Inchiesta: Banca Etica vince la sfida con la crisi economica

 
Logo Banca Popolare EticaAccesso al credito come diritto e strumento per combattere l’esclusione sociale. La prima tappa del nostro viaggio attraverso il mondo della finanza responsabile passa per il primo player italiano operante in questo settore: Banca Popolare Etica. Nata nel 1999 nel cuore del Nord Est per volontà di 22 organizzazioni del Terzo Settore e grazie al sostegno di migliaia di persone che intendevano finanziare progetti di economia solidale e sostenibile, oggi Banca Etica, con 13 filiali e una rete di “banchieri ambulanti”, offre ai propri clienti una serie di prodotti e servizi che permettono una completa operatività bancaria (libretti di risparmio, conti correnti, bancomat, carte di credito, obbligazioni, mutui prima casa, prestiti personali, fondi d’investimento).

L’idea di Banca Etica nasce dall'esperienza maturata nel corso degli anni Ottanta dalle Mag, quelle microcooperative che avevano scelto di sostenere soggetti che il sistema finanziario tradizionale non prendeva in considerazione. Banca Etica vuole essere una "banca dalle pareti di vetro": la sua peculiarità consiste nella trasparenza (tutti i finanziamenti sono pubblicati sul sito ufficiale), nella partecipazione, nelle modalità di utilizzo del denaro.

Si tratta di temi sempre più condivisi dagli italiani: secondo un’indagine pubblicata da Demos nell’ottobre 2009, metà dei cittadini intervistati sostiene che l'etica può e deve avere uno spazio nel mondo della finanza (51%). La mission di Banca Etica è più che mai di attualità, se pensiamo che il 2010 è stato ufficialmente proclamato anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. In Europa, infatti, circa 79 milioni di persone vivono alla soglia dell’indigenza (pari al 16% della popolazione totale dei 27 paesi membri). Di questa fascia debole circa il 19% è composto da bambini. Per questo L’UE ha deciso di stanziare quest’anno circa 26 milioni di euro, comprensivi sia di risorse comunitarie che di natura privata.

Mentre il settore bancario nel suo complesso subiva una forte battuta d'arresto ed un calo di popolarità, nonostante la pesante crisi economica mondiale i finanziamenti accordati da Banca Etica nei primi 11 mesi dell’anno scorso sono cresciuti di quasi il 25% rispetto alla fine del 2008 (raggiungendo i 535 milioni di euro); la raccolta di risparmio è aumentata di circa il 6% mentre il patrimonio gestito affidato alla società di gestione del risparmio del Gruppo, Etica sgr, ha avuto un boom con un +35%.  Nel 2009 il capitale sociale di Banca Etica ha visto un ampliamento del 14%, sfiorando i 26 milioni di euro conferiti da 33 mila soci. 

Per saperne di più abbiamo intervistato il direttore generale di Banca Popolare Etica, Mario Crosta.

Mario Crosta, direttore generale Banca Popolare EticaDott. Crosta, Banca Popolare Etica opera su diversi progetti e in numerosi settori del no profit. Ce n’è uno in particolare su cui state focalizzando la vostra attenzione?

In questo periodo stiamo lavorando soprattutto nel campo delle energie rinnovabili, in particolare il fotovoltaico. A tale proposito, stiamo elaborando dei prodotti al servizio delle persone fisiche, delle famiglie, delle associazioni. Per noi si tratta di un settore strategico: l’energia è una questione fondamentale a cui bisogna dare soluzioni. Per noi è strategico sostenere il fotovoltaico e l’eolico. In questi giorni abbiamo riscontrato i primi risultati legati a questo ambito. Sono dati sicuramente significativi, se messi a confronto con le nostre dimensioni. Inoltre, continua la nostra attività dedicata alla cooperazione sociale nei settori tradizionali della banca, come i finanziamenti alle cooperative che operano nei terreni confiscati alla mafia.

Avete riscontrato dei cambiamenti nell’atteggiamento dei risparmiatori con l’arrivo della crisi economica?

Con l’arrivo della crisi abbiamo riscontrato un maggiore interesse verso il comparto della finanza etica e responsabile. Abbiamo registrato un incremento molto significativo nell’apertura dei conti correnti e c’è stata un’esplosione nella sottoscrizione dei fondi di Etica sgr (n.d.r. la società di gestione del risparmio di Banca Etica). L’andamento dei dati 2009 dimostra che la finanza etica riesce a dare rendimenti interessanti: due dei fondi Etica sgr sono infatti quelli che, nella loro categoria, hanno reso di più.

