Rapporto Draghi, necessarie più risorse e coordinamento per difesa e spazio

 

Rapporto Draghi Spazio e Difesa - Foto di Igor Mashkov da PexelsSecondo il rapporto di Mario Draghi "The future of European competitiveness", per garantire all'Europa un livello soddisfacente di indipendenza e competitività è necessario investire maggiormente nei settori Difesa e Spazio. Vediamo nel dettaglio in che direzione dovrebbero orientarsi le politiche dei Ventisette su questi due comparti strategici. 

Il Rapporto Draghi sulla competitività: sostegno all’innovazione e alle riforme

In particolare, il Rapporto Draghi fornisce un'istantanea sui comparti Difesa e Spazio, delineando le caratteristiche chiave del contesto di partenza a livello europeo e confrontandolo con quello di altre potenze mondiali, quali Stati Uniti d'America e Cina.

Oltre a fornire un quadro generale relativo ai due settori, questa relazione individua anche i principali obiettivi e le proposte da portare a termine in futuro per orientare l'UE verso una posizione di leadership, grazie all'incremento della competitività in vari ambiti.

Il futuro della Difesa, obiettivi e proposte

Nell'attuale contesto geopolitico, la Difesa risulta fondamentale per garantire l'autonomia strategica dell'Unione di fronte alle crescenti minacce alla sicurezza esterna, nonché un volano per stimolare l'innovazione attraverso le ricadute positive su tutta l'economia. 

L'industria della difesa su scala europea registra numeri interessanti: "un fatturato annuo stimato di 135 miliardi di euro nel 2022 e forti volumi di esportazione (oltre 52 miliardi di euro nel 2022), con un numero di dipendenti stimato a circa mezzo milione. Alcuni prodotti e tecnologie del l'UE sono di qualità superiore o almeno equivalente a quelli prodotti dagli USA in molteplici settori, quali i principali carri armati e relativi sottosistemi, i sottomarini convenzionali e la tecnologia dei cantieri navali, i giranti e gli aerei da trasporto."

Nonostante il suo ruolo di assoluta rilevanza, l'Europa si trova ad affrontare una serie di sfide in termini di capacità, know-how e vantaggio tecnologico, risultando non allineata rispetto ad altri competitor a livello mondiale. Inoltre, il settore soffre di una combinazione di carenze strutturali tra cui debolezze in termini di spesa pubblica complessiva, impronta industriale, coordinamento e standardizzazione dei prodotti, dipendenza internazionale, innovazione e governance.

A tal proposito, per superare i gap relativi all'ecosistema Difesa, il Rapporto Draghi individua i tre seguenti obiettivi generali che l'Europa dovrebbe perseguire:

  • ampliare e sviluppare la base industriale e tecnologica della difesa dell'UE in modo da poter soddisfare le nuove esigenze di difesa e sicurezza con la necessaria scala, velocità, libertà d'azione e maggiore autonomia;
  • rafforzare le capacità, la disponibilità, la produzione e l'efficienza della base industriale di difesa dell'UE per garantire sostenibilità a lungo termine, competitività tecnologica e industriale
  • rafforzare gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) europea nel settore della difesa per sostenere il progresso tecnologico dell'industria della difesa dell'UE e massimizzare le ricadute tecnologiche con altri settori. 

Parallelamente, vengono elencati e dettagliati ben dieci proposte per raggiungere i target sopra descritti. Ecco un elenco nella tabella sottostante. 

Difesa - Photo credit: The future of European competitiveness Part B | In-depth analysis and recommendations

Incrementare gli investimenti

Avendo vissuto un lungo periodo di pace l'Europa ha progressivamente limitato il proprio impegno del campo della Difesa. Un trend che si è rivelato controproducente considerando che attualmente l'UE si ritrova ad affrontare "una guerra convenzionale al confine orientale e una guerra ibrida ovunque, compresi gli attacchi alle infrastrutture energetiche e alle telecomunicazioni, l’interferenza nei processi democratici e l’armamento della migrazione." 

"Come punto di riferimento, se tutti gli Stati membri dell’UE che sono membri della Nato e che non hanno ancora raggiunto l’obiettivo del 2% lo facessero nel 2024, la spesa per la difesa aumenterebbe di 60 miliardi di euro. Sono inoltre necessari ulteriori investimenti per ripristinare le capacità perse a causa di decenni di investimenti insufficienti e per ricostituire le scorte esaurite, comprese quelle donate per sostenere la difesa dell’Ucraina contro l’aggressione russa. Nel giugno 2024 la Commissione ha stimato che nel prossimo decennio saranno necessari investimenti aggiuntivi per la difesa pari a circa 500 miliardi di euro." 

