I progetti italiani per produrre energia elettrica da impianti eolici offshore galleggianti
Oltre ad essere una tecnologia innovativa, l’eolico offshore potrà accedere ai finanziamenti pubblici previsti a livello sia europeo che nazionale. Per consentire l’introduzione più rapida possibile di questa tipologia di produzione di energia elettrica, il Ministero della Transizione ecologica ha chiamato a raccolta imprese e associazioni, che hanno risposto con 64 proposte.
La strategia UE per le energie rinnovabili offshore vale 800 miliardi
L’attenzione verso l’eolico offshore parte innanzitutto dall’Europa, che vuole aumentare di 25 volte la capacità eolica offshore del continente portandola dagli attuali 12 GW passare ad almeno 60 GW entro il 2030, e a 300 GW entro il 2050. Per centrare questo obiettivo Bruxelles prevede investimenti per 800 miliardi di euro.
Il Mediterraneo offre un importante potenziale per l'energia eolica offshore, soprattutto galleggiante, oltre a un potenziale localizzato per l'energia del moto ondoso e maremotrice. Un’occasione particolarmente ghiotta per l’Italia, che deve però farsi trovare preparata.
Alla luce della situazione orografica e di utilizzo del territorio italiano, gli impianti di sfruttamento dell’energia eolica collocati in mare mediante l’utilizzo di piattaforme galleggianti avranno un ruolo di primo piano. Si tratta di una tecnologia innovativa, suscettibile di accedere ai finanziamenti pubblici previsti, che allo stesso tempo richiede particolare attenzione ai fini del superamento dei problemi legati alla fase progettuale e al successivo percorso autorizzativo.
Il bando MiTE per realizzare impianti eolici offshore flottanti
Per questa ragione il Ministero della Transizione ecologica ha pubblicato, il 25 giugno scorso, una manifestazione d’interesse rivolta a tutti i soggetti imprenditoriali che siano in grado di proporre progetti rientranti in questo settore.
Sono state 64 le manifestazioni di interesse inviate, di cui:
- 55 da parte di imprese e associazioni di imprese,
- 3 da parte di associazioni di tutela ambientale (Wwf, Legambiente e Greenpeace),
- 6 da altri soggetti (Anev, Elettricità futura, Cna, Cgil, università Politecnico di Torino, Owemes – associazione di ricercatori).
Di queste, 16 proposte sono già corredate da progetti per la realizzazione di specifici impianti offshore flottanti, da collocare, in sei casi, in acque oltre le 12 miglia.
Per i singoli progetti il bando ha già previsto come criteri di valutazione “la minimizzazione degli impatti ambientali, la celerità della realizzazione e il dimensionamento ottimale di ciascun progetto sotto il profilo della produzione energetica”.
Come previsto dal bando, il Ministero ha raccolto le proposte istituendo dei tavoli di condivisione tecnica e di supporto tecnico-amministrativo per la valutazione, approvazione e realizzazione di ciascun progetto. La prima riunione dei tavoli si è svolta il 23 settembre e ha fatto registrare l’apprezzamento unanime delle associazioni ambientaliste e degli operatori economici per il progetto del MiTe che, è stato più volte ripetuto, segna un nuovo modo di procedere nei rapporti tra Amministrazione, imprese e soggetti collettivi portatori di interessi pubblici.
Fondamentale sarà l’apporto di Terna per minimizzare l’impatto derivante dalla messa a terra dei cavi di trasporto dell’energia elettrica prodotta.
Il capo di gabinetto del MiTe ha osservato che l’offshore è uno dei passaggi che porteranno alla transizione energetica, anche se va sviluppato ancora l’onshore. Diversi contrasti tra il MiTe e altre amministrazioni hanno bloccato tanti gigawatt che potrebbero già essere prodotti, ma - si legge in una nota del Ministero - si sta lavorando anche con la Presidenza del Consiglio per superare i problemi. “Non sono obiettivi velleitari ma molto impegnativi”, ha affermato.
La prossima settimana inizieranno le riunioni bilaterali con i presentatori dei singoli progetti.
Rinnovabili: un meccanismo di finanziamento per realizzare progetti in altri Stati UE