Gli interventi di Banca Etica nel campo del microcredito sono aumentati tra il 2003 e il 2008. Tuttavia si tratta ancora di una realtà marginale nel nostro paese. Secondo lei è una resistenza che attiene alla realtà socio-culturale del nostro paese, o semplicemente il microcredito non ha “attecchito” per la resistenza del sistema bancario tradizionale?

Credo che, più di ogni altra cosa, serva un corretto approccio culturale al microcredito. E’ importante confrontare la realtà italiana con quello che succede nel resto dell’Europa. In Francia, ad esempio, c’è una apposita legislazione che favorisce il microcredito, considerato a tutti gli effetti una misura di inclusione sociale attraverso l’accesso al credito da parte di fasce marginali. In Italia, purtroppo, questo ancora non accade. Spesso abbiamo sollecitato il Parlamento e il Governo ad assumere misure di questa natura perché crediamo che il microcredito possa sostituire la calssica beneficienza e gli stanziamenti a fondo perduto, innescando un circuito virtuoso che favorisca forme di economia sane e promuova l’occupazione. Non c’è molta disponibilità delle banche a spendersi in azioni di microcredito, visto che comportano un elevato investimento economico. Al momento, pertanto, il volume degli interventi di microcredito è ancora contenuto.

Banca Popolare Etica non accetta i proventi dello scudo fiscale. Può motivare questa scelta?

La nostra è stata una scelta di cooerenza con i valori di Banca Etica. Accettiamo soltanto soldi la cui provenienza (tracciabile e trasparente) sia stata dimostata lecita. Si può obiettare che un’autocertificazione non si nega a nessuno: tuttavia, dopo che il rapporto viene attivato, la movimentazione dei singoli conti correnti continua ad essere monitorata e qualora dovessero esserci dei segnali di incoerenza non esitiamo a intervenire ed eventualmente a chiudere i conti correnti.  Nel caso di risorse che derivino da attività legate a reati come l’evasione fiscale o il falso in bilancio, per le quali non era certificabile la lecita provenienza, abbiamo preferito fare qualche operazione in meno, piuttosto che rimetterci la reputazione. Dopo aver dichiarato pubblicamente la nostra scelta, siamo stati ulteriormente premiati dal mercato e in quei giorni abbiamo riscontrato un’impennata nell’apertura dei conti correnti.

Derivati, future, swap sono stati alla base della crisi mondiale. La scelta di non trattarli è antecedente agli scandali di Lehman Brothers oppure è stata proprio questa esperienza negativa a condizionarvi?

Non li abbiamo mai trattati, perché un altro caposaldo della finanza etica è che la finanza deve andare a sostegno dell’economia reale. I derivati, i future, gli swap, le opzioni sono a nostro avviso operazioni che sostanzialmente “muovono carta” e sono caratterizzate da meccanismi complessi. La nostra scelta è stata presa al momento della creazione di Banca Popolare Etica e la crisi non ha aggiunto nulla di nuovo. Anzi, un insegnamento lo ha dato: la scelta di non trattare questi prodotti avrebbe dovuto essere condivisa anche dagli altri operatori. Da un lato investire in questi prodotti speculativi allontana la finanza dai percorsi dell’economia reale, dall’altro i portafogli dei risparmiatori si riempiono di prodotti speculativi, con il rischio di perdere i capitali sudati nell’arco di una vita.

C’è un modello italiano o straniero di banca a cui fate riferimento o vi siete ispirati?

Nell’ambito europeo non esiste un modello come quello di Banca Etica, in quanto negli altri paesi queste realtà non operano con i prodotti tipici della realtà bancaria, come ad esempio i conti correnti. All’estero vengono svolte soprattutto attività di finanziamento verso determinati progetti. Nel Nord Europa, in cui la finanza etica è maggiormente radicata, c’è una netta prevalenza di operatività nel campo ambientale. La nostra esperienza è unica perchè mette insieme la valenza etica e quei prodotti che aiutano i cittadini, le famiglie e le asosciazioni a gestire le proprie attività di natura finanziaria. Abbiamo cercato di prendere il meglio delle singole esperienze nel resto del mondo per poi applicarle alla realtà italiana, ma non ci siamo ispirati ad un modello specifico.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati i corsi di laurea e i master in economia e gestione del settore no profit. Ciò significa che molte giovani leve sono adeguatamente preparate per entrare un mercato del lavoro in espansione. Come è possibile invece riconvertire i tanti lavoratori del settore bancario che non hanno esperienza in questo specifico ambito e sono tradizionalmente lontani dal terzo settore?

