Piani integrati PNRR: a rischio i fondi per il Sud
Il rischio che le città del Sud non presentino progetti validi per il bando PNRR sui Piani integrati è concreto. E il MIMS non esclude di dover ricorrere ad altri fondi con tempistiche meno stringenti. Dopo il bando sulle infrastrutture irrigue, quindi, a marzo potremmo trovarci con una nuova occasione mancata di usare il Recovery per ridurre i divari Nord-Sud.
Perchè non si riesce ad assicurare al Sud il 40% dei fondi PNRR
Il tema è emerso il 14 dicembre, nel corso dell’audizione del ministro Enrico Giovannini in commissione ambiente alla Camera, dove il titolare del MIMS ha fatto il punto sui fondi del PNRR destinati alla rigenerazione urbana.
A suscitare preoccupazione è il bando da 2,7 miliardi attualmente in corso sui Piani Urbani integrati, rivolto alle città metropolitane.
Nonostante la procedura abbia infatti pre-ripartito le risorse sulla base di una serie di indicatori, assegnando oltre 1,2 miliardi alle sette città del Sud (Bari, Cagliari, Catania, Messina, Napoli, Palermo e Reggio Calabria), resta il pericolo concreto che alla fine le amministrazioni meridionali non presentino progetti validi per accedere effettivamente alle risorse.
Il nodo della progettazione per i bandi del PNRR
Due le criticità principali alla base del timore che a marzo, alla chiusura del bando, le proposte presentate dal Sud saranno poche e/o di scarsa qualità. Da un lato, l’importo unitario dei progetti che non può essere inferiore a 50 milioni di euro. Dall’altro, il problema legato alle capacità di progettazione delle amministrazioni meridionali, già messo in luce da un recente dossier dell’Ufficio parlamentare di bilancio sui pericoli di attuazione del Piano da parte degli enti territoriali.
Come sottolineato durante l'audizione dal deputato siciliano Adriano Varrica, “stiamo parlando di strutture territoriali che a stento riescono a portare avanti l’ordinario. Pensare che queste strutture possano presentare studi di fattibilità di questo importo in due mesi è assolutamente distante dalla realtà”. “Di fatto - ha quindi concluso Varrica - oltre 1 miliardo di fondi non arriverà neanche alla fase di istanza”.
Da qui la proposta, non accolta dal governo, di permettere “alle città metropolitane di presentare progetti preliminari che poi, una volta finanziati, potevano svilupparsi in studi di fattibilità e nelle altre fasi progettuali”.
Il tema vero che quindi si pone (e che non vale solo per il bando sui Piani integrati), ha proseguito Varrica, “è che in questo slancio della corsa del PNRR, il rischio che si sta concretizzando è quello che si vada avanti sulla base di quelle che sono le strutture più in forma (e che non sono quelle del Mezzogiorno) o grazie ad interventi nel cassetto” (e che, anche in questo caso, non sono al Sud).
Non a caso, sottolinea Varrica, qualche giorno fa il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha dichiarato che sia il Comune sia la Città metropolitana sono disponibili ad avanzare progettualità nel caso in cui ci dovessero essere delle risorse non assorbite da parte di altre realtà.
Da qui la domanda al ministro Giovannini su cosa stia pensando di fare il governo per “non far diventare il PNRR una misura che alla fine andrà a spaccare ancora di più il Paese in due”.
Che si fa se i soldi del PNRR non arrivano al Sud?
Se davvero i timori dovessero concretizzarsi, lo scenario ipotizzabile sulla base della risposta di Giovannini, è che si useranno altre fonti di finanziamento.
Il livello di maturità progettuale e le scadenze ravvicinate per la presentazione delle proposte, ha infatti spiegato Giovannini, hanno a “che fare con i tempi straordinariamente ristretti del PNRR che, nel caso particolare dei Piani integrati (ma lo stesso vale anche per il Pinqua)” hanno come data di scadenza giugno 2026.
Interventi come la PNRR Academy (per aiutare gli amministratori a trarre il massimo dalle nuove procedure rapide previste per il Piano) possono certo dare una mano. Ma è chiaro - ha aggiunto il ministro- che “non risolvono il problema della progettazione che non ha tanto a che fare con la procedura di avvio delle gare, ma proprio con la capacità progettuale". Per questo, ha affermato Giovannini, “non c’è dubbio” che il rischio paventato da Varrica esista.
“Vorrei ricordare - ha però aggiunto il ministro - che ci sono altri strumenti che possono andare in questa direzione, tra cui il Fondo sviluppo e coesione (...), che hanno una minore concentrazione nel tempo perché non sono legati al 2026”.
“Il tema - ha quindi confermato Giovannini - è alla nostra attenzione e seguiremo attentamente l'evoluzione, ragionando insieme su come si può evitare che eventuali problemi nella progettazione possano non solo impedire l'uso di certi fondi, ma anche l’uso di altri fondi”.
“Negli incontri che ho avuto con i presidenti di regione, ho fatto presente la necessità che le regioni (ma questo vale anche per i comuni), investano maggiori risorse sulla progettazione prima dell'assegnazione dei fondi”. “Capisco - ha aggiunto Giovannini - che questo possa sembrare un controsenso rispetto alle logiche finora seguite. Ma credo sia l'unico modo per farsi trovare pronti” sia per la partita dei fondi europei 2021-2027, sia per abbattere drasticamente i tempi di realizzazione degli interventi, ha concluso il titolare del MIMS.
Foto di Jimmy Chan da Pexels
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