Management: come governare la complessita'
Ciò che è complicato si può semplificare, ma ciò che è complesso va affrontato nel suo insieme, abbandonando il concetto di rigida guida gerarchica. Ciascuno di noi è un "sistema complesso" e ancora di più ciò vale quando si ha un insieme di persone che lavorano insieme e interagiscono con l’ambiente esterno. Alla complessità non si può sfuggire, ma la si può governare, come suggerisce il fondatore di Visa Dee Hock.
Cos'è un sistema complesso?
Un sistema complesso è un sistema "aperto" in cui gli elementi subiscono continue modifiche singolarmente prevedibili, ma del quale non è possibile prevedere uno stato futuro.
Per stabilire se un sistema è solo complicato e non complesso si deve analizzare il numero delle componenti, la loro complessità, l’esistenza di una struttura a rete.
I sistemi complessi hanno una caratteristica comune: tutti sono situati in una zona che sta tra l’ordine e il disordine, definita “margine del caos”.
Se infatti si ha un eccesso di regole, di normalità, il risultato è la fossilizzazione.
Al contrario la sregolatezza, l'eccesso di azioni spericolate portano alla disintegrazione del sistema.
Questa zona all’orlo del caos è stata definita da Dee Hock, con un neologismo che lui ha generato fondendo i termini ordine e caos, zona caordica. L’organizzazione caordica è quella che mescola armoniosamente caratteristiche di competizione e cooperazione.
L'essenza della leadership
Dee Hock ha raccontato di aver scoperto l’essenza della leadership in una notte di tempesta, mentre era nel suo ranch, dove vive dopo essersi ritirato da VISA.
"Sentii una serie di muggiti disperati provenire dal vicino fossato: la mia mucca Eunice aveva appena partorito nei prati, ma il vitello, con i suoi primi passi malfermi, era caduto nel sottostante torrente e stava per affogare. Mi buttai tra i rovi e alla luce della torcia, con grande fatica, riuscii a tiralo fuori dall’acqua, mettermelo in groppa e risalire, sotto i suoi calci, sino a dove prima stava la madre. Nel frattempo, però, la mucca, con i suoi muggiti disperati, aveva richiamato il toro. I due bovini erano certi che volessi uccidere il loro figliolo e mi attaccarono furiosamente. In quel istante, sotto l’attacco di due tonnellate di furia bovina, l’essenza del management mi fu semplice e chiara:
- Primo: gestire me stesso e tenere mente, corpo ed emozioni sotto controllo;
- Secondo: gestire l’attacco dei bovini che certamente avevano più potere su di me;
- Terzo: gestire il mio ambiente e trovare la via di uscita dal fosso;
- Quarto (di gran lunga il meno importante) gestire il mio unico subordinato, lo scalciante vitellino".
Gestire le proprie risorse
Secondo Dee Hock la gestione delle persone richiede quattro azioni:
- gestire noi stessi, in termini di etica, carattere, conoscenze, buon senso, ecc;
- gestire chi ha autorità su di noi: i nostri capi, i clienti, gli auditor, i supervisori, ecc;
- gestire il contesto, quindi quelli che non hanno autorità su di noi e su cui noi non abbiamo autorità, poiché senza il loro rispetto e fiducia poco o nulla può esser fatto, com’è per i propri pari, i concorrenti, i fornitori, gli stakeholder, ecc;
- gestire quelli su cui noi abbiamo autorità: i collaboratori, gli assistenti, gli stager.
Questo processo produce un circolo virtuoso, si diffonde in tutta l’organizzazione e non richiede grande controllo, perché ogni unità controlla se stessa e le altre.
Ma si può realmente gestire i propri capi?
No, afferma Dee Hock, non gestire, ma capire, persuadere, motivare, influenzare, considerare un esempio. Si possono guidare e lo si può fare solo se si è saputo guidare se stessi.
I vantaggi di un modello organizzativo che non teme la complessità
Questo tipo di leadership impedisce la creazione di "barriere" come protezione inconscia da ciò che viene percepito come una minaccia, limita il trincearsi dietro comparti stagni che limitano la comunicazione con gli altri, l’integrazione, lo scambio di best practice e la condivisione del know how.
Se mettiamo a confronto due modelli organizzativi, quello tradizionale, dove si ha timore della complessità, e quello complesso, che prevede l’assorbimento della complessità, vediamo che il primo modello è basato sul "dividi et impera", ha regole per ogni parte separata, molti meccanismi di controllo, molte procedure di standardizzazione.
Il secondo modello, invece, propone di massimizzare le connessioni e la partecipazione, lascia autonomia ad ogni elemento, riduce il controllo all’essenziale e minimizza le procedure.
Ovviamente il segreto sta nella capacità di relazione interpersonale, perché senza una comunicazione efficace niente di quanto indicato può essere messo in atto con successo.
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