Ecobonus - Rete Irene, tutti i rischi del decreto crescita
Il decreto crescita ritocca le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica e il miglioramento sismico degli edifici. Ma per Rete Irene lo fa peggiorando la situazione.
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Nel mirino della Rete di Imprese per la Riqualificazione ENergetica degli Edifici il passaggio del decreto crescita che introduce lo sconto immediato al posto di ecobonus e sismabonus.
Cosa prevede il decreto crescita
Nello specifico, il provvedimento stabilisce che il soggetto che effettuerà gli interventi di messa in sicurezza dal rischio sismico e di efficientamento energetico potrà ricevere un contributo, anticipato dal fornitore che ha effettuato l’intervento, sotto forma di sconto sul corrispettivo spettante.
Il contributo sarà recuperato dal fornitore sotto forma di credito d'imposta, di pari ammontare, da utilizzare esclusivamente in compensazione, in cinque quote annuali di pari importo, senza l’applicazione dei limiti di compensabilità.
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Rete Irene: le 5 conseguenze negative del decreto
Il decreto crescita prometteva di semplificare la fruizione degli incentivi per la riqualificazione energetica e il miglioramento sismico degli edifici attraverso un nuovo meccanismo di cessione. In realtà, secondo l’analisi proposta da Virginio Trivella, coordinatore del comitato tecnico scientifico di Rete Irene, il provvedimento avrebbe una serie di conseguenze negative: gravi problemi di aspettative erronee, elusione fiscale, concorrenza sleale, eccessiva concentrazione del mercato, confusione, incertezza, rischio di una gran quantità di contenzioso futuro con l’Agenzia delle entrate e, per di più, un aggravio per la sostenibilità dei flussi del bilancio pubblico a parità di attività incentivate.
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Trivella va più nello specifico ed elenca le 5 conseguenze più pesanti del decreto.
1) Determina una fortissima concentrazione del mercato della riqualificazione energetica in capo a pochissimi grandi operatori dell'energia: il provvedimento conferisce un vantaggio competitivo rilevante ai pochissimi soggetti che sono in grado, contemporaneamente, di qualificarsi come “fornitori” (potendo sottoscrivere contratti d’appalto per la realizzazione degli interventi di riqualificazione) e di disporre di un’ampia e duratura capienza fiscale, nonché di capacità finanziaria, rispetto a tutti gli altri soggetti (anche i più tecnicamente qualificati) operanti sul mercato. Non si tratta delle imprese né delle ESCo, ma delle maggiori utilities operanti nel settore dell’energia.
2) Determina una forte distorsione del mercato: non è più il proprietario che decide quali interventi di riqualificazione sono di proprio interesse, rivolgendosi poi (anche tramite l’impresa appaltatrice) a un investitore che gli acquista il credito d’imposta, ma è l’investitore che decide autonomamente quali interventi e quali edifici sono di proprio interesse. Interesse che non è la minimizzazione della vendita di energia ma la fidelizzazione della massima quantità di clienti. È facile prevedere che questa circostanza creerà prassi molto conservative, in chiaro contrasto con gli sfidanti obiettivi di riduzione dei consumi energetici fissati dal Piano Nazionale Energia e Clima.
3) Determina un grave rischio di diffuso contenzioso fiscale: da oltre due decenni l'Agenzia delle Entrate esclude che gli oneri finanziari siano computabili tra le spese che generano i crediti d'imposta. La formulazione del nuovo meccanismo, secondo il quale il contributo anticipato dal fornitore è di ammontare pari alla detrazione fiscale generata, induce nei beneficiari la legittima aspettativa di non sostenere gli oneri finanziari, e negli operatori la tentazione di porre in essere comportamenti in contrasto con la posizione dell’Agenzia delle Entrate: incrementare il corrispettivo degli interventi al fine di ottenere una detrazione fiscale artificiosamente maggiorata da utilizzare per dissimulare l’entità degli oneri finanziari e di non porli a carico dei soggetti cedenti (facendo pagare esclusivamente la quota non coperta dall’incentivo). Poiché tale prassi, già ora adottata dagli operatori più spregiudicati, è evidentemente elusiva e passibile di ripresa fiscale, si può prevedere che il provvedimento genererà, se non sarà immediatamente corretto, una assurda situazione di sistematico contenzioso fiscale.
4) Non determina alcuna semplificazione: nel caso di interventi su singole unità immobiliari, il meccanismo di cessione del credito d’imposta è semplicissimo; nel caso di interventi su immobili condominiali, la semplificazione si avrebbe solo in presenza di adesione unanime al nuovo meccanismo di cessione da parte di tutti i condomini (compresi gli assenti). In assenza dell'unanimità rimarrebbero immutate le stesse complicazioni burocratiche del vecchio meccanismo (adesione alla cessione dei singoli proprietari, notifica all'Agenzia delle entrate, certificazione dei singoli pagamenti, ecc.). Naturalmente questi aspetti tecnici sfuggiranno per lo più agli utenti, che saranno però catturati dalla promessa di semplificazione.
5) Determina il rischio concreto di restrizione del mercato (cioè l'esatto contrario della finalità del Decreto Crescita): la forte capacità attrattiva del nuovo meccanismo, più conveniente sul piano economico e – per come viene erroneamente presentato (e per l’irresponsabile risonanza datane dagli organi di stampa, con commenti per lo più superficiali) – meno complicato, convoglierà su di esso l'attenzione e l'aspettativa di tutti gli utenti.
Nel breve periodo, è prevedibile un blocco del settore: chi, pur di beneficiare di una cessione a costo zero (per il cittadino, ma non per lo Stato), non vorrà attendere i tre mesi (che, in base all’esperienza diventeranno molti di più – sedici in un caso recente) che l’Agenzia delle Entrate impiegherà per rilasciare il suo nuovo provvedimento? In seguito, è certo che i pochi soggetti graziati da questo meccanismo non saranno interessati ad accettare tutte le richieste, ed è plausibile che non saranno in grado di gestire efficacemente nemmeno quelle di proprio interesse, comportando un rallentamento dell'operatività che, al contrario, il "vecchio" meccanismo, basato sull'azione di un grande numero di imprese, è in grado di assicurare.
Senza trascurare il fatto che è almeno dubbio che il nuovo meccanismo possa interessare ai grandissimi e ipercapienti operatori dell’energia, che dovrebbero accettare di fare i general contractor di una miriade di piccoli interventi, prendendosene la responsabilità e modificando sostanzialmente il proprio core business, lasciando ipotizzare una drastica riduzione della potenzialità complessiva di assorbimento dei crediti d'imposta.