UE - male la crescita in Italia, impennata del deficit nel 2019
Secondo le previsioni economiche d’autunno, la crescita rallenterà in tutta la zona euro. Preoccupante il dato sull’Italia, fanalino di coda in Europa. E Bruxelles rivede il nostro deficit, che nel 2019 subirà un’impennata arrivando al 2,9%.
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Non sono rincuoranti le previsioni economiche di autunno, almeno non per l’Italia, peggio anche della Gran Bretagna alle prese con la Brexit.
Previsioni nere per l’Italia
Siamo nel gruppo di Paesi che si piazza agli ultimi posti in Europa per crescita: l'1,1% nel 2018 e l'1,2% nel 2019.
Riviste al rialzo le stime sul deficit: nel 2018 dall'1,7% previsto in primavera sale a 1,9%, per poi schizzare al 2,9% nel 2019. Il motivo? “Le misure programmate” come reddito di cittadinanza, riforma Fornero e investimenti pubblici che “aumenteranno significativamente la spesa”. Nel 2020 sfonderà il tetto del 3%, raggiungendo il 3,1%.
La Commissione precisa che tale cifra non tiene in considerazione la clausola di salvaguardia, cioè l'aumento dell'Iva, data la “sistematica sterilizzazione”.
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Previsioni per l’Europa
Secondo le previsioni la crescita nella zona euro dovrebbe rallentare, passando dal livello più elevato degli ultimi 10 anni del 2,4% nel 2017 al 2,1% nel 2018 per poi scivolare all'1,9% nel 2019 e all'1,7 % nel 2020.
Analogo andamento è previsto per l'UE a 27, con una previsione di crescita del 2,2% nel 2018, del 2% nel 2019 e dell'1,9% nel 2020.
In calo la disoccupazione
La disoccupazione dovrebbe continuare a scendere, ma a un ritmo più lento rispetto al passato, in quanto l'aumento dell'occupazione sarà frenato a termine da una crescente penuria di forza lavoro e dal rallentamento della crescita economica.
Nella zona euro dovrebbe scendere all'8,4% quest'anno e quindi al 7,9% nel 2019 e al 7,5% nel 2020.
Nell'UE a 27 la disoccupazione è stimata al 7,4% quest'anno, per poi scendere al 7% nel 2019 e al 6,6% nel 2020. Si tratterebbe del tasso di disoccupazione più basso mai registrato dall'inizio delle serie mensili sulla disoccupazione nel gennaio 2000.
Anche in Italia si assisterà a un calo della disoccupazione, ma nel nostro caso le percentuali sono, e resteranno, a due cifre: dal 10,7% del 2018 si passerà al 10,4% il prossimo anno e al 10% nel 2020.
Inflazione spinta dai prezzi del petrolio
Nel periodo di riferimento l'inflazione generale dovrebbe rimanere contenuta. Nella zona euro l'inflazione dovrebbe raggiungere l'1,8% nel 2018 e nel 2019 e rallentare fino ad attestarsi all'1,6% nel 2020.
L'aumento dei prezzi petroliferi ha determinato un aumento dell'inflazione quest'anno, e nel primo trimestre dell'anno prossimo dovrebbero continuare a registrarsi importanti effetti di base positivi. L'inflazione di fondo, che non tiene conto dei prezzi dell'energia e dei prodotti alimentari non trasformati, è rimasta relativamente contenuta quest'anno, ma dovrebbe riconfermarsi come il principale fattore alla base dell'inflazione generale nel 2020 per effetto di un aumento delle retribuzioni contestualmente alla maggiore tensione sul mercato del lavoro.
Se nella zona euro l’inflazione andrà a diminuire, lo stesso non si può dire per l’Italia: in base alle previsioni UE, infatti, sarà all’1,3% quest’anno per salire all’1,5% nel 2019 e scendere di nuovo nel 2020, quando arriverà all’1,4%.
All'orizzonte numerosi rischi, non solo Brexit
Sulle previsioni gravano molte incertezze e permangono numerosi rischi al ribasso interconnessi. Il verificarsi di uno qualunque di questi rischi potrebbe amplificare gli altri e accentuarne gli effetti.
Il surriscaldamento dell'economia negli Stati Uniti, alimentato dallo stimolo di bilancio prociclico, potrebbe determinare un aumento dei tassi di interesse più rapido del previsto, con numerose ripercussioni negative al di là degli Stati Uniti, in particolare nei mercati emergenti che sono vulnerabili ai cambiamenti dei flussi di capitali ed esposti al debito denominato in dollari statunitensi. Questo scenario potrebbe inasprire le tensioni sui mercati finanziari. Anche l'UE potrebbe risentirne, considerati gli stretti legami commerciali e l'esposizione delle sue banche.
Il previsto aumento del disavanzo delle partite correnti degli Stati Uniti potrebbe generare ulteriori tensioni commerciali con la Cina, che a loro volta potrebbero aumentare in tale paese il rischio di un aggiustamento disordinato, tenuto conto del livello di indebitamento delle imprese e della fragilità finanziaria. Un'intensificazione delle tensioni commerciali nuocerebbe anche all'UE, con effetti nefasti sulla fiducia e sugli investimenti, e tenuto conto anche dell'elevato livello di integrazione dell'UE nelle catene di valore mondiali.
All'interno dell'UE i dubbi sulla qualità e la sostenibilità delle finanze pubbliche negli Stati membri fortemente indebitati potrebbero ripercuotersi sui settori bancari nazionali, destando preoccupazioni per la stabilità finanziaria e pesando sull'attività economica.
Infine, permangono i rischi connessi all'esito dei negoziati sulla Brexit.
Commenti
Valdis Dombrovskis, vicepresidente responsabile per l'euro e il dialogo sociale, nonché per la stabilità finanziaria, i servizi finanziari e l'Unione dei mercati dei capitali, ha dichiarato: “Tutte le economie dell'UE sono destinate a crescere quest'anno e l'anno prossimo, il che porterà ad un aumento dei posti di lavoro. Tuttavia, l'incertezza e i rischi, sia interni che esterni, sono in aumento e iniziano a rallentare il ritmo dell'attività economica. Dobbiamo restare vigili e intensificare gli sforzi per rafforzare la resilienza delle nostre economie. A livello di UE ciò comporta l'adozione di decisioni concrete sull'ulteriore rafforzamento della nostra Unione economica e monetaria. A livello nazionale, diventa ancora più urgente costituire riserve di bilancio e ridurre il debito, garantendo al tempo stesso che anche le fasce più vulnerabili della società possano godere dei benefici della crescita”.
Pierre Moscovici, commissario per gli Affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane, ha dichiarato: “L'economia europea mantiene un andamento positivo, con una graduale flessione della crescita. Questa situazione dovrebbe confermarsi nei prossimi due anni, alla luce del fatto che la disoccupazione continua a scendere a livelli mai registrati da prima della crisi. Il debito pubblico nella zona euro continuerà a scendere, mentre il disavanzo resta nettamente al di sotto dell'1% del PIL. In un contesto internazionale sempre più incerto, i responsabili politici, sia a Bruxelles che nelle capitali nazionali, devono puntare a far sì che la zona euro sia forte abbastanza da far fronte a ciò che avrà in serbo il futuro”.