Ridurre l'eccessiva frammentazione

Un ulteriore elemento da considerare è il tema della frammentazione del settore. Questo ostacolo è dovuto al fatto che nel panorama industriale della Difesa ci sono principalmente attori nazionali che opeano in mercati domestici relativamente ristretti. 

La frammentazione crea due sfide principali. In primo luogo, l'industria manca di "scalabilità", essenziale in un settore ad alta intensità di capitale con cicli di investimento lunghi. Di conseguenza, se gli Stati membri aumentassero significativamente la spesa per la difesa, potrebbe verificarsi una crisi di approvvigionamento con i Paesi che competono tra loro su un limitato mercato europeo delle attrezzature per la difesa.

In secondo luogo, la frammentazione porta a seri problemi legati alla mancanza di standardizzazione e all'interoperabilità delle attrezzature, emersi durante il supporto dell'UE all'Ucraina. "Per l'artiglieria da 155 mm, ad esempio, gli Stati membri dell'UE hanno fornito dieci diversi tipi di obici all'Ucraina dai loro stock, e alcuni sono stati persino consegnati in varianti diverse, creando serie difficoltà logistiche per le forze armate ucraine. In termini di altri prodotti, ad esempio, i Ventisette operano dodici tipi di carri armati, mentre gli Stati Uniti ne producono solo uno."

Inoltre, l’insufficiente aggregazione e coordinamento della spesa pubblica in Europa aggravano la frammentazione industriale nei settori della Difesa e dello Spazio.

Gli acquisti collaborativi europei hanno rappresentato "solo il 18% della spesa per l’acquisto di attrezzature per la difesa nel 2021, ben al di sotto del benchmark del 35% concordato nei quadri dell’Agenzia Europea per la Difesa."

Questo gap crea "un circolo vizioso per l’industria della difesa dell’UE" che non essendo in grado di prevedere le esigenze a lungo termine e aumentare l’offerta, riduce la sua capacità complessiva di soddisfare la domanda e di conseguenza devia gli acquisti per la difesa al di fuori dell’UE: "tra giugno 2022 e giugno 2023, il 78% della spesa per gli acquisti è andata a fornitori non UE, di cui il 63% è andato agli Stati Uniti."  

In questo contesto, quindi, le azioni politiche per il settore devono concentrarsi su interventi che vadano ad incrementare l'aggregazione della domanda e l'integrazione degli asset industriali della difesa.

"Nel breve termine, è necessaria l'implementazione rapida della Strategia Industriale della Difesa Europea e del relativo Programma dell'Industria della Difesa Europea. In particolare, è essenziale aumentare sostanzialmente l'aggregazione della domanda tra gruppi di Stati membri, almeno tra quelli che scelgono di farlo, e aumentare la quota di acquisti congiunti per la difesa".

Il rapporto, inoltre, raccomanda "ulteriori passi per sviluppare una Politica Industriale della Difesa dell'UE a medio termine che possa supportare l'integrazione strutturale transfrontaliera degli asset della difesa e l'integrazione e il consolidamento selettivo della capacità industriale dell'UE, con l'obiettivo esplicito di aumentare la scala, la standardizzazione e l'interoperabilità."

Infine, con l'aumento della spesa per la difesa dell'UE, il consolidamento industriale della difesa, l'integrazione e l'innovazione tecnologica dovrebbero essere supportati da principi di preferenza europea rafforzati negli acquisti, "garantendo che una quota minima di questa domanda crescente sia concentrata sulle aziende europee piuttosto che fluire all'estero". 

Accelerare su investimenti per R&S 

Insieme all’urgente necessità di aumentare gli investimenti complessivi nella difesa, vi è una forte ragione per rafforzare la cooperazione e l'iniezione di risorse per la Ricerca e Sviluppo (R&S) nel campo della Difesa, concentrando gli sforzi su "iniziative comuni". Un approccio pensato attraverso "nuovi programmi a duplice uso e una proposta di progetti europei di difesa di interesse comune". 

La difesa è un'industria altamente tecnologica caratterizzata da innovazioni dirompenti, il che significa che "sono necessari massicci investimenti in R&S per mantenere la parità strategica". Infatti, mentre gli Stati Uniti "nel 2023, hanno allocato 130 miliardi di euro (140 miliardi di dollari) per la Ricerca, Sviluppo, Test e Valutazione, pari a circa il 16% della spesa totale per la difesa", in Europa "il finanziamento totale per la R&S della difesa era di 10,7 miliardi di euro nel 2022, pari solo al 4,5% della spesa totale".

