Corte Conti UE - CECA, mancano fondi per ricerca su carbone e acciaio
Le entrate generate dal patrimonio della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) sono troppo basse per assicurare un finanziamento sostenibile per un programma di ricerca specifico su carbone e acciaio. E' quanto emerge dall'ultima analisi della Corte dei conti europea.
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In seguito all’estinzione della CECA il 23 luglio 2002, tutte le sue attività e passività sono state trasferite all’UE. La Commissione europea è stata incaricata della liquidazione delle operazioni di assunzione e di concessione di prestiti, nonché della gestione delle altre attività della CECA in liquidazione.
“Diciassette anni dopo la fine della CECA, la sua liquidazione è imminente”, ha affermato Alex Brenninkmeijer, il membro della Corte dei conti europea responsabile del documento di analisi. “È arrivato il momento per la Commissione di voltare pagina e di convogliare al programma quadro di ricerca dell’UE il proprio sostegno a favore di progetti innovativi e sostenibili nei settori del carbone e dell’acciaio”.
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CECA, fondi insufficienti per programma ad hoc su carbone e acciaio
La Corte rileva che la CECA aveva assunto impegni a lungo termine prima di interrompere l’attività, ma la sua liquidazione è quasi completata. Tra il 2002 e il 2018, il portafoglio di crediti si è ridotto di oltre il 90% (da 964 milioni di euro a 95,2 milioni di euro) e anche i prestiti assunti e i debiti sono diminuiti (da 742 milioni di euro a 92 milioni di euro).
Complessivamente, il valore del capitale della CECA in liquidazione ammontava a un miliardo e 462 milioni di euro alla fine del 2018. Dal 2002, il Fondo di ricerca carbone e acciaio (FRCA) dell’UE è finanziato dalle entrate generate dalle attività della CECA in liquidazione e sostiene progetti che riguardano, ad esempio, i processi di produzione, la sicurezza sul lavoro o la protezione ambientale. La Commissione gestisce l’FRCA come programma separato, in parallelo con il programma quadro di ricerca dell’UE.
Negli ultimi anni, però, il reddito prodotto da dette attività è stato molto basso, principalmente a causa del livello estremamente ridotto dei tassi di interesse, fa notare la Corte. L’anno scorso, i proventi della gestione del patrimonio sono ammontati a soli 3 milioni di euro. Di conseguenza, la dotazione finanziaria dell’FRCA è diminuita, passando da 42 milioni di euro nel 2017 a 22 milioni di euro nel 2019 e si prevede che cali ulteriormente fino a circa 12 milioni di euro nel 2020, quando sarà necessario un finanziamento annuo di almeno 40 milioni di euro.
Oltre a ciò, il Fondo potrebbe anche subire ripercussioni dovute alle conseguenze del recesso del Regno Unito dall’UE. La Corte conclude pertanto che il modello attuale, secondo cui l’FRCA viene finanziato unicamente sulla base delle entrate provenienti dalla gestione del patrimonio, non è più sostenibile.
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