Partenariato Pubblico Privato – istruzioni per l'uso
Integrare risorse pubbliche e private nella realizzazione di opere e servizi. E’ questo, in estrema sintesi, il partenariato pubblico privato.
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Se la definizione dello strumento è semplice, sono molte le riforme che, negli ultimi anni, hanno cambiato i connotati del partenariato pubblico privato: il Dlgs n. 50 del 2016, il nuovo Codice appalti, è solo l’ultimo esempio di un cantiere ormai aperto da tempo. E non sono da sottovalutare neppure gli accorgimenti tecnici che, a livello europeo, hanno rivisto il perimetro nel quale gli operatori possono muoversi. L’ultimo esempio è costituito dalla guida Eurostat per la costruzione dei contratti, che punta ad evitare errori di classificazione molto consueti. Ma va anche ricordata la matrice dei rischi dell’Anac, una tabella che permette di individuare in maniera semplice quali rischi vanno attribuiti alla Pa e quali alle imprese. Senza contare il fronte della programmazione finanziaria europea, altrettanto strategico.
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In generale, il PPP è un contratto tra un'amministrazione pubblica e un'impresa a cui viene concesso di realizzare un'opera o un servizio a fronte del pagamento di un canone o dell'incasso di tariffe. Ne esistono quattro tipologie principali: concessione di costruzione e gestione, concessione di servizi, sponsorizzazione, locazione finanziaria. A queste si aggiungono anche partenariati dedicati alla realizzazione di opere di urbanizzazione e insediamenti turistici, nonché alla concessione di beni immobili per la loro valorizzazione a fini economici.
Le novità del Codice appalti
Per valutare in pieno il suo potenziale e strutturare un contratto efficace, nel sistema italiano, bisogna soprattutto analizzare le norme del Codice, andato in vigore lo scorso aprile. Il pezzo principale della riforma riguarda il rischio di costruzione e gestione dell’opera. Questo, in base alle nuove direttive, va completamente trasferito ai privati. Secondo il Codice questo rischio andrà trasferito “nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione”. Quindi, le variazioni su costi e ricavi dovranno “incidere significativamente sul valore attuale netto dell'insieme degli investimenti”.
Le indicazioni dell’Anac
Sui rischi bisogna ricordare che le linee guida dell’Anac hanno di recente richiesto l’introduzione di una matrice dei rischi. Si tratta di una tabella che evidenzia tutti i rischi legati all’esecuzione di un contratto, indicando quante probabilità ci sono che un evento si verifichi e come quel rischio deve essere ripartito tra pubblica amministrazione e soggetto privato. In sostanza, si tratta del documento chiave “sia per prevenire il contenzioso che per evitare un'allocazione solo formale dei rischi al privato, che i rischi connessi alla costruzione e gestione dell'opera o del servizio oggetto del contratto di PPP siano chiaramente identificati, valutati e posti in capo al soggetto più in grado di farsene carico, fermo restando che l'operatore economico ne dovrà sopportare la maggioranza”.
Altro punto importantissimo riguarda la differenza, introdotta dal Codice, tra concessione e PPP in senso stretto. La prima ha per oggetto opere con rischio mercato, mentre per il PPP in senso stretto c’è una prevalenza dell’utilizzo del canone. Anche se, in alcuni passaggi delle norme, questa differenza è solo accennata. Il Dlgs 50/2016 parla anche del contributo pubblico. E’ stato, infatti, introdotto un tetto massimo del 30%, non presente nel vecchio ordinamento. Un limite che metterebbe a rischio molte opere oggi finanziate. E va considerato, in sede di costruzione dei contratti, anche una norma sui closing molto rigida. L’accordo con le banche deve arrivare entro 12 mesi dal contratto di concessione. Non c’è, poi, più il diritto del concessionario ad ottenere modifiche del piano economico finanziario in caso di cambiamenti chiesti dalla Pa o di modifiche normative intervenute in corsa.
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Le regole sull’in house
Andrà, poi, considerata la norma sull’in house. I concessionari, infatti, “sono obbligati ad affidare una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150mila euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità”. Questa norma, che entrerà in vigore dopo due anni dall’entrata in vigore del Codice, fissa un limite molto vincolante all’utilizzo di società controllate dalle concessionarie per lo svolgimento dei contratti.
Il ruolo delle pubbliche amministrazioni
Nella fase di sottoscrizione dei contratti, comunque, pesa in maniera decisiva anche l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Queste, infatti, dovrebbero assumere un ruolo di promotore che non sono sempre in grado di svolgere. Le grandi stazioni appaltanti non devono rinunciare ad avvalersi della propria capacità progettuale e di programmazione del territorio per affidarsi passivamente alla promozione privata. Del resto, la promozione privata può e deve essere usata in modo intelligente, senza anticipare le scelte programmatiche e procedurali delle amministrazioni aggiudicatici, cui deve rimanere la regia dell’iniziativa.
