Trasparenza, dati e capacità amministrativa alla base della gestione dei fondi UE

 

Foto di Mikael Blomkvist da PexelsSe la macchina non funziona, non importa quanta benzina inseriamo, perchè la macchina resterà in panne. Una metafora che spiega bene il circolo vizioso alla base della (mancata) spesa dei fondi UE, che per funzionare richiede una buona capacità amministrativa. Il punto cruciale è, pertanto, come migliorare tale capacità, capendo su quali problemi intervenire. Per farlo servono i dati sulle performance delle PA che, però, vivono ancora gli obblighi di trasparenza come un fardello e non come la chiave per risolvere strutturalmente i problemi e ricevere un’assistenza tecnica che serva davvero.

Guida al PN Capacità per la Coesione 2021-2027

E’ questo, in buona sostanza, il messaggio che esce dall’evento di presentazione dell’Atelier di sperimentazione “Trasparenza, Legalità ed Efficienza” di ITALIAE, un Progetto del PON Governance 2014-2020 che, tra i risultati ottenuti, ha anche una web-app che permette alle amministrazioni locali di semplificare e automatizzare gli obblighi di trasparenza, fornendo dati facilmente leggibili e monitorabili, che permettono di capire le inefficienze esistenti e - in prospettiva - di fornire soluzioni mirate per risolverle.

Può sembrare una goccia in mezzo al mare. Ma un’analisi senza dati, è solo un’opinione. E di opinioni campate in aria questo Paese non ha più bisogno.

Servono invece informazioni verificabili, indicatori di performance e un monitoraggio illuminato dell’azione amministrativa che permettano di risolvere i problemi che davvero esistono, in modo da consentire a tutte le pubbliche amministrazioni (anche e soprattutto le più piccole) di accedere alle risorse disponibili e di spenderle bene.

L’Italia deve dimostrare che la politica di coesione funziona

L’Italia ha, dunque, una montagna da scalare. A dirlo è Nicola De Michelis, Direttore della DG Regio della Commissione Europea, fornendo alcuni numeri che inquadrano bene il problema.

Fino a 2020, il nostro Paese rendicontava in media 4 miliardi di euro l’anno. Dall’anno scorso, invece, l’Italia deve certificare 30 miliardi l’anno.

Secondo dato. Tra il 2014-2020 per la digitalizzazione è stato stanziato all'incirca 1 miliardo di euro, (anche con qualche difficoltà di spesa). Oggi per la digitalizzazione ci sono complessivamente sui 21 miliardi di euro.

Questa montagna da scalare, ha scatenato in questi mesi un dibattito su chi spende bene e chi spende male. Un dibattito certamente utile, anche come pungolo per le PA a fare il meglio che possono. Ma a un certo punto della fiera, spiega De Michelis, il dibattito va chiuso e bisogna tirare fuori delle risposte su come migliorare la capacità di spesa delle nostre PA.

Ci troviamo senza dubbio in una fase congiunturale che sembra la tempesta perfetta, se così si può dire, dove alla chiusura del vecchio ciclo di programmazione 2014-2020, si sommano: il PNRR, che ha messo a disposizione una quantità di risorse mai viste prima; l’avvio della nuova programmazione 2021-2027, che ormai sta partendo in ritardo di tre anni; e dulcis in fundo, l’avvio il prossimo anno del dibattito su come costruire il bilancio UE post 2027.

Un tavolo - quest’ultimo - a cui l’Italia rischia di trovarsi in una posizione molto difficile, se non vi arriverà avendo risolto (o quanto meno identificato come risolverlo) il problema della capacità di spesa della macchina amministrativa, sopratutto comunale e regionale.

La questione - spiega sempre De Michelis - va affrontata contemporaneamente su due fronti. Da un lato bisogna capire cosa mettere in campo per affiancare le amministrazioni pubbliche, soprattutto comunali. Dall’altro, bisogna capire come garantire un monitoraggio attento e una metrica efficace, che permettano di valutare la performance delle pubbliche amministrazioni.

Per questo la Commissione UE ha voluto - sottolinea De Michelis - un grande Programma da oltre 1 miliardo di euro, dedicato esclusivamente al rafforzamento della capacità dei beneficiari (cioè degli enti ultimi che fanno le cose sul territorio) con una serie di punti importanti da rispettare. Tra questi, l’impegno da parte del governo “di avere un sistema di monitoraggio e di conoscenza delle cose da fare estremamente dettagliato, per poter poi costruire interventi che siano informati e siano basati su una conoscenza capillare di quel che succede a livello locale per poter decidere quanta gente assumere, con quale contratto, con che profilo, per metterla dove e per fare cosa”, spiega De Michelis. 

