Energia e mobilità green: necessaria più ricerca e innovazione a tutela della competitività dell’UE
Davanti ai cambiamenti macroeconomici in atto e alle sfide epocali che l’UE ha davanti, un nuovo report indipendente identifica la rotta che dovrebbe essere intrapresa dall'Europa nel campo dell'energia e della mobilità al fine di rimanere competitiva. Un’analisi molto interessante che da un lato entra nel merito delle singole tecnologie, indicando ad esempio quelle su cui puntare, e dall’altro suggerisce una serie di riforme da attuare per migliorare la politica europea di sostegno agli investimenti in R&I (ricerca e innovazione) così da renderla più adatta ai tempi in cui viviamo.
Rapporto Draghi: tenere insieme decarbonizzazione e competitività
Con la pubblicazione del report “Addressing European Research & Innovation Challenges for System Transitions in Energy and Mobility”, gli autori puntano ad offrire raccomandazioni e spunti di riflessione in merito alle priorità da tenere in considerazione per sviluppare la ricerca e l’innovazione nei settori dell’energia pulita e della mobilità. In generale, infatti, il settore della R&I in Europa, non gode di ottima salute - per una serie di motivi, a cominciare dalla mancanza di finanziamenti da parte del settore privato - soprattutto se paragonato a quello dei principali competitor globali, Stati Uniti e Cina in testa.
Il documento presenta una visione di lungo termine per i futuri sistemi energetici e della mobilità in linea con gli obiettivi ecologici e socioeconomici europei, primo fra tutti il net-zero al 2050. Con l’obiettivo di spingere verso la realizzazione di questa visione, il report esplora nove “percorsi di innovazione” nei sistemi energetici e della mobilità, valutati rispetto a quattro sfide contemporanee che influenzano i due settori, e che sono connesse a loro volta a quattro importanti cambiamenti macroeconomici in atto.
Infine, i relatori suggeriscono una serie di cambiamenti da introdurre nelle politiche di ricerca e innovazione europea, sempre nell’ottica di migliorare la competitività dell’UE, sfruttando appieno i suoi punti di forza esistenti e il suo potenziale, ad esempio integrando tecnologie consolidate con altre innovative che devono ancora essere sviluppate.
I quattro cambiamenti macroeconomici legati alle sfide per la R&I in Europa
Come detto, le quattro sfide individuate dagli esperti autori del report derivano da quattro cambiamenti a livello macro che stanno plasmando il mondo e il settore della ricerca e dell'innovazione.
Il primo cambiamento è legato al fatto che alcune innovazioni tecnologiche come le tecnologie per l’elettricità rinnovabile (ad esempio il fotovoltaico solare o le turbine eoliche) e i veicoli elettrici, sono ormai diffuse nel processo di transizione verso un’economia low carbon, “il che offre alcune speranze per la mitigazione dei cambiamenti climatici, nonostante l’aumento delle emissioni di gas serra su scala globale”. Altre innovazioni, invece, sono ancora nelle fasi di sviluppo iniziale (come l’idrogeno verde), il che comporta sfide legate alla velocizzazione dei progressi. Quando queste altre innovazioni raggiungeranno un grado di maturità maggiore, sarà vantaggioso combinarle tra loro, in un'ottica di integrazione dei sistemi che diventa sempre più importante.
In secondo luogo, le innovazioni a basse emissioni di carbonio e l'energia pulita sono diventate parte di una corsa globale all'innovazione, in cui l'Europa sta perdendo terreno rispetto a Paesi come la Cina e gli Stati Uniti, facendo emergere preoccupazioni per la competitività europea. La Cina, in particolare, ha raggiunto una leadership globale in molte aree tecnologiche energetiche, al punto che l'energia pulita è stata uno dei principali motori della sua crescita economica nel 2023. La risposta più significativa degli Stati Uniti a questa corsa globale è stato l’Inflation Reduction Act (IRA) del 2022, un piano da 370 miliardi di dollari che ha offerto un sostegno finanziario significativo per la produzione domestica e l'uso di molte tecnologie a basse emissioni di carbonio. Le principali risposte europee, invece, sono state: il NextGenerationEU, creato per fronteggiare la pandemia e includere importanti investimenti infrastrutturali; il pacchetto Fit for 55, che include una significativa riforma del sistema europeo di scambio di emissioni (ETS, Emissions Trading System); l'istituzione di un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (CBAM, Carbon Border Adjustment Mechanism); il Green Deal Industrial Plan che, presentato dalla Commissione nel 2023, mira a predisporre un ambiente più favorevole per ampliare la capacità di produzione dell'UE per le tecnologie a zero emissioni. Nonostante questi sforzi politici, la competitività europea è oggi a rischio nel contesto globale di corsa all’innovazione, anche per quanto riguarda i mercati delle tecnologie pulite e digitali.
