Inchiesta: Banca Prossima, numero uno nel credito per il mondo cattolico
La seconda tappa della nostra inchiesta sulle forme di credito rivolte al terzo settore prosegue con l’esperienza di Banca Prossima del gruppo Intesa San Paolo, i cui sforzi confluiscono esclusivamente verso le organizzazioni nonprofit, con particolare riguardo al mondo religioso: cooperative sociali, fondazioni, diocesi, ordini e congregazioni. E un cliente che non ha bisogno di presentazioni: la Conferenza Episcopale Italiana. Finora si sono rivolte a Prossima 7 mila organizzazioni del terzo settore di tutta Italia.
Tra i punti di forza di Prossima c’è la piattaforma tecnologica di Intesa San Paolo, che permette ai clienti di avvalersi dei servizi di Internet Banking. Per saperne di più abbiamo intervistato Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima.
Dott. Morganti, Prossima ha festeggiato i suoi primi 500 giorni. Può spiegarci il motivo per cui il Gruppo Intesa ha deciso di affrontare questa nuova sfida?
Abbiamo creato una banca dedicata all’Economia del bene comune prima di tutto per le dimensioni di questo mondo: 250.000 organizzazioni, 700.000 persone retribuite, 3.3 milioni di volontari.
Un mondo che svolge un ruolo indispensabile per la qualità della vita e per la tenuta sociale, e che può diventare più efficiente solo se ha piena cittadinanza anche dal punto di vista finanziario, attraverso una banca dedicata, capace di fornire strumenti, di moltiplicare le pratiche virtuose e di fare rete.
E c’è anche una motivo nella tradizione: Intesa Sanpaolo è infatti la banca leader nelle relazioni con il terzo settore, servendo quasi 50.000 organizzazioni laiche e religiose. E proprio dal rapporto con queste realtà siamo partiti per capire come poteva essere migliorato il nostro modo di fare banca.
C’è un modello italiano o straniero a cui fate riferimento o vi siete ispirati?
No, Banca Prossima è un caso unico in Europa (e nel mondo!) di banca interamente dedicata al settore nonprofit: specializzata sul nonprofit e con clienti unicamente tra le organizzazioni nonprofit laiche e religiose.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i corsi di laurea e i master in economia e gestione del settore nonprofit. Ciò significa che molte giovani leve sono adeguatamente preparate per entrare in un mercato del lavoro in espansione. Come è possibile invece riconvertire i tanti lavoratori del settore bancario che non hanno esperienza in questo specifico ambito e sono tradizionalmente lontani dal terzo settore? Per lavorare con Banca Prossima è necessario aver maturato un’esperienza nel settore bancario tradizionale?
Vorrei reagire alle due domande precedenti con una sola risposta. Scegliere di dedicarsi al nonprofit vuol dire raccogliere una sfida in cui sono le persone a fare la vera differenza, da entrambe le parti. Specializzazione ed efficacia di presidio sono stati gli obiettivi che ci siamo proposti di raggiungere sin dall’inizio. Così abbiamo fissato regole diverse, tutte particolarmente originali o addirittura uniche: tra queste la scelta di selezionare il nostro personale tra colleghi appartenenti al gruppo ma tutti operanti a titolo privato come volontari in organizzazioni di terzo settore. Quello di mettere a disposizione del nonprofit persone mosse da una motivazione speciale non è un esperimento isolato. L’abbiamo replicato aiutando la nascita della prima organizzazione di ex bancari dedicata al credito sociale: dalla valutazione delle famiglie non abbienti al finanziamento di nuove imprese sociali. E le abbiamo dato un nome significativo: VoBIS – Volontari Bancari per l’Iniziativa nel Sociale.
A causa della crisi mondiale, il settore bancario nell’ultimo periodo è stato spesso preso di mira a livello internazionale dalla stampa, ma anche dall’opinione pubblica, per la condotta poco etica di alcuni banchieri e operatori finanziari. Crede che esperienze come la vostra possano contribuire a migliorare la percezione del settore bancario?
Banca Prossima non è una banca “buona”, ma una banca che lavora in un settore etico dell’economia (il nonprofit è una forma virtuosa di produzione di beni e servizi perché meno speculativa e più inclusiva e democratica) e che, solo facendo bene il proprio lavoro, può contribuire alla creazione di bene comune in Italia. Se uno statuto chiaro e un comportamento coerente possono contribuire a migliorare la percezione del settore bancario, ci fa piacere. Il nostro obiettivo, però, è l’efficienza, che nel nostro caso significa qualità del credito (4 volte migliore del dato nazionale di sistema) e anche “zero reclami”, un primato che vogliamo mantenere il più a lungo possibile.
Tra tutti i progetti attualmente in atto, qual è quello che giudica maggiormente rappresentativo della vostra mission?
