Politiche Coesione: il ruolo dei Comuni nel rapporto IFEL 2019
Presentato il Rapporto IFEL 2019 sulla dimensione territoriale nelle politiche di coesione. Uno strumento esaustivo mirato al monitoraggio dell'attuale ciclo di programmazione 2014-2020, per delineare possibili risvolti futuri.
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I dati, fondamentali per la costruzione dell'analisi, sono frutto della piattaforma Open Coesione e della NUVEC – Agenzia Coesione Territoriale. Il nono Rapporto IFEL si apre con lo stato di avanzamento finanziario dei Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) 2014-2020 in una prospettiva europea e nazionale, proseguendo verso una definizione a livello delle amministrazioni comunali.
Il Rapporto è interessante per l'anno in corso, non solo perché in chiusura rispetto al ciclo di programmazione finanziaria, ma decisivo se si considera lo stato di salute del nostro paese: una realtà che stenta a crescere e rischia lo stallo. Inoltre, conoscere luci e ombre del presente gioca un importante partita nella definizione delle future politiche di coesione 2021-2027.
Stato di attuazione: a che punto siamo con le politiche di coesione?
Nel complesso gli italiani possono essere ottimisti. Le statistiche rivelano uno stato di attuazione finanziaria della programmazione 2014-2020 positiva, con il 72 % degli impegni rispetto alla media europea dell'84%, così come il 35% delle spese rispetto al 41% della media UE. Si ricorda, inoltre, che l'Italia è il secondo paese a livello comunitario per risorse finanziarie da spendere e da impegnare.
Il dato medio nazionale sopracitato, tuttavia, nasconde una velocità eterogenea fra i diversi fondi e programmi operativi di impegno e di spesa. Ad esempio, c'è una forte accelerazione sul versante degli impegni per il FESR (86%), al contrario si stenta a spendere (31%); situazione opposta quella del FEASR e FSE.
Dato interessante riguarda il peso delle risorse aggiuntive, come i fondi delle politiche di coesione, sulla spesa in conto capitale. Protagonista fra i beneficiari di questi strumenti il Mezzogiorno, fonti di finanziamento al quale viene data particolare enfasi anche dal ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, nel presentare il Piano Sud 2030.
Queste dotazioni aggiungono valore in termini di reddito pro capite. Infatti, guardando al 2018, la situazione del Centro-Nord stima 51 euro di risorse aggiuntive sul totale di 610 euro pro capite, al contrario del Mezzogiorno dove su 503 pro capite spesi 200 sono aggiuntive e 303 euro ordinarie.
Andando oltre una dimensione territoriale italiana, i traguardi finanziari del Belpaese sono quasi completamente in linea rispetto alla strategia europea. Dai dati del Rapporto, si delineano due criticità ricorrenti, in questo contesto, che faranno da monito per il futuro delle politiche di coesione: il tasso di occupazione (67/69 in UE e 63 in Italia) e il tasso di povertà.
Comuni: come gestiscono i fondi europei?
La coesione ha un impatto importante sui Comuni in generale, le Strategie Integrate Territoriali (SIT) in particolare mettono intenzionalmente al centro delle programmazioni le amministrazioni territoriali, valorizzandone l'autonomia politica. Secondo lo Strat-Board - lo strumento progettato dalla Commissione per fornire una visione di insieme sulle strategie di Sviluppo Urbano Sostenibile e di Investimenti Territoriali Integrati - nei 28 paesi UE sono state censite oltre mille SIT territoriali, in Italia se ne contano 162 (14 definite con PON Metro, 111 assi territoriali POR, 15 ITI per città medie e 22 con ApQ per aree interne).
Le strategie integrate si configurano attraverso due strumenti: le Strategia di sviluppo ubano sostenibile (SUS), con PON Città metropolitane e Agende urbane – Assi POR e ITI, che sommate a quote di cofinanziamento nazionale arrivano a 2,5 miliardi di euro; e la Strategia nazionale per aree interne (SNAI), che mobilita 281 miliardi, 18 milioni di euro di risorse ordinarie che consentono di completare interventi in tutte le 72 aree selezionate che comprendono 1.071 comuni (pari al 3,4% della popolazione nazionale).