Il terzo cambiamento in atto è rappresentato, invece, dall’aumento significativo delle tensioni geopolitiche globali e dall'intensificarsi dei rischi per la sicurezza europea. In particolare, l'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte della Russia ha aumentato le preoccupazioni sulla dipendenza da fornitori dominanti, portando allo sviluppo del piano REPowerEU e all'incremento delle ambizioni del pacchetto Fit for 55 per ridurre la dipendenza europea dai combustibili fossili russi.
Infine, il quarto cambiamento riguarda l'aumento della contestazione sociale delle politiche ambientali e delle innovazioni a basse emissioni di carbonio in molti Paesi europei, nonostante gli sforzi significativi per alleviare le sfide legate all'equità, come il “Meccanismo per la Transizione Giusta” (Just Transition Mechanism) del 2021 e il Fondo Sociale per il Clima del 2023.
Le quattro sfide principali per la R&I nei sistemi energetici e della mobilità
Come anticipato, questi importanti cambiamenti a livello macro, portano con sé altrettante sfide.
La prima consiste nel raggiungere gli obiettivi europei di mitigazione del cambiamento climatico nei tempi prefissati. L'Europa ha fatto progressi significativi in passato, riducendo le emissioni di gas serra (GHG) del 30% tra il 2005 e il 2022 nel settore dell’approvvigionamento energetico, ma non in tutti i settori i risultati sono stati così buoni. Alla luce di ciò, i quattro esperti suggeriscono che, sebbene l’Europa stia andando nella giusta direzione, dovrebbe accelerare il processo di transizione verso tecnologie a bassa emissione di carbonio, e fare in modo che tutti i settori economici contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi climatici.
La perdita di competitività rispetto ai principali concorrenti (Cina e USA in testa) è la seconda sfida che interessa il Vecchio Continente in questo momento. A pesare sono vari fattori, tra cui il livello di finanziamenti in ricerca e innovazione, con l’UE che fatica ancora a raggiungere l’obiettivo del 3% fissato nell’agenda di Lisbona nel 2000. “Questi ritardi dell’UE negli investimenti in R&S sono anche un problema per i settori dell'energia e della mobilità”, sottolineano i relatori. Una delle criticità di lunga data dell'Europa è, inoltre, la relativa scarsità di finanziamenti privati per la R&S, che in parte è legata alla composizione settoriale dell'economia europea, dove le industrie a tecnologia media (come quella automobilistica) con intensità di R&S relativamente basse sono ancora prevalenti rispetto alle industrie ad alta tecnologia (come quella farmaceutica) che necessitano di maggiore ricerca e innovazione. Anche sul piano dei brevetti, la Cina è in testa rispetto a Europa e Stati Uniti, in particolare per il settore delle tecnologie energetiche pulite.
Altra importante sfida è rappresentata dal tema della sicurezza, legato al contesto geopolitico e geoeconomico, che ha implicazioni anche sulle future politiche di ricerca e innovazione nel settore dell'energia e della mobilità. Ad esempio, i Paesi che hanno effettuato importanti investimenti in tecnologie rinnovabili e nella mobilità elettrica sono oggi meno dipendenti dalle importazioni di gas naturale e di carbone da paesi come la Russia e sono anche meno vulnerabili a possibili interruzioni nel commercio globale e nelle catene di approvvigionamento causate da guerre e conflitti. Per rispondere in modo corretto a questa sfida, suggeriscono gli autori, l’UE dovrebbe - tra le altre cose - promuovere innovazioni e cambiamenti sistemici all’insegna di sostenibilità, competitività e sicurezza.
