BCE: a rischio target climatici UE senza aumento investimenti green

 

Foto di Art-x A.I artxai da PixabayPer raggiungere i suoi obiettivi climatici, l’UE deve aumentare significativamente gli investimenti verdi, potenzialmente di 558 miliardi di euro in più all’anno. Se così non fosse, l’Unione non riuscirebbe a perseguire una transizione verde di successo nei tempi stabiliti (cioè entro il 2050). E’ il monito che viene dal report della BCE (Banca Centrale Europea) “Investing in Europe’s green future”. 

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Il documento analizza i fabbisogni di investimento verde in Europa fino al 2030, evidenziando come la transizione verde sia “high capital intensive”, ovvero un “processo intensivo in termini di capitale”, che richiede quindi ingenti finanziamenti. La Banca esamina in particolare le stime disponibili relative alla necessità di investimenti green al 2030 e analizza i finanziamenti stanziati finora, soffermandosi anche su questioni legate alla possibile evoluzione del panorama degli investimenti, al mercato dei capitali e al contesto normativo. Su quest’ultimo tema, un punto cruciale per la BCE riguarda la necessità di ridurre gli oneri normativi - che oggi pesano non poco sulle performance aziendali - salvaguardando al contempo gli ambiziosi obiettivi climatici dell’UE.

Le necessità di investimenti green nell’UE per raggiungere il net zero

Il report della BCE parte da una premessa fondamentale: Bruxelles deve effettuare investimenti significativi in tecnologie verdi e nell’efficienza energetica per allineare la decarbonizzazione e la trasformazione economica dell’UE con l’obiettivo del net-zero al 2050. Un traguardo che deve essere raggiunto, ricorda la Banca centrale, senza minare la competitività a lungo termine dell’Europa, come evidenziato anche nel recente rapporto Draghi.

Ciò detto, le stime sulle esigenze di investimenti green dell’UE non sono puntuali, tanto che gli studi attualmente disponibili indicano esigenze aggiuntive di investimenti verdi tra il 2,9 e il 4% del PIL dell’UE all’anno fino al 2030 (calcolato sulla base dei prezzi costanti del 2023). Ad esempio, se si prendono in considerazione i dati della Commissione UE riportati nel report della BCE, in termini di investimenti green complessivi l’Europa dovrà investire fino a 1,2 trilioni di euro all’anno fino al 2030 per sostenere la transizione verde, ovvero l’8,9% del PIL dell’UE del 2023. In dettaglio, secondo l’Esecutivo europeo, nell’Unione tra il 2010 e il 2020 sono stati indirizzati, in media, alla riduzione delle emissioni GHG 764 miliardi di euro all’anno, cioè il 5,5% del PIL dell’UE del 2023 e il 24% degli investimenti totali reali europei del 2023. Ma per raggiungere l’obiettivo del 2030, la Commissione stima che siano necessari 477 miliardi di euro di investimenti verdi aggiuntivi ogni anno (ovvero il 3,4% del PIL del 2023). La maggior parte degli investimenti aggiuntivi sarà necessaria per rendere più sostenibile il settore dei trasporti e migliorare l'efficienza energetica degli edifici residenziali, come si vede nel grafico di seguito.

Necessità stimata di investimenti green nell’UE

grafico 1

Vi sono poi altre istituzioni che prevedono un volume complessivo inferiore per gli investimenti verdi totali, rispetto alle stime della Commissione europea, con valori che vanno da 738 miliardi di euro dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), a 891 miliardi di euro stimati da Bloomberg NEF. 

Confronto tra le diverse stime sulla necessità di investimenti green nell’UE

grafico 2

Le significative discrepanze tra le diverse stime delle necessità di investimento verde, sostiene la BCE, possono essere attribuite a vari fattori, tra cui i differenti benchmark storici utilizzati, differenze legate ai settori coperti o alle metodologie e agli approcci adottati. Al di là delle specifiche differenze, però, un filo conduttore è che tutte le stime sui fabbisogni di investimenti green sono cresciute in modo significativo negli ultimi anni, in parte per adeguarsi agli obiettivi di decarbonizzazione sempre più ambiziosi, ma anche come conseguenza del fatto che ci sono stati diversi ritardi negli investimenti effettivi, che hanno provocato un deficit di finanziamento che secondo l’IEA dal 2021 (considerando lo scenario net-zero al 2050) è pari a circa 66 miliardi di euro all’anno. Tra le possibili ragioni di questi deficit figurano uno scarso accesso ai finanziamenti, l’incertezza delle politiche climatiche e un quadro normativo che non supporta (o addirittura ostacola) la transizione verde, spiega la BCE. 

