Michele Fioroni su Fondi UE e PNRR: l’Umbria vuole diventare la terra dei nuovi materiali
Partire dalle aree di crisi per costruire un modello di specializzazione che punti soprattutto sui materiali del futuro, evoluti e sostenibili. E’ il paradigma su cui punta la Regione Umbria per disegnare il proprio modello di sviluppo. A raccontarlo, in un’intervista a FASI, è Michele Fioroni, assessore allo Sviluppo economico, innovazione, digitale e semplificazione.
Come funziona in pratica il PNRR? 5 infografiche per scoprirlo
Si definisce “politicamente scorretto ma prestato alla politica”, Fioroni usa il linguaggio concreto dell’imprenditore nel tracciare un quadro del presente e del futuro dell’Umbria: punta il dito contro le inefficienze e l’eccesso di burocrazia che hanno a lungo ingessato la Regione e indica la traiettoria lungo cui intende indirizzare le politiche di sviluppo.
Un percorso che vede al centro i materiali e che punta su ricerca e sviluppo, ecosistemi innovativi e prospettiva internazionale.
Quali sono le priorità della Regione e le misure più importanti che state realizzando?
Abbiamo lanciato delle sfide al sistema imprenditoriale umbro partendo da alcuni fattori di debolezza: la debolezza strutturale legata alla dimensione delle imprese, i bassi livelli di produttività e soprattutto una bassa propensione all’internazionalizzazione.
La misura Smart Attack da 22 milioni di euro, ad esempio, cerca di far capire alle imprese micro e di piccole dimensioni l’importanza dei processi di digitalizzazione. Spesso ci sono tabù che portano il piccolo imprenditore a pensare che la tecnologia sia appannaggio solo dei grandi. Al contrario tecnologie come il cloud computing oggi rendono accessibile il digitale a costi più bassi anche alle piccole imprese. O ancora, si può fare digitalizzazione attraverso il revamping di vecchi impianti dotandoli di sensoristica IoT.
Il tema della produzione e della manifattura sarà sempre più legato al flusso dei dati e le imprese più piccole, laddove diventano 4.0, possono avere la capacità di connettersi a filiere produttive interconnesse.
Smart Attack è una misura costruita includendo gli strumenti finanziari: quindi non abbiamo realizzato il classico bando con la sola quota a fondo perduto, ma abbiamo cercato di attivare un prestito in modo che la misura consentisse di creare finanza immediata a sostegno delle imprese.
Analogamente, nel campo degli investimenti in ricerca e sviluppo le misure che abbiamo messo in campo hanno cercato di forzare un po’ di limiti delle programmazioni precedenti: abbiamo ad esempio fissato una linea di confine ammettendo solo quei progetti che avevano un TRL 7.
Il problema alla base è che in Umbria c’era troppa distanza tra l’idea di innovazione, il proof of concept, e il momento del time to market, quando cioè l’innovazione arrivava sul mercato. Per questo abbiamo ammesso al finanziamento quelle innovazioni più prossime al mercato che potessero generare ricchezza per il territorio più velocemente.
Abbiamo riformato poi l’agenzia regionale per il lavoro, da un lato mettendo sotto lo stesso tetto le politiche del lavoro e la formazione, che sono due facce della stessa medaglia - e che a mio avviso andrebbero collegate anche con le politiche industriali - dall’altro introducendo uno strumento, “Umbria lavoro”, che rappresenta una prima revisione dell’assegno di ricollocazione, anticipando di fatto il Governo.
Infine il progetto Smart Up, sviluppato con la Fondazione ricerca imprenditorialità: un programma innovativo rivolto alle startup che prevede percorsi di accompagnamento anche precedenti alla fase competitiva. Non abbiamo chiesto ai partecipanti di compilare una domanda ma un modello di Lean Business Model Canvas. Abbiamo messo a disposizione tutta una serie di strumenti per costruire il Business Model Canvas e consulenti 1 to 1 per accompagnare le startup nella fase pre-competitiva.
L’obiettivo è alfabetizzare a livello imprenditoriale su quegli strumenti che consentiranno alle startup non tanto di concentrarsi su quello che sono oggi, ma sulla loro evoluzione tecnologica del domani e sull’evoluzione del fabbisogno finanziario con cui dovranno confontarsi nel mercato dei capitali.
Tra i progetti sul tavolo della Regione ci sono anche la Sustainable Valley, per il rilancio del polo chimico di Terni, e per l’area di crisi ex Merloni si parla di un distretto di nanomateriali: a che punto siete con questi progetti?
Questi progetti sono in fase avanzata anche perché il nostro obiettivo è intercettare le prime tranches del PNRR. In realtà questa progettazione parte prescindendo dal PNRR e nasce dalla necessità di riposizionare l’economia umbra lungo le catene internazionali del valore.
Noi siamo partiti dalle aree di crisi per farne un modello di specializzazione, che abbiamo individuato in settori in grado di fare dell’Umbria la terra dei nuovi materiali, evoluti e sostenibili.
Da qui il progetto di rilancio del polo chimico di Terni: abbiamo iniziato a ragionare su come legare le filiere della chimica verde con quella dell’agricoltura ipotizzando un percorso di completa circolarità, che preveda che tutti i materiali di scarto possano essere utilizzati in ambito agricolo o tramite il riutilizzo delle acque reflue nel processo di elettrolisi per la generazione dell’idrogeno.