Infine, la quarta sfida illustrata nel report è quella relativa alle questioni di giustizia sociale, accettazione e risoluzione di potenziali tensioni e conflitti legati alle transizioni energetiche e di mobilità. Temi che evidenziano la necessità che le politiche pubbliche creino mezzi per riconoscere e valutare le diverse dimensioni (distributiva, riconoscitiva e procedurale) e scale di giustizia (locale e globale) per prendere decisioni informate e creare percorsi di transizione basati su una più ampia gamma di criteri, tra cui l’accessibilità e l’equità.
I nove percorsi per i futuri sistemi energetici e di mobilità
Illustrati i cambiamenti macroeconomici e le principali sfide che influenzano il futuro della transizione energetica e della mobilità, il report esplora nove “percorsi di innovazione” (innovation pathways) che possono contribuire a realizzare la visione per i futuri sistemi energetici e di mobilità.
Il primo percorso, “Tecnologie digitali e integrazione dei sistemi”, si basa sul ricorso a processi innovativi come il machine learning e l’IA (intelligenza artificiale) per migliorare le interazioni tra le innovazioni modulari nei sistemi energetici e di mobilità. In questo contesto, sebbene l'Europa sia in ritardo rispetto ai competitor in termini di hardware e software digitali, la corsa competitiva per l'uso di piattaforme digitali nei sistemi energetici e di mobilità è ancora aperta, offrendo enormi opportunità economiche per le aziende europee.
Il secondo percorso individuato riguarda le “innovazioni infrastrutturali”, cioè gli sviluppi necessari - come ad esempio il potenziamento delle reti elettriche - per adattare gli asset europei ai cambiamenti indotti dalle innovazioni tecnologiche e dalle trasformazioni nelle attività produttive e nei comportamenti che accompagnano una transizione sicura, economicamente competitiva, giusta e socialmente accettabile.
“Decarbonizzazione della produzione di elettricità con lo sviluppo di solare fotovoltaico ed eolico” è il terzo percorso di innovazione presentato nel report. Tecnologie che, oltre ad accelerare l’attuazione della transizione verso il net zero, offrono vantaggi anche per la sicurezza energetica. In tale contesto lo sviluppo dell’energia solare ed eolica - e la risoluzione delle principali sfide che le contraddistinguono, a cominciare dall’accesso alle materie prime critiche - devono essere al centro delle strategie di ricerca, innovazione e sviluppo industriale dell’UE, secondo gli autori del report.
I “veicoli elettrici e le batterie” sono, invece, al centro del quinto percorso, poiché offrono opportunità significative per il risparmio delle emissioni di gas serra e di inquinanti, il miglioramento dell'efficienza energetica e la diversificazione delle fonti di energia. In questo settore, la Cina ha acquisito un vantaggio competitivo, che l’UE cerca ora di arginare adottando un approccio protezionistico all’importazione dei veicoli cinesi. Secondo gli autori del report, però, sarebbe opportuno che allo stesso tempo Bruxelles garantisse uno sviluppo industriale della regione all’insegna della transizione verso veicoli più sostenibili, concentrando gli sforzi di ricerca e innovazione soprattutto sulle batterie: sia nel campo dei materiali per le batterie (come le batterie bipolari), sia su tecnologie e processi capaci di generare aumenti di produttività nella fabbricazione delle batterie e nei passaggi a monte della catena del valore delle batterie.
I “biocarburanti”, al centro del sesto percorso indicato dagli autori del report, fanno già parte del mix di carburanti per il trasporto stradale e probabilmente giocheranno un ruolo crescente nel trasporto a lunga distanza, dove sono utilizzati solo marginalmente oggi. “I biocarburanti”, scrivono gli esperti, “offrono l'opportunità di evitare l'obsolescenza tecnologica per le tecnologie basate sulla combustione, ma ciò è rilevante solo se queste tecnologie non vengono superate dall'elettrificazione e se il loro impiego è possibile in modo sostenibile e su larga scala. Questo non è garantito, poiché i biocarburanti hanno ritorni energetici bassi rispetto all'energia investita”. Presentano anche requisiti significativi in termini di uso del suolo, competendo con l'agricoltura e portando a rischi per la sicurezza energetica e alimentare, soprattutto in caso di conflitti o altri fattori esterni che limitano la produttività del suolo (come la carenza di forniture di fertilizzanti). Alla luce di queste opportunità e sfide, la ricerca e innovazione di base secondo gli autori dovrebbe supportare pratiche che consentano un approvvigionamento sostenibile delle risorse di biomassa.
