Parlamento UE: anche con hard Brexit, Londra deve pagare il dovuto
In una risoluzione approvata in plenaria a Strasburgo, il Parlamento europeo conferma il proprio sostegno alla posizione UE: anche in caso di hard Brexit, Londra dovrà comunque pagare gli obblighi finanziari.
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Con 544 voti a favore, 126 contrari e 38 astensioni, il Parlamento europeo ha confermato a grande maggioranza il proprio supporto alla linea negoziale sulla Brexit adottata dalla Commissione nel dialogo con Londra.
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Hard Brexit e obblighi finanziari
Nelle scorse settimane il premier inglese Boris Johnson ha affermato che in caso di “no deal”, Londra non pagherà nulla di quanto dovuto all'Unione europea.
Dinanzi a tale scenario, nella risoluzione di ieri i parlamentari europei hanno invece ribadito che “in caso di recesso senza accordo, gli obblighi finanziari e di altro tipo del Regno Unito continueranno ad esistere”, aggiungendo che, in tali circostanze, il Parlamento europeo “rifiuterà di dare il proprio consenso a qualsiasi accordo tra l'UE e il Regno Unito, a meno che e fintantoché il Regno Unito non rispetti i propri impegni”.
L’accordo di recesso, infatti, “prevede una liquidazione finanziaria una tantum del Regno Unito che comprende tutte le sue responsabilità giuridiche derivanti dagli impegni pendenti e copre altresì le voci fuori bilancio, le passività potenziali e gli altri oneri finanziari direttamente derivanti dal recesso del Regno Unito”.
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Proroga si, ma a certe condizioni
Nella risoluzione l'Eurocamera ha preso posizione anche sulla concessione di un’eventuale proroga del periodo di negoziazione, se richiesta dal Regno Unito.
Lo scorso 9 settembre, infatti, il Parlamento inglese ha adottato una legge che obbliga il governo del Regno Unito a chiedere una proroga qualora non si raggiunga un accordo con l'Unione europea entro il 19 ottobre 2019.
In tale contesto, gli eurodeputati si sono detti disponibili a venire incontro alle richieste di Londra, a condizione però che l’ulteriore dilazione dei tempi della Brexit sia giustificata e avvenga con uno scopo preciso (come quello di evitare un’uscita senza accordo, svolgere elezioni generali o un referendum, revocare l'articolo 50 o approvare un accordo di recesso). Tutto ciò, chiaramente, nel limite che tale proroga non incida sui lavori e sul funzionamento delle istituzioni europee.
Che fare con l'Irlanda del Nord
Secondo i parlamentari europei una Brexit senza accordo “sarebbe interamente responsabilità del governo britannico”, incluse le ricadute che essa avrebbe “per la frontiera tra l'Irlanda del Nord e l'Irlanda, nonché per il funzionamento e l'attuazione dell'Accordo del Venerdì santo”.
La Brexit, infatti, avrà delle evidenti ripercussioni sulla situazione irlandese e un recesso senza accordo complicherebbe non poco il quadro.
Secondo i parlamentari europei, l’accordo di recesso fornisce il necessario meccanismo di backstop per salvaguardare lo status quo in Irlanda, proteggendo l'Accordo del Venerdì Santo e garantendo la cooperazione nord-sud.
Tuttavia, dinnanzi alle insistenze del governo britannico sulla necessità di eliminare il backstop dall'accordo di recesso, senza aver però presentato “proposte giuridicamente funzionali che possano sostituirlo”, gli eurodeputati mettono sul tavolo anche la propria disponibilità a ritornare alla proposta originaria dell'UE per un dispositivo di protezione solo per l'Irlanda del Nord, o ad esaminare altre "soluzioni alternative" purchè giuridicamente e operativamente credibili e in linea con i principi guida dell'UE.
In questo secondo caso, però, nella risoluzione si legge che il Parlamento europeo “ritiene che spetti al Regno Unito presentare per iscritto proposte di soluzioni alternative pienamente funzionali, che affrontino in modo esauriente tutte le ispezioni e tutti i controlli effettuati alle frontiere esterne dell'Unione”.
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