Fabbisogni di investimento specifici per settore

I settori che presentano una maggiore necessità di investimenti green da qui ai prossimi anni sono l’energetico e quello dei trasporti. 

L’investimento nell'approvvigionamento energetico dovrebbe essere, secondo la BCE, “la spina dorsale” della transizione energetica in Europa. Ad esempio, nel settore dell'energia eolica l'UE prevede di installare 10 GW di eolico offshore entro il 2030, ma Bruxelles punta anche a investire in tecnologie altamente innovative come il biometano, l’idrogeno verde, o i dispositivi per l’energia derivante dalle maree e dal moto ondoso. Alla luce di questi interventi necessari per attuare la transizione energetica, la Commissione europea stima un fabbisogno di investimento di circa 100 miliardi di euro all’anno, in particolare nel sottosettore dell’elettrificazione. 

Per quanto concerne, invece, il settore dei trasporti, l’intervento si rende necessario perché è un settore che ha visto un progressivo e considerevole aumento delle emissioni GHG, un dato che secondo la BCE impone la necessità di affrontare velocemente la sfida dell’elettrificazione e dell’aumento dell’efficienza energetica, nonché dell’uso di biocarburanti come fonte per alimentare i mezzi di trasporto. Secondo le stime della Commissione UE, il settore dei trasporti (ad eccezione di quello pubblico) avrà bisogno di circa 205 miliardi di euro all’anno di investimenti green tra il 2021 e il 2030.

Fabbisogno di investimenti green specifico per Paese

In merito ai fabbisogni di investimento specifici per Paese, la BCE sottolinea come non siano disponibili dati puntuali a causa della mancanza delle informazioni che sarebbero dovute essere presenti nei Piani Nazionali Energia e Clima (PNIEC) degli Stati membri entro giugno 2024 (non ancora condivise con Bruxelles). Tuttavia, BloombergNEF fornisce un’interessante riflessione sulla percentuale di investimenti dedicati alla transizione di ciascun Paese, segnalando che nel 2023 Germania, Francia, Spagna e Italia erano tra i primi dieci Paesi a livello mondiale per investimenti nella transizione energetica in termini assoluti, con la maggior parte dell'investimento che si è concentrata nella categoria del trasporto elettrificato. Per quanto riguarda la percentuale specifica dell’Italia di investimenti green registrati, essa secondo Bloomberg ammonta al 13% nel 2023. 

Il ruolo del settore privato per finanziare il fabbisogno di investimenti green

Il significativo fabbisogno di investimenti green in tutta l’UE richiede un intervento sostanziale del settore privato, chiamando in causa banche e aziende. 

Nel sistema finanziario dell’area attuale dell’euro, le banche svolgono un ruolo cruciale nel garantire l'accesso ai finanziamenti per la transizione, tanto che la loro valutazione dei rischi climatici influenza sempre più le decisioni di approvazione dei prestiti e la determinazione dei prezzi, sulla base di requisiti normativi e di divulgazione via via più severi. Tuttavia, secondo la BCE le banche finora non hanno apportato, nei portafogli di prestiti, gli aggiustamenti adeguati a contribuire in modo decisivo alla riduzione delle emissioni finanziate dalle aziende dell’eurozona (in pratica non hanno ancora ridotto in modo sostanziale gli investimenti alle imprese altamente emissive, come quelle dei settori manifatturiero, energetico e dei trasporti, mantenendole nei propri portafogli). In merito a questo tema la BCE aggiunge un altro dato nel report: “basandosi sul campione delle istituzioni significative dell'area dell'euro, composto principalmente da istituzioni globalmente sistemicamente importanti e banche d'investimento, solo il 10% di queste banche (con il primo decile che corrisponde a circa dieci banche, ordinate in base alla loro impronta di carbonio media ponderata) finanzia circa il 50% delle emissioni di carbonio totali delle imprese, mentre detiene il 30% dei prestiti aziendali totali nell'area dell'euro. Questa quota più elevata di emissioni di carbonio rispetto alla loro quota di prestiti aziendali indica una concentrazione delle emissioni finanziate nei portafogli di prestiti di poche banche”. Ciò suggerisce che le banche con maggiori emissioni finanziate tendono ad avere portafogli più inclini verso imprese ad alte emissioni, indicando una certa specializzazione delle banche nei prestiti alle imprese dei settori ad alte emissioni.