Sicuramente per alcune attività si rendono necessarie figure con un’elevata professionalità maturata nell’ambito bancario, per altri ruoli c’è bisogno di figure con una conoscenza approfondita del terzo settore. Definiamo i profili in base alle necessità. Al momento della selezione, oltre al colloquio di natura tecnica, viene svolta un’intervista che tende a mettere in evidenza gli aspetti valoriali che caratterizzano il candidato, in quanto Banca Etica richiede un forte impegno personale. 

A causa della crisi mondiale il settore bancario nell’ultimo periodo è stato spesso preso di mira dalla stampa, ma anche dall’opione pubblica, per la sua condotta poco etica di alcuni banchieri e operatori finanziari. Crede che esperienze come la vostra possano contribuire a migliorare la percezione del settore bancario?

Abbiamo recentemente commissionato una ricerca a Demos, l’istituto fondato da Ilvo Diamanti (n.dr. quella di cui si è già parlato nell'introduzione), dalla quale è emerso che la presenza di una maggiore eticità e trasparenza avrebbe potuto ridurre l’impatto della crisi e a migliorare la percezione del settore bancario nel suo complesso. Molte banche tradizionali, infatti, si sono dotate nell’ultimo periodo di prodotti etici: conti correnti, fondi di investimento, certificati di deposito. Contrariamente a quanto avveniva qualche anno fa, quando la scelta della banca era legata alla vicinanza dello sportello con la propria abitazione, oggi la scelta dal risparmiatore è fatta in base alla capacità dell’istituto di offrire prodotti trasparenti.

Come vi ponete rispetto ad uno dei più recenti player italiani, Prossima del Gruppo Intesa, che possiede un capitale sociale quadruplo rispetto al vostro? Lo giudicate un competitor?

Consideriamo l'intero settore bancario come un competitor. Molte cooperative sociali, infatti, lavorano con banche di tutte le dimensioni. Considerata la "sete" dei risparmiatori e delle associazioni, riteniamo che la nascita di altri operatori di finanza etica rappresenti un bene per la società. Un vero mercato di finanza etica dà spazio a molti operatori e la concorrenza tende ad aumentare qualità dei servizi. Nonostante siano entrati nuovi operatori sul mercato, quest’anno abbiamo continuato a crescere del 30%.  

Tra mille incertezze e reticenze è attualmente in corso l’attesa riforma del sistema di vigilanza dei sistemi bancari mondiali. A volerla sono soprattutto la Francia e la Germania, ma anche Barack Obama si è convinto della necessità di rafforzare le "regole del gioco". Qual è il suo punto di vista?

Si tratta di riforme indispensabili. Alcuni capisaldi come la supervisione sovranazionale (almeno a livello europeo), il contenimento dei superbonus e la revisione dei sistemi contabili rappresentano elementi importanti e significativi che possono contribuire al miglioramento del mercato. Ritengo utile anche l’adozione della Tobin Tax per colpire la speculazione finanziaria. Affinchè le nuove regole siano efficaci, è importante che la riforma possa coivolgere le istituzioni mondiali nella loro globalità. Pertanto alle dichiarazioni di principio deve seguire un’applicazione puntuale.

Vi siete ispirati all’insegnamento di Muhammed Yunus e Amartya Sen? Avete piuttosto altri riferimenti nell’ambito dell’economia mondiale?

Yunus è stato insignito del Nobel: aggiungerei che purtroppo non è stato premiato per l’economia, ma per la pace. Sen è stato il primo economista etico ad essere stato riconosciuto pubblicamente. Oltre a loro, guardiamo al sistema spagnolo delle banche di credito di Mondragon (n.dr. località della regione Basca), dove la modalità cooperativa si è dimostrata sia attenta ai valori che profittevole. Siamo poi in collegamento con una rete di banche etiche in tutta Europa. C’è da dire che la modalità con cui viene svolto il microcredito in Bangladesh e nel sud del mondo non può essere automaticamente esportata in Italia e in Europa perché i contesti sociali e culturali sono troppo diversi.

L'inchiesta continua nelle prossime settimane con altri operatori di finanza etica.

(di Alessandra Flora)

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