Il settimo percorso riguarda lo sviluppo dell’idrogeno a basse emissioni e dei suoi derivati. Attualmente, la produzione di idrogeno dipende quasi interamente dal gas naturale (il c.d. idrogeno blu) ed è associata a elevati livelli di emissioni di CO₂, per cui sarebbe necessario un cambiamento tecnologico. Percorsi alternativi per produrre idrogeno a basse emissioni includono l'elettrolisi, se basata su elettricità a basse emissioni (proveniente da nucleare o rinnovabili), o il CCS (Carbon Capture and Storage), per gestire le emissioni dalle tecnologie basate sui combustibili fossili. I derivati dell'idrogeno (carburanti rinnovabili di origine non biologica, RFNBO), invece, includono carburanti a base di carbonio (metano, metanolo e idrocarburi) prodotti combinando idrogeno e CO₂ di origine biogenica, ammoniaca e altri carburanti sintetici a base di carbonio, ottenuti estraendo carbonio dalla cattura diretta di CO₂ dall'aria. L'idrogeno a basse emissioni ha buone probabilità di competere in modo economicamente vantaggioso con le tecnologie alternative di decarbonizzazione nel settore energetico, mentre per il trasporto su strada non sembrerebbe presentare, al momento, le stesse opportunità dell’elettrificazione. Alla luce di queste sfide e opportunità, la ricerca e l’innovazione dovrebbero concentrarsi su nuovi materiali che possano ridurre i costi di produzione dell'idrogeno e dei suoi derivati.
Al centro dell’ottavo percorso vi sono, invece, le innovazioni sociali e il loro ruolo nelle transizioni energetiche e di mobilità sostenibile. Le innovazioni sociali, infatti, offrono un certo potenziale per affrontare le barriere istituzionali alle transizioni sostenibili, proponendo anche trasformazioni più radicali delle società. Molte innovazioni sociali, come le iniziative di energia comunitaria (meglio note come comunità energetiche) e il car sharing, possono essere associate a nuove politiche e innovazioni istituzionali (ad esempio, nuove forme di partecipazione dei cittadini e politiche trasformative) o a innovazioni organizzative con il potenziale di rendere le pratiche di gestione dei sistemi energetici e di mobilità più sostenibili. “È necessaria una ricerca di base per comprendere meglio e concettualizzare l'innovazione sociale, le sue dinamiche, le condizioni di scalabilità e diffusione e le interazioni tra innovazioni tecniche e sociali”, scrivono gli autori del report.
Il nono e ultimo percorso, infine, riguarda la "Mobility-as-a-Service" (MaaS), un'innovazione sociale, tecnica e commerciale, basata sul concetto di un'interfaccia digitale unica per la gestione dei servizi legati agli spostamenti. Mira all'integrazione dei modi di trasporto pubblico con i servizi di trasporto commerciali (ad esempio, ride sourcing, bike e car-sharing e taxi), in un'offerta di mobilità completa e digitale. L'adozione di MaaS è ancora molto limitata e, secondo i relatori, la ricerca dovrebbe concentrarsi non solo sul promuovere i progressi per i principali abilitanti di MaaS, ma anche sull’analisi del ruolo, dell'applicabilità e del potenziale delle soluzioni MaaS come parte di transizioni più ampie dei sistemi di trasporto e mobilità.
Raccomandazioni più ampie su R&I
Per affrontare al meglio le sfide e le opportunità legate al settore della ricerca e innovazione, gli autori del report suggeriscono ulteriori adeguamenti “più estesi” da introdurre nella politica di R&I dell’UE e nel panorama istituzionale.