Tutti e nessuno in particolare. Quello che ha fatto più parlare di noi è l’anticipazione del 5x1000, alla quale continuiamo a lavorare: oggi arrivando a finanziare le stesse campagne di fund raising. Un intervento che, per essere sostenibile, ci ha richiesto il coinvolgimento della Bocconi come partner nella valutazione. Ed era la prima volta per entrambi. Direi però che quanto rappresenta meglio la missione di Banca Prossima sono i crediti concessi grazie al nostro fondo di garanzia a sostegno delle organizzazioni “non bancabili”. Lì il valore sociale generato cresce esponenzialmente.
Come vi ponete rispetto ad uno dei principali player italiani, la Banca Etica? Lo giudicate un competitor? (n.d.r. Con 80 milioni di euro, il capitale sociale di Banca Prossima è quattro volte quello di Banca Etica)
Siamo molto diversi: per statuto, per obiettivi, per tipologia di clienti serviti. Loro hanno puntato su una maggiore eticità; noi sulla massima focalizzazione come premessa all’efficienza. Ripeto: Banca Prossima non è una banca etica ma una banca specializzata in un settore etico dell’economia.
Uno dei target è rappresentato dagli enti religiosi. Finora avete finanziato enti religiosi al di fuori del mondo cattolico?
Certamente sì. Non soltanto altri cristiani come i Pentecostali ma anche soggetti appartenenti al mondo islamico ed ebraico.
Secondo le vostre previsioni, come sarà l’andamento del settore no profit nel nostro paese nel breve periodo? Sta subendo il credit crunch allo stesso modo delle pmi?
La coda della crisi che stiamo vivendo sarà soprattutto sociale, con molte famiglie che perderanno potere d’acquisto. Saranno dunque sempre più importanti la crescita e l’efficientamento di alcuni settori del nonprofit (assistenza sociale, sanitaria, sostegno al reddito, aiuto alimentare). Sull’esistenza e la portata di un credit crunch si discute molto; relativamente a Banca Prossima possiamo dire che nel 2009 abbiamo più che triplicato le risorse messe a disposizione dei nostri clienti.
Avete realizzato o intendete realizzare azioni di microcredito in Italia?
Per le persone fisiche la competenza resta a Intesa Sanpaolo, impegnata in progetti di credito a Cassintegrati, immigrati, persone a rischio usura, giovani coppie, lavoratori atipici. Come tesorieri scelti dalla CEI per il suo Prestito della Speranza abbiamo “scritto a 4 mani” con Intesa Sanpaolo un piano che mette a disposizione delle famiglie in difficoltà fino a 100 milioni di euro. Tra i clienti di Banca Prossima, inoltre, figurano quasi tutte le nonprofit impegnate nel microcredito. Infine, i nostri prestiti alle organizzazioni minori (gli asili nido, ad esempio) rientrano a pieno titolo nella microfinanza.
Trattate anche con derivati, swap?
Abbiamo le competenze per poterlo fare, ma la nostra scelta è stata quella di non offrire soluzioni del genere, che sono percepite dalla nostra clientela come poco trasparenti o comunque “ostiche”.
Dott. Morganti, Prossima ha festeggiato i suoi primi 500 giorni. Può spiegarci il motivo per cui il Gruppo Intesa ha deciso di affrontare questa nuova sfida?
Abbiamo creato una banca dedicata all’Economia del bene comune prima di tutto per le dimensioni di questo mondo: 250.000 organizzazioni, 700.000 persone retribuite, 3.3 milioni di volontari.
Un mondo che svolge un ruolo indispensabile per la qualità della vita e per la tenuta sociale, e che può diventare più efficiente solo se ha piena cittadinanza anche dal punto di vista finanziario, attraverso una banca dedicata, capace di fornire strumenti, di moltiplicare le pratiche virtuose e di fare rete.
E c’è anche una motivo nella tradizione: Intesa Sanpaolo è infatti la banca leader nelle relazioni con il terzo settore, servendo quasi 50.000 organizzazioni laiche e religiose. E proprio dal rapporto con queste realtà siamo partiti per capire come poteva essere migliorato il nostro modo di fare banca.
C’è un modello italiano o straniero a cui fate riferimento o vi siete ispirati?
No, Banca Prossima è un caso unico in Europa (e nel mondo!) di banca interamente dedicata al settore nonprofit: specializzata sul nonprofit e con clienti unicamente tra le organizzazioni nonprofit laiche e religiose.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i corsi di laurea e i master in economia e gestione del settore nonprofit. Ciò significa che molte giovani leve sono adeguatamente preparate per entrare in un mercato del lavoro in espansione. Come è possibile invece riconvertire i tanti lavoratori del settore bancario che non hanno esperienza in questo specifico ambito e sono tradizionalmente lontani dal terzo settore? Per lavorare con Banca Prossima è necessario aver maturato un’esperienza nel settore bancario tradizionale?