Per approfondire: Come il credito bancario influenza la propensione delle imprese a investire nella sostenibilità

Transizione green e mercati dei capitali

Anche i mercati dei capitali svolgono un ruolo cruciale nella transizione verde a livello globale, mobilitando e allocando i finanziamenti, nonché “integrando i prestiti bancari e i finanziamenti pubblici”. Negli ultimi anni, i mercati dei capitali verdi hanno registrato una rapida crescita, con importi in circolazione di titoli di debito sostenibile emessi a livello globale che sono aumentati di sei volte dal 2018. Questa crescita ha subito un’accelerazione dopo la pandemia, ma recentemente ha subito una fase di stagnazione, come si vede nel grafico di seguito (pannello a). Nel pannello b, si osserva come anche gli asset in gestione da parte di fondi di investimento e investitori istituzionali con mandati di sostenibilità mandati sostenibili hanno registrato una crescita simile dal 2018. Il pannello c, invece, mostra come la recente crescita del numero di ETF (Exchange Trading Funds) ESG (Environmental, Social e Governance) sia alimentata a livello globale dalla proliferazione di indici di mercato ESG, tra cui quelli di MSCI, FTSE, S&P, ed Euronext. “Questa espansione ha facilitato l'accesso degli investitori individuali ai mercati finanziari green, ma ha anche aumentato la complessità dei mercati ESG, poiché la diversità dei prodotti disponibili e le metodologie varie potrebbero complicare la capacità degli investitori di valutare l'allineamento di questi strumenti finanziari con i loro specifici obiettivi ESG”, spiega la BCE. 

Crescita della finanza verde dal 2018

grafico 3

Il ruolo del settore pubblico come catalizzatore per sbloccare il capitale privato

A complemento degli investimenti del settore privato, è necessario che sia presente un sempre più forte sostegno pubblico, al fine di soddisfare il fabbisogno di investimenti in un lasso di tempo relativamente breve. 

A disposizione del settore pubblico per sostenere la transizione green, ci sono diversi mezzi: investimenti verdi pubblici diretti o indiretti (cioè sotto forma di sovvenzioni, prestiti pubblici, crediti d'imposta e garanzie). “Considerando lo spazio fiscale limitato, le risorse pubbliche disponibili devono essere utilizzate nel modo più efficiente, concentrandosi su aree con il massimo potenziale per attrarre investimenti privati”, si legge nel report. Inoltre, aggiunge la BCE, altri strumenti essenziali per stabilire gli incentivi giusti per il settore privato al fine di accelerare e finanziare la transizione verde sono rappresentati dalla creazione di un ambizioso sistema di pricing del carbonio e dall’attuazione di riforme strutturali.

Parlando di fondi pubblici a livello europeo e nazionale, il maggiore contributo arriva dal RRF (Recovery and Resilience Facility, il dispositivo per la ripresa e la resilienza), come si vede nel grafico. 

Fondi pubblici europei disponibili per la transizione verde

grafico 4

Attualmente, i fondi RRF impegnati per gli obiettivi climatici, resi operativi a livello nazionale dai diversi PNRR, superano significativamente l’obiettivo di almeno il 37% dei fondi totali stabilito dal regolamento del dispositivo (ovvero 240 miliardi in termini cumulativi per l’UE nel periodo 2021-2027). La media di molti Stati membri, infatti, si attesta intorno al 42% dei fondi totali del RRF (circa 275 miliardi di euro). 