Aumentare i finanziamenti pubblici per R&I e favorire sviluppi tecnologici
Anzitutto - per accelerare la transizione verso basse emissioni di carbonio, migliorare la competitività nella corsa globale all’innovazione e ridurre i rischi per la sicurezza - l’Europa dovrebbe aumentare i finanziamenti pubblici per la R&I come percentuale del PIL. Attualmente l’Unione è in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina sia nel complesso, che nel settore delle tecnologie pulite per energia e mobilità. La principale sfida è aumentare i finanziamenti privati per la R&I, un problema storico per l’UE, particolarmente evidente nei settori energetico e della mobilità. Aumentare i finanziamenti in R&I significherebbe anche favorire sviluppi tecnologici verso la parità prezzo/prestazioni, elemento chiave per mobilitare le dinamiche di mercato, necessario per guidare la transizione con la velocità richiesta, fondamentale per stimolare maggiori investimenti privati in innovazione (a sostegno delle risorse pubbliche). A tal fine, i policy maker potrebbero incrementare gli incentivi finanziari per la R&I aziendale, ad esempio tramite sussidi mirati o incentivi fiscali. Inoltre, requisiti per co-investimenti del settore privato come condizione per accedere ai finanziamenti pubblici potrebbero ulteriormente rafforzare l’effetto moltiplicatore di questi interventi. “L’innovazione”, spiegano i relatori, “non è guidata solo dagli input di risorse, come i fondi R&I, ma anche dall’adozione (“market pull”), che mobilita investimenti privati, e dall’aumento di scala, dal learning by doing e da miglioramenti continui”. In sostanza, la politica di R&I europea dovrebbe combinare la spesa pubblica con un focus parallelo sul rafforzamento delle dinamiche di mercato.
Trovare un nuovo equilibrio tra protezione degli asset esistenti e la creazione di nuovi asset per la crescita
L'Europa si trova a un bivio: da un lato deve proteggere le industrie esistenti, fondamentali per l’occupazione e l’economia degli Stati membri; dall’altro deve promuovere l'innovazione e il progresso tecnologico. Per mantenere questo equilibrio, suggeriscono gli autori, è necessario rivedere la politica di ricerca e innovazione dell’UE, puntando da un lato a sviluppare nuove tecnologie e settori ad alto potenziale di crescita (come le rinnovabili, l'intelligenza artificiale e la mobilità elettrica), dall’altro a continuare a modernizzare industrie tradizionali (come quella automobilistica) per mantenere la competitività globale. In questo contesto, l’UE deve anche ridurre la propria dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali, investendo in soluzioni che migliorano la sostenibilità e la resilienza, integrando le nuove tecnologie con quelle esistenti e garantendo una transizione energetica e una mobilità più sostenibili. A tal fine, tecnologie come l'idrogeno, i biocarburanti, il solare e l'eolico, insieme a modelli di mobilità avanzati come il "Mobility as a Service", sono fondamentali.
Allineare ricerca di base e ricerca applicata
Per accelerare la transizione verso il net zero e rimanere competitivi a livello globale, l'Europa deve allineare meglio la ricerca di base, quella applicata e le azioni per implementare e scalare le innovazioni resilienti. In particolare, la politica di R&I dovrebbe concentrarsi maggiormente sulla commercializzazione di tecnologie più vicine al mercato, pur mantenendo un forte impegno sulla ricerca di base che ha il potenziale di abilitare scoperte rivoluzionarie. Per superare la cosiddetta “valle della morte” - cioè il divario tra ricerca e commercializzazione - secondo gli autori del report è necessario un aumento significativo del finanziamento di progetti pilota e di dimostrazioni di queste tecnologie. Inoltre, con l’obiettivo di implementare su larga scala queste innovazioni, bisogna stabilire standard tecnici chiari, come quelli per la sicurezza e la durata delle batterie o i protocolli di ricarica per veicoli elettrici.
Allineare le azioni di R&I con altre scelte strategiche e infrastrutturali, correggendo i fallimenti del mercato
Al fine di migliorare la competitività e correggere i fallimenti del mercato, le politiche di R&I devono essere strettamente allineate con le scelte strategiche e infrastrutturali, suggeriscono i relatori. Dal momento, infatti, che i mercati per natura tendono a favorire l’adozione di tecnologie basate sulla massimizzazione del profitto trascurando la resilienza e la sostenibilità di lungo periodo, è fondamentale che la R&I europea agisca in modo da promuovere tecnologie con alto potenziale di crescita, cercando di raggiungere la parità prezzo/prestazioni, in particolare in ambito energetico e infrastrutturale. Un esempio concreto di intervento strategico presentato dagli autori del report riguarda le reti elettriche: potenziarle con interconnessioni tra Paesi e aumentando le capacità di stoccaggio è essenziale per rendere più efficiente e sostenibile l'uso delle energie rinnovabili variabili come il solare e l’eolico.