Vorrei reagire alle due domande precedenti con una sola risposta. Scegliere di dedicarsi al nonprofit vuol dire raccogliere una sfida in cui sono le persone a fare la vera differenza, da entrambe le parti. Specializzazione ed efficacia di presidio sono stati gli obiettivi che ci siamo proposti di raggiungere sin dall’inizio. Così abbiamo fissato regole diverse, tutte particolarmente originali o addirittura uniche: tra queste la scelta di selezionare il nostro personale tra colleghi appartenenti al gruppo ma tutti operanti a titolo privato come volontari in organizzazioni di terzo settore. Quello di mettere a disposizione del nonprofit persone mosse da una motivazione speciale non è un esperimento isolato. L’abbiamo replicato aiutando la nascita della prima organizzazione di ex bancari dedicata al credito sociale: dalla valutazione delle famiglie non abbienti al finanziamento di nuove imprese sociali. E le abbiamo dato un nome significativo: VoBIS – Volontari Bancari per l’Iniziativa nel Sociale.
A causa della crisi mondiale, il settore bancario nell’ultimo periodo è stato spesso preso di mira a livello internazionale dalla stampa, ma anche dall’opinione pubblica, per la condotta poco etica di alcuni banchieri e operatori finanziari. Crede che esperienze come la vostra possano contribuire a migliorare la percezione del settore bancario?
Banca Prossima non è una banca “buona”, ma una banca che lavora in un settore etico dell’economia (il nonprofit è una forma virtuosa di produzione di beni e servizi perché meno speculativa e più inclusiva e democratica) e che, solo facendo bene il proprio lavoro, può contribuire alla creazione di bene comune in Italia. Se uno statuto chiaro e un comportamento coerente possono contribuire a migliorare la percezione del settore bancario, ci fa piacere. Il nostro obiettivo, però, è l’efficienza, che nel nostro caso significa qualità del credito (4 volte migliore del dato nazionale di sistema) e anche “zero reclami”, un primato che vogliamo mantenere il più a lungo possibile.
Tra tutti i progetti attualmente in atto, qual è quello che giudica maggiormente rappresentativo della vostra mission?
Tutti e nessuno in particolare. Quello che ha fatto più parlare di noi è l’anticipazione del 5x1000, alla quale continuiamo a lavorare: oggi arrivando a finanziare le stesse campagne di fund raising. Un intervento che, per essere sostenibile, ci ha richiesto il coinvolgimento della Bocconi come partner nella valutazione. Ed era la prima volta per entrambi. Direi però che quanto rappresenta meglio la missione di Banca Prossima sono i crediti concessi grazie al nostro fondo di garanzia a sostegno delle organizzazioni “non bancabili”. Lì il valore sociale generato cresce esponenzialmente.
Come vi ponete rispetto ad uno dei principali player italiani, la Banca Etica? Lo giudicate un competitor? (n.d.r. Con 80 milioni di euro, il capitale sociale di Banca Prossima è quattro volte quello di Banca Etica)
Siamo molto diversi: per statuto, per obiettivi, per tipologia di clienti serviti. Loro hanno puntato su una maggiore eticità; noi sulla massima focalizzazione come premessa all’efficienza. Ripeto: Banca Prossima non è una banca etica ma una banca specializzata in un settore etico dell’economia.
Uno dei target è rappresentato dagli enti religiosi. Finora avete finanziato enti religiosi al di fuori del mondo cattolico?
Certamente sì. Non soltanto altri cristiani come i Pentecostali ma anche soggetti appartenenti al mondo islamico ed ebraico.
Secondo le vostre previsioni, come sarà l’andamento del settore no profit nel nostro paese nel breve periodo? Sta subendo il credit crunch allo stesso modo delle pmi?
La coda della crisi che stiamo vivendo sarà soprattutto sociale, con molte famiglie che perderanno potere d’acquisto. Saranno dunque sempre più importanti la crescita e l’efficientamento di alcuni settori del nonprofit (assistenza sociale, sanitaria, sostegno al reddito, aiuto alimentare). Sull’esistenza e la portata di un credit crunch si discute molto; relativamente a Banca Prossima possiamo dire che nel 2009 abbiamo più che triplicato le risorse messe a disposizione dei nostri clienti.
Avete realizzato o intendete realizzare azioni di microcredito in Italia?
Per le persone fisiche la competenza resta a Intesa Sanpaolo, impegnata in progetti di credito a Cassintegrati, immigrati, persone a rischio usura, giovani coppie, lavoratori atipici. Come tesorieri scelti dalla CEI per il suo Prestito della Speranza abbiamo “scritto a 4 mani” con Intesa Sanpaolo un piano che mette a disposizione delle famiglie in difficoltà fino a 100 milioni di euro. Tra i clienti di Banca Prossima, inoltre, figurano quasi tutte le nonprofit impegnate nel microcredito. Infine, i nostri prestiti alle organizzazioni minori (gli asili nido, ad esempio) rientrano a pieno titolo nella microfinanza.
Trattate anche con derivati, swap?
Abbiamo le competenze per poterlo fare, ma la nostra scelta è stata quella di non offrire soluzioni del genere, che sono percepite dalla nostra clientela come poco trasparenti o comunque “ostiche”.
Leggi la prima puntata dell'Inchiesta: Banca Etica vince la sfida della crisi economica
(a cura di Alessandra Flora)
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