Recovery bis o fondo SURE per l'energia? Le ipotesi sui fondi comuni anti-crisi
Guerra in Ucraina, crisi alimentare e aumento dei prezzi aprono nuovi scenari per l’Europa nel lungo periodo. Scenari che richiederanno miliardi di euro di investimenti e, secondo alcuni, anche un nuovo Recovery basato su una condivisione del debito. Un'ipotesi ventilata dall'Eliseo con cui l'Italia sembrerebbe fare fronte comune, anche se Draghi propone di puntare a un nuovo SURE per finanziare la spesa corrente.
Come il piano europeo per l’energia REPowerEU modifica il Recovery Fund
Le conclusioni dello scorso Consiglio europeo di fine maggio non fanno riferimento a un nuovo Recovery Fund su base permanente ma non è da escludere che il tema sarà sollevato nelle prossime riunioni dei Capi di Stato e di Governo.
Di un Recovery energia o Recovery bis si vocifera da tempo, nelle ultime settimane in modo sempre più pressante: l'incontro a Parigi l'8 giugno tra Draghi e Macron è servito appunto per parlare, in primis, di un possibile accordo su un nuovo progetto europeo per fronteggiare la crisi energetica. Lo scoglio da superare, al solito, sono le resistenze dei "falchi", i Paesi europei più rigoristi e che già nel 2020, nel corso del dibattito per il varo del Next Generation EU, hanno opposto resistenza all'idea di una condivisione del debito.
Chi credeva che la strada per il Recovery bis si sarebbe aperta a maggio con REPowerEU, il piano presentato da Bruxelles per sganciarsi dalla dipendenza dalle fonti energetiche russe, è rimasto deluso. Il nuovo piano energetico europeo, infatti prevede sì una nuova iniezione di risorse e modifiche al Recovery and Resilience Facility – RRF, il dispositivo di ripresa e resilienza che plasma i PNRR. Non si tratta però di modifiche strutturali ma di aggiustamenti mirati ai Piani nazionali di ripresa e resilienza.
La Commissione europea prevede infatti di aumentare di 20 miliardi di euro il budget del Recovery and Resilience Facility, fondi che saranno erogati ai Paesi sotto forme di sovvenzioni per sostenere le riforme e finanziare gli investimenti energetici previsti da REPowerEU.
Nel medio e lungo periodo però le iniezioni di risorse previste finora da Bruxelles non basteranno e la strategia condivisa da alcuni Paesi, Francia e Italia in prima linea, è più ampia: si tratta di trovare i fondi necessari per far fronte alle sfide energetiche, alimentari e difensive da cui dipende il futuro geopolitico ed economico dell’Unione europea.
Il punto è dove e come trovare meccanismi di finanziamento adeguati a simili sfide. Un modello da replicare ci sarebbe ed è il Next Generation EU, l’arma messa in campo dall’Unione per far fronte alla pandemia da Covid-19. E dal 9 giugno si sarebbe aperta anche una seconda via, indicata proprio da Draghi.
Recovery bis o un fondo SURE per l'energia?
Macron propenderebbe per un Recovery di guerra basato sull’emissione di debito comune con a garanzia il bilancio UE; con i PNRR avrebbe in comune l’attenzione agli obiettivi da centrare e il controllo serrato della Commissione europea su investimenti e riforme da attuare.
Ipotesi ventilata anche dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nella relazione annuale sul 2021 presentata il 31 maggio.
Secondo il numero uno di Bankitalia, la lezione del Next Generation EU può offrire soluzioni permanenti al rischio di un aumento delle aspettative d’inflazione in Italia e in Europa. Una sorta di Recovery permanente, uno “strumento pronto per essere utilizzato in caso di necessità”, secondo Visco potrebbe “finanziare progetti comuni di carattere eccezionale o concorrere alla stabilizzazione macroeconomica dell’area in risposta a shock di particolare entità” senza dover negoziare di volta in volta “programmi ad hoc”.
Ipotesi cui andrebbe accompagnata una riforma del Patto di stabilità, con l’archiviazione delle “grandezze non osservabili quali il disavanzo strutturale o il prodotto potenziale” e la definizione di programmi a medio termine adeguati alle condizioni di ogni Paese.
All'ipotesi di un Recovery bis se n'è aggiunta un'altra il 9 giugno. Parlando alla cerimonia di apertura del consiglio dell’OCSE il premier Mario Draghi ha rilanciato la battaglia per convincere l’Europa a "replicare alcuni degli strumenti congiunti che ci hanno aiutato a riprenderci rapidamente dalla pandemia".
La nuova opzione sul tavolo, sempre in asse con Macron, sarebbe quella di replicare l'esperienza di SURE, uno degli strumenti adottati da Bruxelles nel corso della crisi Covid-19 che consente agli Stati membri di chiedere il sostegno finanziario dell'UE per contribuire al finanziamento degli aumenti repentini e severi della spesa pubblica nazionale.
Nel caso di SURE le spese erano quelle connesse alla cassa integrazione o all'adozione di misure di carattere sanitario, in particolare sul posto di lavoro, in risposta alla crisi pandemica.
L'idea ventilata da Draghi sarebbe appunto quella di varare un fondo "simile" a SURE per aiuti indirizzati al settore dell’energia, così da "garantire ai paesi vulnerabili più spazio per aiutare i propri cittadini in un momento di crisi".
A dire il vero, alla luce del grande successo del Fondo, da più di un anno si discute dell'ipotesi uno SURE 2. Anche se a novembre 2020 sul tema si era pronunciato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni escludendo - almeno allora - l'idea di una replica di SURE: "Non ci sono ancora le condizioni per SURE 2".
Ci sono diversi punti che differenziano il Recovery bis e il fondo SURE per l'energia. Basti citarne uno: pur avendo a fattor comune la condivisione del debito, infatti, SURE 2 finanzierebbe la spesa corrente e non nuovi investimenti, come invece farebbe un nuovo PNRR.