È un ciclo di programmazione, quello del PO FESR 2014-2020, che vede i comuni quali secondi beneficiari delle risorse; un percorso quindi dalla fortissima territorialità che si riscontra sia nei costi rendicontabili sia nei progetti attivi: 57mila progetti per 21,86 miliardi di euro di costi rendicontabili.
Con 4.840 progetti FESR 2014-2020, le amministrazioni comunali sono i soggetti attuatori che dopo i privati gestiscono la mole più ampia di risorse pari a circa 3,4 miliardi di euro sul totale di 22 miliardi.
La maggior parte degli interventi che ricadono sui comuni sono a valere del PON Metro che vede per il 78% delle 468 azioni nel complesso, con l'87% dei costi rendicontabili.
Su programmi operativi a livello regionale, invece, tutte le amministrazioni regionali danno grosso risalto ai comuni – esempio virtuoso è l'Umbria, la quale coinvolge con progetti di piccola grandezza quasi la totalità delle amministrazioni comunali; così come la Toscana e la Campania, che impiega quasi un quinto delle risorse disponibili.
Energia, istruzione e ambiente sono i temi su cui puntano i progetti in questione, mentre guardando ai costi di rendicontazione UE l'ordine delle priorità diventa ambiente, energia, cultura e turismo.
La dimensione dei progetti FESR guidati dai comuni è generalmente di taglia medio piccola (fino a 150mila euro il 38%, mentre solo l'1,2% supera i 5 milioni di euro), fattore strettamente legato alle tempistiche di vita per il lancio del bando e la realizzazione degli interventi.
A differenza dei passati cicli di programmazione, i comuni fanno evidenti sforzi in direzione del PO FSE 2014-2020. Il Rapporto registra, infatti, che il 18% dei comuni è beneficiario di progetti FSE, che si concentrano principalmente su due target: il 74% riguarda inclusione sociale, mentre il 25% all'occupazione e mobilità dei lavoratori.
Nota dolente, invece, per il FSC 2014-2020, che vede una ristretta partecipazione delle amministrazioni locali. La maggior concentrazione di risorse interessa i trasporti (36%) e l'ambiente (28%). Ci si aspetta un'accelerazione, dato che risultano 19 miliardi di euro di costi rendicontabili ma ce ne sarebbero a disposizione altri 40 miliardi di euro.
"Il conseguimento dei target per gli obiettivi di Europa 2020 sembra essere una strada in salita ma possibile. Occorrerà calibrare gli interventi delle politiche di coesione e pianificare per il futuro. Bisogna avere il giusto tempo per spendere bene", ha concluso Walter Tortorella, Responsabile Dipartimento Studi Economia territoriale IFEL.
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Cosa aspettarsi per il futuro?
In futuro, la novità più rilevante è una retrocessione di alcune regioni italiane. Nonostante la possibilità che il bilancio europeo possa stanziare una buona dotazione finanziaria dedicata alle politiche di coesione, le regioni di Marche e Umbria retrocedono a regioni in transizione, mentre il Molise e la Sardegna in regioni meno sviluppate (insieme a Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia).
Inoltre, la frammentazione di progetti e delle risorse anche per 14-20 per temi, interventi e beneficiari conferma che spesso le risorse straordinarie dei fondi SIE svolgono una funzione suppletiva delle risorse ordinarie con contenuto impatto di tipo strutturale sui territori. La regionalizzazione delle politiche di sviluppo, in assenza di un disegno unitario di crescita del paese, che solo di recente con il Piano per il Sud è stata inserita una visione sistemica, ha alimentato un effetto dispersione dalle rese basse.
Infine, bisogna considerare i comuni quali attori chiave nell'attuazione del FESR e del FSC 14-20. Per questo, nella futura programmazione 21-27, serve un piano di rafforzamento amministrativo a loro dedicato finalizzato all'aumento della loro capacitazione nelle fasi di pianificazione, gestione e monitorraggio dei fondi SIE.
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