I fondi RRF impegnati per raggiungere gli obiettivi climatici hanno un impatto particolarmente significativo in termini di mobilitazione degli investimenti privati, perché il settore privato è il maggiore beneficiario dei fondi dei PNRR (riceve almeno il 46% delle spese del RRF per il clima). Tuttavia, specifica la BCE, al momento esiste un considerevole arretrato nell’assorbimento dei fondi RRF, tanto che a metà 2024 solo il 20% (circa 55 miliardi di euro) dei fondi RRF destinati al clima era stato effettivamente erogato. Secondo la Banca, il basso tasso di assorbimento - che in futuro potrebbe provocare un gap di finanziamento pubblico - è legato alla complessa struttura di governance dello strumento RRF, ma anche a questioni connesse agli appalti pubblici e alle normative sugli aiuti di stato. “Inoltre, i colli di bottiglia sul lato dell'offerta, sotto forma di carenze di specifici input, inclusi la disponibilità di manodopera, nonché l'aumento dei costi energetici, hanno probabilmente avuto un effetto frenante sulle attività di investimento verde finanziate dal RRF”, puntualizza la BCE.

Infine, nel capitolo investimenti pubblici per il clima rientra anche l’operato delle banche pubbliche di sviluppo, come la BEI (Banca europea per gli investimenti), che ha sostenuto l'azione climatica e la sostenibilità ambientale con un ammontare di 49 miliardi di euro nel 2023, parzialmente supportata da programmi dell'UE come InvestEU. 

Altri strumenti e azioni concrete per sostenere gli investimenti green dell’UE

A conclusione del report, la BCE fa il punto su altri strumenti e interventi che possono essere introdotti (o migliorati) per realizzare la transizione verde in Europa. 

Anzitutto, sottolinea la Banca, le politiche strutturali - tra cui rientrano la Politica di Coesione, il Fondo Sociale Europeo Plus e la Politica Agricola Comune - stanno guidando la transizione verso un’economia a impatto climatico neutro, favorendo investimenti privati e riducendo il peso della spesa pubblica. Nel complesso, tali politiche facilitano la riallocazione delle risorse da settori ad alta intensità di carbonio verso attività sostenibili, promuovendo innovazione, nuovi modelli di business e tecnologie a basse emissioni. 

In secondo luogo, le politiche che promuovono l’innovazione verde dell’UE, dopo una fase di stagnazione, hanno ripreso slancio dal 2017. L’Unione, infatti, detiene un quinto delle tecnologie pulite globali, sebbene sia chiamata ora ad affrontare la rapida ascesa della Cina. Tra i settori più importanti per la transizione e per la tutela della competitività industriale europea, ricorda la BCE, vi sono le energie rinnovabili, lo stoccaggio dell’energia, il riciclo dei rifiuti e i trasporti sostenibili.

Un altro strumento efficiente per indirizzare gli investimenti verso innovazione ed efficienza energetica è la tassazione sul carbonio. In Europa, il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) funge da tassa indiretta sul carbonio. Recenti riforme, come l'introduzione di un ETS specifico per il trasporto e il riscaldamento degli edifici (ETS II), puntano a una maggiore incisività, sebbene il tasso effettivo di carbonio resti inferiore ai livelli necessari per centrare gli obiettivi climatici al 2030. Inoltre, al fine di garantire un certo consenso sociale, tali imposte devono essere accompagnate da misure redistributive a favore di famiglie e imprese vulnerabili.

Guardando a interventi migliorativi su cui Bruxelles dovrebbe puntare per accelerare la transizione, la BCE evidenzia la necessità di colmare la carenza di competenze legate alle tecnologie verdi. A ciò si aggiungono le criticità legate al quadro normativo europeo che, seppur orientato alla tutela ambientale, rappresenta spesso un ostacolo per gli investimenti verdi, complicando le procedure di pianificazione e aumentandone i costi. 

Il peso della normativa sulle aziende dell’UE

grafico 5

Infine, a poter rappresentare un punto di svolta nella mobilitazione dei fondi verso la transizione ecologica, vi è la creazione di una vera unione dei mercati dei capitali, finora ostacolata da vincoli nazionali.  

Leggi anche: Foti, possibile non spendere tutti i fondi PNRR. In arrivo una nuova revisione

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