Adottare azioni specifiche di R&I relative alle innovazioni sociali
Rispetto alla sfida legata alla giustizia sociale e all’accettazione delle innovazioni, gli autori sostengono che sia fondamentale potenziare la ricerca nelle scienze sociali e nelle discipline umanistiche. La politica di R&I deve quindi promuovere studi che non solo esplorano le innovazioni tecnologiche, ma anche le innovazioni sociali, i nuovi modelli di business e le forme di governance emergenti. Tutti ambiti cruciali per capire come i fattori sociali, economici e politici influenzano la diffusione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio. In tale contesto, particolare attenzione deve essere dedicata alla co-evoluzione dei sistemi energetici e di mobilità: in questi settori, la transizione verso modelli più sostenibili dipende non solo dalle innovazioni tecnologiche, ma anche dalle interazioni tra tecnologie, mercati, politiche pubbliche e comportamenti sociali. È, pertanto, cruciale comprendere come queste dimensioni si influenzano reciprocamente, adottando un approccio integrato e abbandonando quello frammentato che ha caratterizzato il settore della R&I fino ad oggi.
Considerare cambiamenti istituzionali per sfruttare le opportunità su larga scala
Un’altra raccomandazione suggerita dai relatori riguarda l’intensificazione del coordinamento tra gli Stati membri favorendo una gestione più integrata dei fondi di ricerca e innovazione. Attualmente, infatti, gli Stati Membri gestiscono singolarmente circa il 90% di questi fondi. Una collaborazione più stretta permetterebbe di abbattere i rischi legati agli investimenti necessari per accelerare l’innovazione, consentendo all'Europa di ridurre il divario con i suoi concorrenti globali e rafforzare la resilienza. Il rapporto Letta suggerisce azioni concrete volte a migliorare questo coordinamento, tra cui la creazione di una “quinta libertà” nell’UE, incentrata sulla ricerca, l’inclusione dell’energia nel Mercato Unico e l’espansione dell’interconnessione tra i Paesi membri e quelli vicini. Un’altra proposta innovativa è quella dell’"asta come servizio" che, introdotta nel contesto della Hydrogen Bank, potrebbe essere estesa al campo della R&I, consentendo agli Stati Membri di contribuire finanziariamente a progetti locali, sfruttando al contempo un sistema di allocazione europeo per identificare le iniziative più promettenti.
In questo contesto, per ottimizzare l'efficacia delle politiche di R&I, sarebbe utile anche un cambiamento nell’assetto istituzionale, con la creazione di agenzie specifiche per l'innovazione, nonché un rafforzamento degli strumenti focalizzati sul deployment, come gli IPCEI (Importanti Progetti di Interesse Comune Europeo).
Favorire il contributo di nuovi stakeholder, startup in primis
La politica europea di ricerca e innovazione si è tradizionalmente concentrata sul supporto alle aziende consolidate, operanti in settori industriali maturi. Questo prassi, però, è andata a discapito degli investimenti nelle startup, che sono invece attori con un enorme potenziale di generare innovazioni radicali e rivoluzionarie per l’intero mercato. Sarebbe opportuno, quindi, finanziare maggiormente questi soggetti, attraverso la creazione di altri nuovi strumenti sulla falsa riga della European Tech Champions Initiative (ETCI), destinata a sostenere le startup. Un’altra proposta degli esperti è quella di creare un organo consultivo tecnologico che riunisca accademici, aziende consolidate, startup e investitori di venture capital, per indirizzare meglio gli sforzi di R&I verso le tendenze tecnologiche più promettenti.
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In questo contesto, infine, sono da supportare anche le partnership pubblico-private, che rappresentano uno strumento importante perché stimolano il flusso di conoscenze e favoriscono l’innovazione. Tuttavia, per essere realmente efficaci, queste alleanze dovrebbero coinvolgere più attori emergenti e spingere le imprese tradizionali ad investire in R&I privata, senza fare affidamento esclusivamente su fondi pubblici, concludono i relatori.
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