Digitale terrestre: per l'Europa Mediaset deve restituire i contributi
La Corte di giustizia Ue conferma che i contributi italiani per l’acquisto dei decoder digitali terrestri nel 2004 e 2005 costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune. Viene così respinto il ricorso proposto da Mediaset, che adesso dovrà procedere a rimborsare quanto percepito indebitamente. E sarà compito dei giudici italiani stabilire l’entità dell’importo.
Le emittenti radiotelevisive che hanno beneficiato indirettamente degli aiuti di Stato, secondo la sentenza emessa oggi nella causa C-403/10 P, sono tenute a rimborsare le somme corrispondenti ai vantaggi in tal modo ottenuti.
La sentenza, innanzitutto, ricostruisce la storia di questi aiuti. “Il processo di conversione dei segnali televisivi al sistema digitale, avviato in Italia nel 2001, prevedeva che il passaggio al sistema digitale si concludesse e che la trasmissione in tecnica analogica cessasse definitivamente entro il dicembre del 2006”. Data poi prorogata fino al 30 novembre 2012.
“Con la legge finanziaria del 2004 – prosegue la sentenza - l’Italia ha concesso un contributo pubblico di euro 150 ad ogni utente del servizio di radiodiffusione che acquistasse o noleggiasse un apparecchio per la ricezione, in chiaro, dei segnali televisivi digitali terrestri”. Questo contributo è stato poi ridotto fino alla somma, per ogni singolo decoder digitale, di 70 euro. Ed ha sempre escluso chi avesse voluto accedere al segnale satellitare con l’acquisto di apparecchi simili.
Sulla materia si sono inseguite varie decisioni. La prima, della Commissione, è datata 2007. In questo caso l’Esecutivo Ue osservava che questi contributi costituivano aiuti di Stato a favore delle emittenti digitali terrestri che offrivano “servizi televisivi a pagamento nonché degli operatori via cavo fornitori di servizi televisivi digitali a pagamento”. Pur sottolineando che “il passaggio dalla televisione analogica alla televisione digitale costituiva un obiettivo di interesse comune”. Per questo, la Commissione aveva ordinato il recupero degli aiuti.
Contro questa decisione Mediaset aveva fatto ricorso davanti al Tribunale dell’Unione europea, che a giugno 2010 ha però preso una nuova decisione sfavorevole all’azienda del Biscione. Da qui il ricorso davanti alla Corte di giustizia europea, deciso questa mattina.
La Corte ricorda che “ai fini della valutazione della selettività di una misura, occorre accertare se essa implichi un vantaggio per talune imprese rispetto ad altre collocate in analoga situazione di fatto e giuridica. Il Tribunale ha rilevato correttamente che i contributi di cui trattasi hanno spinto i consumatori all’acquisto di decoder digitali terrestri, limitando i costi per le emittenti televisive digitali terrestri le quali hanno potuto, in tal modo, consolidare la loro posizione sul mercato rispetto ai nuovi concorrenti”. Quindi, soggetti come Sky hanno ricevuto un pregiudizio forte dal sistema di contributi.
La sentenza si occupa, poi, della questione delle somme da risarcire. Secondo Mediaset, sarebbe la stessa Ue a dover fissare questo importo e non i giudici italiani. La Corte risponde che “il diritto dell’Unione non impone alla Commissione di fissare l’importo esatto dell’aiuto da restituire. Al contrario, è sufficiente che la decisione della Commissione consenta al destinatario stesso di determinare, senza difficoltà eccessiva, tale importo secondo le modalità previste dall’ordinamento nazionale”.
Spetterà allora al giudice nazionale, in forza di queste sentenze della giustizia europea, andare a fissare l’importo dei risarcimenti da recuperare, sulla base delle indicazioni delle modalità di calcolo fornite dalla Commissione. Tenendo presente che il tetto dei contributi di cui si parla era di 110 milioni di euro all’anno tra il 2004 e il 2005.