilegiata.
Inutile dire che la Turchia ha rifiutato la proposta. “Non esiste nessun fondamento legale per una partnership privilegiata - ha affermato Egemen Bagis, responsabile dei negoziati della Turchia con l’UE - Sei nell’Unione europea, o non lo sei. Mica si può essere un po’ incinti?”
Anche gli Stati Uniti avverserebbero questa iniziativa. Ignorando i motivi del no all’entrata nell’UE della Turchia, sia l’amministrazione democratica che quella repubblicana hanno sempre incoraggiato il processo di allargamento alla Turchia. Ma l’inesorabile verità è che su i 35 capitoli di negoziato che un paese deve completare per entrare nell’UE, la Turchia ne ha aperti 11, di cui solo uno (quello su scienza e ricerca) è stato chiuso. Gli altri 12 capitoli sono stati formalmente “congelati” dall’UE, o bloccati ufficiosamente dalla Francia con l’aiuto di altri paesi “turcoscettici”. L’intero processo rischia così di saltare.
C’è da dire che la Commissione europea su questi temi non ha l’ultima parola. Il consenso dei paesi membri è infatti fondamentale affinchè un paese possa entrare nell’Unione Europea.
Nell’ambito della strategia annuale sull’allargamento dell’UE presentata lo scorso 14 ottobre, riguardo alla Turchia Olli Rehn non si è sbilanciato: “La Turchia ha rinnovato il suo impegno a favore delle riforme politiche. I progressi dei suoi negoziati di adesione dipendono da questo impegno, specie per quanto riguarda il consolidamento delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto. Ci rallegriamo delle recenti consultazioni su un’importante iniziativa curda, da cui mi auguro scaturiranno azioni concrete a favore dei diritti di tutti i turchi. Considero incoraggianti i passi storici che la Turchia e l’Armenia hanno appena compiuto per normalizzare le loro relazioni e auspico che questo processo porti appena possibile ad una normalizzazione totale.”
Di un’altro problema a dicembre si occuperanno i leader dell’UE: la Turchia non ha ancora aperto i suoi porti ed aeroporti alle navi e agli aerei che provengono da Cipro. L’UE potrebbe appigliarsi a questo pretesto per insabbiare definitivamente i negoziati. Ma ciò probabilmente non accadrà almeno per tutta la durata della presidenza di turno della Svezia, paese notoriamente vicino alla Turchia.
Ma già nel 2010 lo scenario potrebbe cambiare in favore di Sarkozy e della sua proposta.
(Alessandra Flora)