Bassan, Roma Tre: aumentare l'importo dei progetti per velocizzare le erogazioni
Bandi mal congegnati, risorse impegnate all’ultimo minuto, scarsa competenza nelle imprese. Fabio Bassan, professore di diritto dell’Unione europea e coordinatore del master in Finanziamenti europei presso l’ateneo di Roma Tre, racconta quali sono le principali vischiosità che oggi rallentano la macchina delle erogazioni di fondi pubblici per l’innovazione in Italia.
Qual è la prima difficoltà da considerare?
C’è un problema che è a monte di tutto. Abbiamo un utilizzo dei fondi che è troppo segmentato: ci sono progetti piccoli, difficili da gestire, con una ricaduta sul territorio che è davvero molto limitata. Ragionando in questo modo, si creano programmi di difficile applicazione che spesso non interessano molto chi deve gestirli concretamente. Gli altri Paesi hanno progetti più ampi che sono visibili e che vengono seguiti in maniera più massiccia. Inoltre, la dimensione limitata dei progetti consente ai politici locali di gestirli in modo non trasparente. Se gli interventi sono tanti e a pioggia diventa fisiologico.
C’è una questione legata al modo in cui sono redatti i bandi?
Certamente. Noi arriviamo a fine anno con la necessità di impegnare molte risorse. Così i progetti vengono preparati di corsa e, quindi, spesso sono un po’ generici. A questo si aggiunge il fatto che i ministeri si vanno svuotando e di fatto il loro know how si va assottigliando. In questo momento, i ministeri non hanno molte professionalità da dedicare a questo tipo di questioni.
Cosa frena il rapporto tra imprese e Pa?
Se il progetto è fatto bene e definito fin dall’inizio, in teoria non dovrebbe avere difficoltà sul lato dell’istruttoria. Il problema è che non è quasi mai così, perché spesso c’è un deficit di conoscenza da parte dell’azienda. Al quale si somma la scarsa definizione dei bandi che citavo prima.
Cosa dice dei livelli locali?
Per alcuni strumenti una questione fondamentale è la gestione delle Regioni. Ci sono Regioni che veicolano in modo corretto i canali di finanziamento, e magari hanno degli sportelli dedicati, e altre Regioni che non hanno nulla. Facendo una divagazione, a questo problema abbiamo provato a rimediare con il nostro master. Creando professionalità che facciano da stimolo per la filiera.
Quanto incidono i tempi della Pa nella scarsa riuscita dei finanziamenti?
Molto, sono alla base di molte difficoltà. Prenda un’azienda o un gruppo di aziende che si mettono insieme per utilizzare i fondi. Di sicuro sono abituate a lavorare con un timing preciso, con delle scadenze. Ma alla fine l’utilizzo dei fondi, con ogni probabilità, gli verrà consentito con un ritardo di parecchi anni. Ma c’è anche un’altra questione...
Quale?
Quella dell’organizzazione delle aziende. Spesso le imprese non hanno professionalità adeguate per seguire le erogazioni. E non è il tipo di questione che possa essere inserita nella gestione ordinaria di un’azienda.
Come è possibile che non vengano spesi i fondi comunitari?
Le risorse comunitarie vanno cofinanziate. Ma l’utilizzo dei fondi europei, per i governi, è sempre l’ultima tra le priorità. Così, non potendo impiegare il denaro comunitario da solo, si finisce con il non impiegarlo perché non c’è la buona volontà di rimpinguarlo con le risorse nazionali.
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