La Politica di Coesione nel Mezzogiorno d’Italia
Nella sua tesi di laurea magistrale Damiano Landolina analizza le criticità della Politica di Coesione, con un focus sul Mezzogiorno d’Italia nella programmazione finanziaria 2007-2013.
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La legittimazione dell’Unione Europea si fonda sul principio di sussidiarietà, secondo il quale le decisioni devono essere prese a livello più vicino possibile ai cittadini. A tal proposito, la politica di coesione europea si conforma a tal principio attraverso l’attuazione di una serie di misure basate sull’incentivazione allo sviluppo delle realtà locali.
La natura decisionale di questa politica comunitaria evidenzia il bisogno di conoscere gli orientamenti politici prevalenti dei Paesi membri, le tecniche di negoziazione e le procedure proprie dell’Unione, andando a costituire una struttura di coordinamento sia verticale che orizzontale. Si rende necessario, dunque, che le amministrazioni centrali siano consapevoli del potenziale e delle problematiche concernenti l’implementazione finale delle politiche comunitarie al fine di promuovere con efficacia il coinvolgimento delle autorità subnazionali nella formulazione di piani per lo sviluppo regionale.
A tal proposito, il caso dell’Italia è emblematico nell’analisi delle criticità delle politiche territoriali: dopo oltre vent’anni di programmazione comunitaria presenta, ancora oggi, quattro regioni con un livello di PIL più basso rispetto alla media nazionale ed europea. Uno dei problemi più importanti emersi nell’analisi del policy-cycle comunitario, in Italia, è il lento progredire della spesa durante le fasi iniziali del ciclo finanziario, seguito da un successivo rush in prossimità della chiusura della programmazione.
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In particolare, esaminando alcuni casi riguardanti l’implementazione del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) in due differenti municipalità siciliane all’interno del Quadro Finanziario Pluriennale 2007-2013, emerge chiaramente il meccanismo attraverso il quale il bilancio comunitario si è sviluppato, provando a rispondere a molteplici e continue pressioni nel tentativo di incidere in maniera significativa nel processo di sviluppo delle regioni europee.
Attraverso la multilevel governance e le teorie sull’efficienza della pubblica amministrazione è possibile comprendere in che modo e dove emergano, all’interno del processo di integrazione economica promosso dalla politica di coesione, le maggiori criticità dal momento che, in particolare la multilevel governance, permette di descrivere chiaramente il processo implementativo della politica di coesione nel coinvolgimento di attori sovranazionali, nazionali e subnazionali.
Le regioni rappresentano i beneficiari diretti dei progetti promossi dalla politica di sviluppo economico ed è proprio in tal senso che appare attuale il caso del Mezzogiorno, in cui la politica territoriale, anche a fronte di ingenti stanziamenti, non può ridurre il processo di sviluppo di un territorio a un semplice esercizio contabile. Resta centrale il mancato conseguimento degli obiettivi di convergenza regionale, in termini di Pil, nonché la gestione della fase di monitoraggio, laddove le politiche comunitarie sembrano incapaci di adattarsi a contesti particolari, come, ad esempio, quello siciliano, che dovrebbero rappresentare le principali aree di indirizzo della politica regionale comunitaria.
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I dati più recenti al proposito hanno dimostrato come l’approccio eccessivamente localistico, che sia incentrato sulle particolarità dei singoli territori, non permetta una concentrazione degli interventi, parcellizzando il bilancio e rendendo le amministrazioni locali incapaci di mantenere un controllo costante sui progetti realizzati. Inoltre, una struttura organizzativa fortemente gerarchizzata come quella dell’aggregato meridionale ha reso difficoltoso questo processo poiché troppo influenzata dalle amministrazioni regionali. In breve, si potrebbe dire che più sono le sottodivisioni esistenti, maggiore è la difficoltà nel garantire un monitoraggio adeguato.
La politica di coesione trova, quindi, difficoltà di applicazione pratica in questi contesti dal momento che un approccio eccessivamente localistico e capillarizzato, dunque troppo attento a cogliere i bisogni dei singoli territori piuttosto che a creare una strategia di sviluppo di più ampio respiro, è fortemente inefficace nelle regioni in cui il contesto amministrativo non è in grado di gestire autonomamente il processo normativo imprescindibile per la buona riuscita dei progetti.
Sebbene i fondi strutturali, e l’integrazione europea in generale, abbiano giocato un ruolo fondamentale nel modellare il meccanismo di rappresentazione e configurazione degli attori coinvolti nella loro gestione, nel Sud Italia la burocrazia regionale sembra sia stata incapace di catalizzare le spinte all’innovazione nate da interessi funzionali della società civile.
La politica di coesione risulta, in conclusione, più efficace in contesti già sviluppati mentre, dove necessaria, manca di quella flessibilità e concentrazione degli interventi utili a innescare un processo di sviluppo concreto.
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