Il riferimento è chiaramente al Programma Cap-COE che, tra le altre cose, permetterà di portare all’interno delle amministrazioni (soprattutto locali) quasi 2.000 persone per far funzionare la politica, soprattutto dove sono state identificate in passato delle difficoltà. “Da qui - sottolinea il dirigente della Commissione - la necessità di un’analisi dettagliata su dove sono le fragilità per capire che tipo di investimenti fare e dove”.

Il funzionamento del Cap-COE è dunque fondamentale per risolvere i problemi strutturali che l’Italia ha da decenni nella spesa dei fondi europei. Sul tema De Michelis non nasconde però una certa preoccupazione, considerando che la discussione sul tema è ancora aperta e che il tempo inizia a diventare un fattore critico.

La posta ultima che è davvero in gioco, infatti, è di permettere all’Italia di arrivare ai prossimi appuntamenti chiave a Bruxelles con una risposta convincente sul tema delle capacità amministrativa e di spesa dei fondi europei.

Una strada tutta in salita, se è vero che negli ultimi quattro negoziati sul quadro finanziario europeo a cui ha partecipato De Michelis, la discussione che abbiamo avuto sulla politica di coesione alla fine ha riguardato essenzialmente la percezione che essa in Italia non funziona.

Dati e trasparenza: dalla web-app ITALIAE alla piattaforma unica della trasparenza dell’ANAC

In tale contesto, è evidente che le amministrazioni non dovrebbero vivere gli obblighi di trasparenza come l'ennesimo fardello burocratico, bensì come lo strumento principe per spendere bene le risorse pubbliche, spiega il presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia.

La finalità della trasparenza, infatti, non è solo quella di consentire la verifica di ciò che si sta facendo, ma anche quella di permettere di costruire interventi davvero utili e di correggere le cose che non vanno.

Serve dunque una rivoluzione copernicana che porti le amministrazioni a cambiare atteggiamento nei confronti degli obblighi di trasparenza, e per farlo il fattore su cui puntare è la digitalizzazione.

Non è un caso, infatti, che sia il Progetto ITALIAE, sia l’ANAC abbiano puntato su sistemi digitali capaci di ridurre gli oneri in capo alle singole amministrazioni, semplificandoli e automatizzandoli.

Da un lato, infatti, ITALIAE è pronta a mettere a disposizione una web-app che permette potenzialmente a tutte le pubbliche amministrazioni di integrare nella propria pagina sulla trasparenza un sistema che aggrega dati già esistenti e li rende disponibili in maniera chiara. Un sostegno tecnologico indispensabile, soprattutto quando si tratta di piccoli Comuni. Come spiega infatti Giovanni Vetritto, Direttore del Dipartimento Affari Regionali e Autonomie Locali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, considerando che 1 italiano su 4 è servito da enti la cui capacità amministrativa è molto bassa (perchè molto piccoli), ITALIAE supporta l'aggregazione e la cooperazione tra tali enti, l’unica soluzione per avere standard più elevati. Tale cooperazione necessita però di un supporto tecnologico in grado di facilitare le aggregazioni di funzioni amministrative, raccogliendo dati e monitorando le performance. Dare un supporto a fenomeni aggregativi senza offrire al contempo strumenti che forniscono monitoraggio e rendicontazione significa, infatti, dare un supporto zoppo a tale processo.

Dall’altro l’ANAC punta a creare una piattaforma unica della trasparenza che, una volta in funzione, porterà vari benefici tra cui: un risparmio di tempo e risorse per le pubbliche amministrazioni che non dovranno più avere una sezione "amministrazione trasparente" da alimentare da sole; la possibilità di confrontare i dati; un alleggerimento degli oneri di compilazione perché un dato già presente in qualche database non andrà inserito di nuovo.

La digitalizzazione permette, finalmente, di rendere conveniente la trasparenza che da onere può e deve diventare una risorsa che consente di programmare, gestire e spendere le risorse pubbliche in maniera efficiente ed efficace, grazie a quella conoscenza capillare dei territori e delle situazioni di cui parlava De Michelis.

Foto di Mikael Blomkvist da Pexels

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