In questo ambito occorre allora ricordare che fra le criticità maggiori del mercato italiano rientra il fatto che i piani strategici territoriali siano stati spesso ridotti alla programmazione di opere non aderenti a una logica di sistema locale di sviluppo e che non siano supportati da un’analisi finanziaria seria ed efficace. Questa condizione rende necessario un processo di rinnovamento istituzionale, in grado di declinare funzioni, competenze e programmi, e che vada di pari passo con il rilancio sistematico di un partenariato pubblico privato capace di intercettare un’efficace pianificazione dello sviluppo territoriale.
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La guida Eurostat sulla classificazione dei PPP
Dal punto di vista tecnico, poi, un riferimento importante è costituito dalla guida realizzata da Eurostat (l'istituto statistico della Commissione europea) e dal Centro europeo di consulenza per i partenariati pubblico privato (Epec) della Bei. La decisione del settore pubblico di appaltare i lavori mediante PPP, infatti, viene spesso influenzata da considerazioni circa il loro trattamento statistico. Questo impatta in maniera forte sul disavanzo pubblico e sul debito pubblico e rappresenta, quindi, un momento molto delicato. La fase di inquadramento statistico, allora, può creare difficoltà e comportare ritardi nelle varie fasi di preparazione e attuazione dei progetti di investimento.
Nel merito la guida non modifica le norme applicate da Eurostat per classificare i PPP, ma analizza le caratteristiche più comuni dei contratti che vengono utilizzati di solito e ne chiarisce il potenziale impatto sulle finanze pubbliche. Grazie a questo strumento, gli Stati membri e le altre parti interessate potranno comprendere meglio l'impatto delle caratteristiche dei contratti di PPP sui bilanci delle amministrazioni pubbliche, prendendo decisioni più consapevoli in fase di definizione delle clausole.
Le strutture di assistenza tecnica come il Polo europeo di consulenza sugli investimenti istituito dalla Bei e dalla Commissione faranno ricorso alla guida per fornire assistenza in risposta a qualunque richiesta. Facendone - spiega Bruxelles - “uno strumento utile a fornire chiare informazioni ai promotori pubblici e privati nel contesto del piano di investimenti e a rimuovere gli ostacoli che si ritiene si frappongano agli investimenti”.
Concretamente, la guida è strutturata in quattro capitoli. Nel primo vengono spiegati ai tecnici i dettagli necessari a comprendere in linea generale il trattamento statistico del partenariato pubblico privato. Qui viene data una spiegazione di massima dello sviluppo delle regole in materia. Nel secondo capitolo si passa alla distinzione tra i PPP e altre tipologie di accordi a lungo termine utilizzati da soggetti pubblici per il finanziamento di infrastrutture. Solo nel primo caso si applicano le regole statistiche di Eurostat.
Il terzo capitolo è l’elemento chiave della guida. Qui viene spiegato nel dettaglio come vanno inquadrati i partenariati dal punto di vista statistico. Nello specifico vengono, allora, analizzati sedici contratti tipici e vengono sottolineati tutti quegli elementi che hanno un influenza sull’inquadramento statistico del partenariato. Addirittura, ogni intervento possibile viene classificato a seconda del livello di impatto che può avere sui conti pubblici dei Paesi. Infine, c’è il capitolo quattro che sintetizza le conclusioni raggiunte da quelli precedenti.
Il PPP e la programmazione europea
Bisogna ricordare, infine, che il PPP riveste una grande importanza nella programmazione dei fondi europei 2014-2020, che attraverso la nuova regolamentazione propone uno sviluppo locale di tipo partecipativo con il coinvolgimento degli stakeholder che rappresentano degli interessi socio-economici del territorio.
La Commissione europea, nel corso degli ultimi mesi, ha lanciato messaggi molto chiari che individuano nei PPP la strategia vincente per lo sviluppo. Del resto, anche i programmi a gestione diretta della stessa Commissione, come Horizon 2020, prevedono linee specifiche di aiuto a forme di partenariato pubblico privato nell’ambito del pilastro “Industrial leadership”. Nella sinergia tra Commissione europea, Stati membri e settore privato sta il segreto per l’ottimizzazione di risultati altrimenti difficili da raggiungere.
In tale ambito si muove anche la Project bond iniziative, lanciata nel 2012 da Commissione europea e BEI per attrarre, attraverso il mercato dei capitali, finanziamenti privati addizionali per grandi progetti infrastrutturali. Il rilancio del partenariato pubblico privato associato alla tecnica del Project financing può, in sostanza, costituire un’efficace strategia per uscire dalla crisi socio-economica che da anni imperversa nell’eurozona.
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