Inoltre, viene sottolineato come in futuro le PMI innovative che operano del settore avranno bisogno di ulteriore supporto. Si fa avanti, quindi, una necessità di mettere in campo misure che potrebbero includere "la modifica delle politiche di prestito del Gruppo BEI (Banca Europea per gli Investimenti) sull’esclusione degli investimenti nella difesa e la chiarificazione dei quadri UE in materia di ambiente, sociale e governance (ESG) sul finanziamento dei prodotti per la difesa".

Spazio, i prossimi step

Dai risultati raggiunti nell'ambito della navigazione satellitare con Galileo ai dati sull'osservazione della Terra ottenuti grazie a Copernicus, "l'UE ha sviluppato un settore spaziale di livello mondiale, nonostante livelli di finanziamento molto più bassi". In particolare, il settore "ha sviluppato risorse e capacità strategiche di livello mondiale, con competenze tecniche paragonabili a quelle di altre potenze spaziali nella maggior parte dei settori.  

Ciononostante, l'UE "sta ora iniziando a perdere terreno". Come per l’industria della difesa, "il settore spaziale soffre di un marcato divario di investimenti rispetto ai suoi principali concorrenti. Negli ultimi quarant’anni, gli investimenti sono variati tra il 15% e il 20% dei livelli statunitensi. Nel 2023, la spesa pubblica in Europa per lo spazio era di 15 miliardi di dollari, rispetto ai 73 miliardi di dollari degli Stati Uniti. Si prevede che la Cina supererà l’Europa nei prossimi anni, raggiungendo una spesa di 20 miliardi di dollari entro il 2030."

Oltre ad un calo degli investimenti nel settore, lo Spazio condivide anche altre criticità con la Difesa. In particolare, si riscontrano anche in questo comparto una scarsa aggregazione della domanda e l'urgenza di aumentare e mettere a sistema gli investimenti in R&S. 

A tal proposito, il Rapporto Draghi individua i seguenti tre obiettivi generali per una strategia industriale spaziale rafforzata a livello comunitario:

  • garantire la sovranità europea nell'accesso autonomo allo spazio, le capacità di difesa e le applicazioni spaziali fondamentali per la società (quali telecomunicazioni, osservazione della terra, navigazione, e sicurezza);
  • mantenere o raggiungere la leadership industriale su scala mondiale in settori selezionati e nei nuovi segmenti industriali emergenti 'space-based';
  • favorire l'innovazione e lo sviluppo di operatori di mercato europei di successo.

Le iniziative specifiche dovrebbero stabilire una governance efficace del settore, stanziare e mobilitare le risorse necessarie, nonché aumentare l'efficacia della spesa. Nel dettaglio, la relazione individua le dieci proposte per il miglioramento del settore Spazio. 

Spazio - Photo credit: The future of European competitiveness Part B | In-depth analysis and recommendations

Nuove regole per startup e Fondo industriale spaziale

Come per il settore della difesa, la crescita delle PMI spaziali innovative dell'UE, delle start-up e delle scale-up dovrebbe essere facilitata da un miglior accesso ai finanziamenti e dall'introduzione di regole di preferenza europea mirate.

Si propone anche di istituire un Fondo industriale spaziale che permetterebbe alla Commissione europea di agire come “cliente principale” per acquistare congiuntamente servizi e prodotti spaziali e finanziare tecnologie critiche, aiutando la base industriale dell’UE ad aumentare la sua capacità.

Rimuovere il principio geografico ESA e istituire Mercato Unico per lo Spazio

Un'altra criticità è rappresentata dal principio del ritorno geografico dell'ESA. In base a questo meccanismo l'Agenzia investe in ciascuno dei suoi Paesi membri attraverso contratti industriali per programmi spaziali un importo simile al contributo finanziario del paese all'agenzia. Principio che porta a un'inevitabile frammentazione delle catene di approvvigionamento, alla duplicazione non necessaria delle capacità in mercati relativamente piccoli e a una discrepanza tra gli attori industriali più competitivi e l'effettiva allocazione delle risorse.

In virtù di ciò, il rapporto raccomanda di rimuovere progressivamente il principio del ritorno geografico. "Le regole di approvvigionamento dell’Agenzia, secondo Draghi, dovrebbero riflettere l’esito della competizione industriale e la scelta dei migliori fornitori, e le risorse dovrebbero essere concentrate su progetti che dimostrano il potenziale per significativi avanzamenti scientifici o tecnologici, indipendentemente dalla localizzazione delle entità partecipanti."

Un processo che dovrebbe essere accompagnato dall’istituzione di un Mercato Unico per lo Spazio, con standard comuni e l’armonizzazione dei requisiti di licenza, in linea con la prevista Legge Spaziale Europea.

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