Agroalimentare - concorrenza globale rallenta export Made in Italy
Continua, ma a passo più lento rispetto al passato, la crescita del Made in Italy agroalimentare sui mercati stranieri.
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Nonostante l'appeal del Made in Italy agroalimentare all'estero sia ancora solido, la concorrenza a livello globale si dimostra sempre più forte, con conseguenti perdite di quote di mercato da parte delle imprese italiane, spesso caratterizzate da microdimensioni e “strategie di internazionalizzazione frammentate”.
Sono alcune delle conclusioni emerse dall'analisi dell'Agrifood Monitor, la piattaforma informativa sulle tendenze, i mercati e le prospettive dell'agribusiness italiano, nata da un'iniziativa di Nomisma in partnership con Crif e presentata nelle settimane scorse a Bologna. Lo strumento ha l'obiettivo di condensare i dati provenienti da fonti diverse al fine di delineare un quadro di analisi completo dell'agroalimentare italiano in un'ottica di prospettive di marketing e internazionalizzazione.
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Attualmente la filiera agroindustriale rappresenta un settore chiave dell'economia italiana. Il comparto conta, infatti, circa 2 milioni di imprese, 3,8 milioni di addetti, 130 miliardi di euro di valore aggiunto e 47 miliardi di export. Tuttavia, si legge nelle conclusioni dell'Agrifood Monitor, nel primo trimestre del 2016 la crescita dell'export agroalimentare Made in Italy ha subito un rallentamento, con un aumento di appena 1,7%, rimandando così al 2024 il traguardo dei 50 miliardi di euro di spedizioni all'estero. Questo dato, come si accennava, è soprattutto dovuto ad una concorrenza straniera sempre più spietata e alle piccole dimensioni delle aziende italiane.
I dati sul credito all’export erogato alle imprese coinvolte nella filiera agroalimentare italana, si legge ancora dalle conclusioni, segnalano tuttavia una crescente internazionalizzazione del settore agribusiness. Se nel 2013 le imprese italiane che utilizzavano finanziamenti all'export rappresentavano appena il 16% del totale, oggi la quota è salita al 41%, con un aumento del 25% in neanche tre anni.
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Agrifood Monitor ha individuato, poi, due focus sull'export agroalimentare italiano: uno sul mercato degli Emirati Arabi Uniti (EAU) e uno sul mercato del Regno Unito.
Negli Emirati Arabi Uniti, si legge nel focus, Made in Italy significa soprattutto cibo e bevande, una categoria considerata dal 40% dei consumatori del luogo “la più rappresentativa del saper fare italiano”. Ben il 91% dei consumatori interpellati ha, inoltre, affermato di aver acquistato, in almeno una occasione, prodotti alimentari italiani.
Negli Emirati il cibo italiano è apprezzato soprattutto per “l’unicità dei suoi gusti e sapori” (prima caratteristica distintiva per il 26% dei consumatori) e per “tipicità e tradizione delle ricette” (secondo il 21% degli interpellati), oltre che per “l’elevata qualità delle materie prime” (rilevante per il 17% dei consumatori).
Per quanto riguarda il focus sul Regno Unito è stata effettuata un'indagine specifica sul formaggio. Il mercato inglese, si legge, ha un elevato potenziale per questo tipo di prodotto Made in Italy. La maggior parte dei consumatori inglesi mostra, generalmente, una forte propensione alla “sperimentazione” di formaggi stranieri, in particolare francesi (34%) e italiani (16%). Per due consumatori su tre, si legge ancora nel focus, “la qualità dei formaggi Made in Italy è al pari di quella francese”, mentre un ulteriore 20% percepisce per il prodotto italiano qualità distintive superiori rispetto a quello francese.
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