Questo progetto si collega all’altro, sui nanomateriali, che interessa l’area di crisi della ex Merloni: il progetto parte dall’insediamento di un’azienda che produce grafene intorno cui costruire un parco tecnologico dei nanomateriali.
Il denominatore comune dei materiali è al centro di ecosistemi di supporto all’innovazione fatti tanto di infrastrutture materiali quanto di infrastrutture immateriali, legate al sapere e alla conoscenza.
A breve verrà annunciato anche un altro progetto per la filiera del legno.
I fondi PNRR dedicati alla Regione sono sufficienti a contrastare l’impatto che la pandemia ha avuto sull’Umbria?
E’ innegabile che l’impatto della pandemia ci sia stato, ma una serie di misure di sostegno accompagnate da strumenti di rilancio degli investimenti hanno fatto sì che la debole Umbria ne sia uscita quasi un po’ più forte.
Come vi state organizzando per la spesa dei fondi del PNRR? Quali procedure attuerete per spendere in fretta questi fondi?
Ci stiamo organizzando con una struttura interna dedicata. Ma alcuni dettagli sulla execution del piano a livello centrale non sono ancora chiarissimi.
I primi progetti che stanno partendo sono quelli ministeriali, non è chiaro se si faranno bandi per le Regioni e i Comuni.
In questa fase c’è un altro tema molto importante, la definizione dell’accordo di partenariato, il principale documento di programmazione da cui poi dipendono i programmi operativi nazionali e regionali, i fondi strutturali destinati alle Regioni. Finché non c’è l’approvazione definitiva di questo documento non può partire la programmazione ma le Regioni stanno lavorando. Cosa avete fatto e che novità ci sono rispetto alla programmazione 2014-20?
Innanzitutto vogliamo correlare la programmazione dei fondi europei a un’idea di sviluppo della Regione Umbria più chiara. Cercheremo di attivare la Strategia di specializzazione intelligente con modelli di specializzazione verticale, e ciò impone di rivedere lo strumento che è alla base della nuova programmazione, la RIS3.
Stiamo lavorando per cercare di evitare gli errori fatti in passato: quando ci siamo trovati a mettere in campo delle misure, infatti, gli ostacoli maggiori nascevano dalle modalità con cui avevamo scritto la precedente programmazione comunitaria.
Un esempio: ai fini della rendicontazione sugli investimenti una delle criticità maggiori consisteva nella difficoltà di portare in detrazione gli investimenti in cloud, che oggi funzionano per quote di abbonamento, mentre una volta gli investimenti in tecnologia figuravano nel bilancio come ammortamento. Quindi come ammortamento era considerato un investimento, come subscription no. Questo è un limite di uno strumento che non aveva saputo recepire l’evoluzione tecnologica.
Oppure le spese di consulenza: se è vero che i piccoli imprenditori non investono nel digitale è perché hanno bisogno non solo di comprare software, ma di chi li accompagna nei percorsi di implementazione.
L’obiettivo oggi è pensare a una nuova programmazione evitando quegli approcci burocratici che ci avevano resi schiavi di alcuni paletti eccessivamente rigidi.
I modelli di specializzazione intelligente del passato hanno visibilmente fallito, ci auguriamo che Bruxelles sia in grado di valorizzare maggiormente le progettualità coraggiose che esprimono la volontà di un territorio di specializzarsi su alcuni settori specifici.
Altro tema sul tavolo è l’internazionalizzazione. Sappiamo che le imprese che lavorano con l’estero sono quelle che meno subiscono i colpi della crisi. Rafforzare la competitività industriale ed economica delle nostre aziende significa anche portarle all’estero, ci sono molti aiuti in questo senso, inclusi 1,2 miliardi che SIMEST dedicherà al supporto all’internazionalizzazione. La Regione Umbria cosa farà in tal senso?
Insieme agli investimenti in innovazione digitale e quelli in ricerca e sviluppo stiamo lavorando per supportare la crescita delle aziende a livello internazionale. Da un lato si tratta di una sfida culturale: occorre superare alcuni pregiudizi degli imprenditori che derivano spesso dalla mancanza di conoscenza degli strumenti di garanzia o di credito internazionale e al contempo attivare percorsi di training mirati a export manager e imprenditori.
Dall’altro, oltre ai bandi vogliamo costruire strumenti finanziari che consentano di allargare le proprie prospettive su più punti contemporaneamente, come fiere o percorsi formativi.
Inoltre vogliamo valorizzare il digitale nei processi di export e promuovere la cooperazione regionale con mercati emergenti e regioni più avanzate a livello tecnologico, creando partnership internazionali.
Il risultato che le ha dato maggiori soddisfazioni in questi primi 18 mesi di attività e perché?
La quantità di domande pervenute sul bando Smart Attack, è una scommessa che abbiamo fatto sull’impresa.
Si sta parlando molto in questo momento di riforma fiscale. Da ex imprenditore cosa vorrebbe inserire nella riforma fiscale?
Meno tasse e cuneo fiscale.
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