Appalti - le nuove regole per i bandi dei beni culturali
Nuove regole per le imprese che partecipano ai bandi nel settore dei beni culturali.
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E’ questa la novità contenuta nel decreto n. 154 del 2017 del Ministero dei Beni culturali, appena pubblicato in Gazzetta ufficiale. Il testo, atteso da mesi da tutti gli operatori del settore, fissa le nuove regole di ingaggio per le aziende del comparto: dai requisiti di fatturato alle certificazione necessarie, passando per gli elementi organizzativi, i dipendenti e i titoli di studio dei direttori tecnici. C’è, però, ancora qualche giorno per mettersi al passo con le novità: il regolamento entrerà in vigore il prossimo 11 novembre.
Immobili sotto tutela e scavi archeologici
Il decreto del Ministero dei Beni culturali è stato approvato la scorsa estate ed è uno dei provvedimenti attuativi del Codice appalti. Al suo interno vengono fissati gli elementi chiave per la qualificazione delle imprese che partecipano alle gare relative a immobili sottoposti a tutela e ad attività di scavo archeologico.
Manutenzione e restauro
Ma anche le norme per chi si occupa di “monitoraggio, manutenzione e restauro di beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico”. Insomma, il provvedimento è strategico per tutto il comparto dei beni culturali nella sua interezza.
Le regole per la qualificazione delle imprese
Anzitutto, allora, il decreto ministeriale fissa le norme di qualificazione relative ai lavori sopra la soglia di 150mila euro. Alle imprese, nello specifico, servirà una qualificazione SOA, ma dovranno rispettare anche un’altra regola: “La certificazione rilasciata ai soggetti esecutori – si legge nel testo - deve contenere anche l'attestato dell'autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori del buon esito degli interventi eseguiti”.
I requisiti dei direttori tecnici
Ancora, il decreto fissa i requisiti relativi all’iscrizione presso la Camera di commercio e i requisiti speciali relativi all’idoneità tecnica. In alcuni casi il direttore tecnico dell’impresa dovrà avere un diploma di restauratore rilasciato dalle scuole di alta formazione o altri istituti indicati dal codice dei beni culturali o, in alternativa, una laurea magistrale in conservazione e restauro dei beni culturali.
I tetti di fatturato
Accanto a questo, ci sono i requisiti di fatturato, relativi all’impresa. Per partecipare a un bando la società dovrà avere nel suo curriculum una quantità di lavori pari almeno al 70% dell’importo della classifica SOA indicata nel bando. Accanto a questo, “l’impiego temporalmente illimitato dei certificati di esecuzione dei lavori ai fini della qualificazione è consentito, a condizione che sia rispettato il principio di continuità nell'esecuzione dei lavori, a prova dell'attuale idoneità a eseguire interventi nella categoria per la quale è richiesta l'attestazione, oppure che sia rimasta invariata la direzione tecnica dell'impresa”.
Le norme organizzative
Sul fronte dell’organizzazione dell’impresa, il provvedimento detta regole specifiche anche in relazione all’inquadramento dei dipendenti che lavoreranno sui beni culturali. Il principio è che gli archeologi e i restauratori dovranno avere con l’impresa un regolare contratto, a tempo determinato o indeterminato. A seconda delle diverse tipologie di lavorazioni, bisognerà poi avere un certo numero di dipendenti, proporzionati all’impegno del bando.
Quando entra in vigore il decreto
Importanti, infine, anche le regole indicate dal provvedimento per la fase transitoria. Tutto quello che è stato fatto prima dell’entrata in vigore del decreto, fissata per l’11 novembre prossimo, non ricadrà nel perimetro delle norme. Spiega il regolamento, infatti, che “sono fatti salvi i certificati rilasciati prima dell'entrata in vigore del presente decreto se accompagnati e integrati dalla dichiarazione di buon esito rilasciata dall'autorità preposta alla tutela dei beni su cui i lavori sono stati realizzati”.
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