Crisi Covid-19, 3 modi per non finire con il cappello in mano
Se in Germania già si discute su come ristrutturare il debito pubblico italiano allora il nostro Paese è prossimo a finire con il cappello in mano. La discussione tra gli economisti tedeschi non è però così negativa come può sembrare. Significa che la Germania tiene all'Italia e sa che senza di lei l'Europa è molto meno forte nel contesto internazionale. Sarebbe opportuno lo capissero anche gli antieuropeisti italiani.
L'Italia è la seconda potenza industriale in Europa, ha eccellenze imprenditoriali, attività turistiche e culturali senza eguali nel mondo. Nonostante questo, i fondamentali dell'economia sono fallimentari causa decenni di politica malsana e amministrazione indecente della res publica.
Le soluzioni per uscire da questa situazione sono note da tempo, scritte in innumerevoli editoriali pubblicati negli ultimi anni, elencate nelle tante raccomandazioni dell'Unione Europea e da ultimo anche nel piano Colao. Discusse infine negli Stati Generali convocati dal governo Conte ad ulteriore conferma di quanto piaccia alla nostra classe politica l'eterno confronto invece della azione sistematica.
Pertanto, piuttosto che ripercorrere queste soluzioni, vediamo di individuare alcuni modi che possano evitarci di finire a elemosinare sui mercati gli acquisti dei nostri titoli di Stato o, peggio, cancellazioni di debito pubblico con le relative conseguenze. Intendiamo riferirci ai comportamenti che determinano la condotta necessaria per il raggiungimento di un obiettivo. Mantenere un minimo di potere e di dignità nei futuri negoziati con l'Unione Europea e il resto del mondo dovrebbe essere lo scopo comune a tutti i partiti politici.
La vera educazione
Friedrich Wilhelm Foerster scrisse che "vera educazione è la capacità di distinguere nella vita ciò che è essenziale da ciò che è contingente, e carattere è la forza di manifestare, anche nella condotta di vita, questa distinzione."
Per uscire dalla crisi in cui ci troviamo è bene quindi che tutti si concentrino solo su cosa contribuisce davvero a migliorare l'economia, lasciando perdere tutto il resto. E dato che stiamo parlando di educazione i primi ad imporre questo cambiamento culturale devono essere i media.
Ad esempio, invece di fare da cassa di risonanza agli slogan delle diverse fazioni politiche e di alimentare inutili ed estenuanti dibattiti e polemiche, é opportuno trovino e raccontino storie di efficace amministrazione - esistono anche in Italia - e chiedino conto ai politici e alla burocrazia perché non riescono a replicarle.
Se è vero che la società è organizzata non tanto dalla legge quanto dalla tendenza all'imitazione (Jung) si comprende perché sono così diffuse le malpratiche e perché è tanto necessario divulgare le azioni positive.
Abrogare piuttosto che legiferare
Il comportamento tenuto dai politici nei decenni ha sempre portato a nuove leggi e nuove norme, tanto che oggi è difficile conoscere anche approssimativamente il numero delle leggi in vigore in Italia. Questo furore normativo non è più sostenibile per fare le riforme necessarie in Italia (fisco, giustizia e PA).
In questa situazione, quando l'ANAC dice che è necessaria una nuova norma per attuare le procedure di emergenza previste nel codice appalti, diventa chiaro e giustificabile il desiderio di tanti imprenditori e dipendenti pubblici di sopprimere un'autorità che svolge funzioni perfettamente attribuibili a un dipartimento del Ministero di giustizia e alla magistratura.
Pertanto, piuttosto che pensare a riscrivere interi codici e a nuove leggi, è necessario concentrarsi sull'abrogazione di norme ed enti inutili e sulla modifica tempestiva ed efficace di articoli e misure esistenti al fine di consentirne la rapida e semplice applicazione.
Il codice appalti, eccellenza italiana in termini di gold plating nonostante tale pratica (addizionamento di regole) sia vietata dalla l. 11/2016, potrebbe essere abrogato con un singolo articolo di legge dove si stabilisce che le amministrazioni pubbliche sulla materia specifica applicano le direttive europee.
Formazione finanziata semplice e adeguata alle esigenze produttive
L'educazione non si ravvisa solo nel saper distinguere le cose importanti della vita, perché a tal fine servono pure capacità e competenze tecniche, anche per eseguire e compiere le attività assegnate. La qualità di queste competenze è la loro attinenza alle esigenze del mercato del lavoro e delle funzioni della PA determina la competitività è la produttività del Paese.
I criteri di distribuzione e spesa delle risorse per l'educazione e la formazione hanno dato fino ad oggi risultati modesti. Specie quando si guarda all'università e ai progetti formativi finanziati con il Fse e i fondi interprofessionali il collegamento tra le competenze da creare e i lavoratori da riqualificare con i bisogni reali del mondo produttivo e del sistema statale deve essere assoluto e continuativo, in modo da fronteggiare anche i rapidi cambiamenti globali.
L'inefficacia delle somme spese da enti, Regioni e dai fondi interprofessionali è emblematica di procedure e meccanismi totalmente avulsi dalle necessità del nostro sistema economico. Queste procedure assorbono spesso oltre il 50 percento delle dotazioni solo per la gestione dell'apparato, tra enti accreditati, soggetti attuatori e burocrazia di rendiconto, che peraltro non evita truffe e sottrae invece risorse per ľingaggio di docenti.
Dato che istruzione e formazione sono le armi più potenti per cambiare il Paese (Mandela si riferiva a tutto il mondo), la condotta del Governo su questo punto deve essere prioritaria.
Se tutti, non solo i politici, dimostreremo il carattere per fare solo ciò che nella vita è davvero essenziale, riusciremo a tenere il cappello in testa.
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