Credito bancario: ABI, in Europa servono politiche per gli investimenti
Secondo uno studio ABI la contrazione del credito bancario è connessa anche al calo del numero di imprese e al miglioramento della situazione finanziaria delle aziende, fattori che hanno ridotto la domanda complessiva di prestiti.
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Pubblicato il nuovo numero dei Temi di Economia e Finanza (TEF) prodotti dall’Ufficio Analisi Economiche dell’ABI, l'Associazione bancaria italiana. Lo studio si propone di osservare gli effetti sull’evoluzione del credito bancario erogato alle imprese indotti dalla dinamica dell’economia, le cessioni degli NPL e l’evoluzione demografica del comparto industriale italiano ed europeo. Inoltre, viene analizzata la relazione tra le condizioni finanziarie delle imprese europee e la dinamica del credito bancario.
L’analisi evidenzia che tenendo conto della dinamica del ciclo economico, dell’attività di cessione degli NPL dai bilanci bancari e della variazione demografica delle imprese, la disponibilità del credito bancario per le imprese risulta molto superiore a quanto emergerebbe dalla semplice analisi della variazione dei dati grezzi relativi ai volumi di credito, sia in Italia che in Europa. In particolare, lo studio evidenzia i riflessi sulla domanda di credito bancario dell’evoluzione demografica delle imprese dell’ultimo decennio.
In questi due lustri di crisi il numero di imprese si è infatti ridotto significativamente ed è del tutto evidente che, a parità di ogni altra condizione, un numero inferiore di società determina una riduzione complessiva della domanda di prestiti bancari, che si traduce in un minore stock di crediti in circolazione senza che ciò implichi una riduzione del credito concesso dal settore bancario alle singole imprese.
Per quanto riguarda invece i nessi tra la dinamica del credito bancario alle imprese e le condizioni finanziarie delle imprese stesse, l’analisi segnala il ruolo cruciale svolto da quest’ultima variabile nello spiegare la flessione degli impieghi bancari nell’ultimo decennio. In dettaglio, lo studio mostra il significativo miglioramento della situazione finanziaria delle imprese europee a partire della crisi finanziaria del 2008-2009.
Nel complesso, le condizioni finanziarie delle imprese di tutti i principali paesi europei si sono, infatti, mosse da una situazione di disavanzo - in cui i ricavi della gestione risultavano insufficienti a finanziare sia le spese correnti (salari, oneri finanziari, tasse, etc..) sia quelle in conto capitale (investimenti in primis) - ad una di avanzo strutturale. Le stime econometriche dell’Ufficio Analisi Economiche dell’ABI confermano che il miglioramento delle condizioni finanziarie delle imprese si è tradotto in una minore richiesta di finanziamenti esterni, inclusi i prestiti bancari.
E’, dunque, anche a questo fattore che va ricondotta la minore domanda, nel corso della crisi, del credito bancario da parte delle imprese, nello studio espresso dal rapporto tra prestiti e valore aggiunto prodotto dalle stesse imprese (ovvero dall’input di credito bancario per unità di prodotto delle imprese). Questa evidenza è confermata, in particolare, per le società non finanziarie francesi, italiane e spagnole, mentre non sembra aver influenzato in modo significativo le scelte delle imprese tedesche, che strutturalmente presentano ampia liquidità. Facendo riferimento ai dati del primo semestre del 2017, si stima che la posizione finanziaria delle imprese spieghi oltre l’80% delle variazioni dell’input di credito osservate nei singoli paesi in confronto con la media europea.
In particolare, a tale causa sono attribuibili rispettivamente l’80% e l’85% della contrazione del rapporto tra credito e valore aggiunto registrata per le imprese spagnole e italiane rispetto alla media europea e tutto l’incremento relativo delle imprese francesi. In prospettiva, sono auspicabili politiche europee volte a stimolare gli investimenti, che troverebbero supporto nell’ampia liquidità delle imprese e nelle favorevoli condizioni di offerta del credito. Il combinato disposto di questi due elementi contribuirebbe al consolidamento della ripresa dei volumi e della qualità del credito bancario erogato alle imprese europee.
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