Milleproroghe - bando periferie, associazioni contro i tagli
Sindaci, costruttori, ambientalisti, associazioni per la rigenerazione urbana parlano con una voce sola e chiedono alla Camera di non approvare l’emendamento al decreto Milleproroghe che sospende le risorse per le periferie.
> Milleproroghe - perche’ slitta la liberalizzazione del mercato energia
In un comunicato congiunto l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (ANCE), Legambiente e la Fondazione Riuso per la rigenerazione urbana e Associazione Aree Urbane Dismesse (AUDIS) chiedono al Parlamento di non bloccare le risorse già impegnate con il bando periferie.
Bando Periferie: cos’è e perché rischia lo stop
La Manovra 2016 ha stanziato i primi 500 milioni di euro per il bando dedicato al recupero delle aree degradate del nostro Paese. Risorse incrementate dalla Manovra dell’anno seguente di 1,6 miliardi provenienti dal Fondo Investimenti e dal Fondo sviluppo e coesione.
Il Bando assegnava un massimo di 18 milioni di euro per le città capoluogo e di 40 milioni per le città metropolitane, considerando il cofinanziamento pubblico-privato come premialità.
I 2,1 miliardi di euro complessivamente stanziati servono a finanziare i 120 progetti approvati; ma l’emendamento al decreto Milleproroghe approvato da Palazzo Madama - e che attende il via libera della Camera - potrebbe togliere 1 miliardo di euro destinati a progetti già avviati in 96 dei 120 Comuni vincitori del bando, per destinarli ad altri interventi.
L’appello delle associazioni
“La condizione delle periferie dovrebbe essere al centro delle politiche sociali, ambientali, energetiche, sulla sicurezza e per lo sviluppo economico: non c’è formazione politica che non l’abbia affermato in campagna elettorale. Eppure la Camera nelle prossime settimane potrebbe confermare l’emendamento già approvato al Senato che sospende i fondi per la riqualificazione delle periferie in cento città italiane, a progetti avviati o approvati, tutti co-finanziati da privati”, si legge nel comunicato.
“Parliamo di strade, risanamenti edilizi, sicurezza idrogeologica e sismica, giardini, parchi giochi, scuole, infrastrutture indispensabili a ridare decoro ai luoghi più poveri e abbandonati in città grandi, medie e piccole. Al nord, al centro, al sud indipendentemente dal colore politico di chi li governa. Parliamo della rottura di accordi che erano garantiti dallo Stato e nei quali gli Enti Locali e i privati si sono impegnati con risorse umane, tecniche ed economiche. La rottura unilaterale degli accordi non può che avere pesanti conseguenze immediate e future, con una ulteriore perdita di fiducia di tutti verso i progetti di collaborazione tra pubblico e privato nella rigenerazione delle nostre città”.
ANCI, ANCE, Legamente e AUDIS rilanciano: “Al recupero delle periferie è dunque necessario dare massima priorità, superando contrapposizioni di bandiera che rischiano di far perdere di vista l’obiettivo principale: il benessere della collettività. Per queste ragioni le nostre organizzazioni chiedono al Parlamento di liberare le risorse già approvate e impegnate e, anzi, di destinare nuovi finanziamenti alla vera rigenerazione delle città, con progetti innovativi e compatibili con l’ambiente, con selezioni più rapide che premino la qualità, ma soprattutto favorendo quei progetti capaci di incidere in modo efficace sul tessuto urbano delle zone periferiche, in particolare con interventi di demolizioni e ricostruzione migliorando la qualità della vita di chi ci abita”.
E concludono: “Un nuovo impegno del Governo, quindi, che non deve essere solo economico ma fattivo, controllando spese, tempi e risultati dei progetti, risolvendo le inefficienze burocratiche, che abbiamo più volte segnalato nei programmi precedenti, per avviare un percorso virtuoso che rigeneri le periferie facendole esempi di efficienza per tutta la città. In questa direzione, siamo disponibili da subito a collaborare su un piano che è strategico per il futuro delle nostre città, dei cittadini e del Paese”.