L’ultima sveglia di Draghi, per riforme e crescita
L’Europa ora non ha più scuse. Questa è l’ultima occasione per rilanciare una vera crescita economica. Per farlo deve riformare soprattutto burocrazia e bilanci pubblici.
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Un anno di quantitative easing non ha dato sufficiente impulso alla ripresa, che nel 2015 si è attestata nell'area euro su un +1,6% del PIL, nonostante il basso prezzo del petrolio e del dollaro. In Italia poi l’incremento è stato solo dello 0,8%, nonostante il varo del Jobs Act e delle ingenti agevolazioni previdenziali sulle nuove assunzioni (per 3 anni i datori di lavoro non pagano i contributi all’Inps).
Di fronte a questo, Mario Draghi rilancia con un’azione di politica monetaria ancora più incisiva, ma se i governi non gli andranno dietro con vere riforme l’Europa si troverà sempre più povera, e l’Italia ancora di più, visto che le previsioni del PIL per il 2016 stimano un modesto +1%.
Da tempo il governatore della Banca centrale europea ribadisce poi la necessità di abbassare le tasse per favorire la ripresa dei consumi e di continuare sulla via delle riforme. A livello Ue, però, la discussione verte ancora su politiche di austerity che non permettono la riduzione delle imposte, né la realizzazione di investimenti; ci si dimentica, invece, della spending review, che permetterebbe sia l'una che l'altra e, soprattutto, di migliorare la qualità della spesa pubblica, rendendola più produttiva ai fini della crescita economica.
Anche una buona spending review non sarebbe però sufficiente in assenza di riforme volte ad affrontare il furore burocratico che attanaglia ormai l’Europa, le miriadi di spesso inutili adempimenti che comportano numerose ore di lavoro per aziende ed enti, rallentando la produttività e la realizzazione di investimenti.
L’Unione europea ha migliorato negli anni le condizioni di sicurezza e qualità della vita dei cittadini, ma bisogna ora domandarsi se attenersi ad un eccessivo numero di regole non faccia perdere di vista la sostanza delle cose. Basti pensare a pochi esempi:
- la privacy è veramente tutelata facendo cliccare sulle pagine web dei siti Internet un bottone con 2 righe di informativa?
- i risparmiatori sono al sicuro dalla truffe perchè firmano un lungo e incomprensibile questionario in banca?
- l’etichetta apposta su un alimento assicura davvero la genuinità del prodotto?
E’ ormai necessario un cambio di approccio alla regolamentazione: il tempo dedicato alla verifica degli adempimenti deve essere speso su controlli sostanziali invece che formali. E gli enti preposti alle verifiche devono essere pochi e messi in condizione di operare sulla base di norme chiare e semplici, senza sovrapposizioni che aumentino la complessità del sistema.
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Ogni volta che qualcosa non funziona si pensa di fare una legge o a creare un’Authority o un’Agenzia che possano attuare quello in cui gli altri enti non riescono. Si alimenta così un paradossale mostro di norme e di enti che non solo frenano ogni impulso produttivo, ma fanno scappare le risorse private al di fuori dell’Unione e tengono lontano gli investitori stranieri.
In Italia il problema è ancora più complicato, altrimenti la crescita del PIL non sarebbe la metà della media europea. Ricorrere ad incrementi del deficit e del debito pubblico non sembra una strada facilmente percorribile, a meno che non si voglia tornare preda dei mercati finanziari e degli speculatori.
Spendere presto e bene le risorse a disposizione, semplificando drasticamente la burocrazia, sarà meno facile ma sicuramente più efficace. Tagliare la burocrazia peraltro non costa nulla.
E se non siamo capaci di spendere, tra sprechi pubblici di ogni genere, opere incompiute e fondi strutturali impegnati allo scadere dei termini su progetti sponda/retrospettivi, allora vale solo la pena di recuperare queste risorse per ridurre drasticamente l’imposizione fiscale nel paese. Politica da cui in ogni caso - specie per quanto riguarda il lavoro - ormai non si può più comunque prescindere.
Author: European Central Bank / photo on flickr
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