Stati generali dell'innovazione: ancora lunga la strada per digitalizzare la Pa
Più internet, più digitalizzazione dei processi, più innovazione nella pubblica amministrazione. Questa mattina a Roma, presso l'ateneo di Roma Tre, si sono aperti gli Stati generali dell’Innovazione, che hanno messo in fila i problemi dell'Italia e, soprattutto, della sua macchina pubblica. Mettendo a confronto gli attori politici con gli stakeholders privati durante una intensa giornata di lavori.
L’importanza cruciale del problema viene introdotta da Alessandro Giari, presidente dell’associazione dei Parchi scientifici tecnologici italiani: “Il ruolo della pubblica amministrazione in Italia è fondamentale. Da noi non ha senso parlare di innovazione senza parlare di riforma della Pa: le due cose vanno insieme”. Infatti, come è stato ricordato durante la mattinata, in Italia il 50% del prodotto interno lordo arriva da domanda pubblica.
Secondo la ricerca degli Stati generali, l’Italia conserva una struttura industriale importante, ma completamente slegata dai modelli della globalizzazione. “Produciamo strumenti musicali, oreficeria, le cose belle che ci circondano nella vita quotidiana, legate al vivere, al mangiare, al vestire”. Ma, a livello di grandi numeri, sono ancora poco considerati internet e il campo delle tecnologie innovative. Sebbene l’Italia sia, secondo i dati dell’Unctad, il secondo esportatore del mondo per le industrie creative.
Per i cambiamenti che servono, la macchina europea sarebbe fondamentale, ma viene spesso trascurata. “Sono stato di recente a Bruxelles dove ho avuto vari incontri sul tema dell’agenda digitale con componenti di diverse direzioni della Commissione - ha affermato Alfonso Molina, direttore scientifico della fondazione Mondo digitale -. Devo dire che non ho visto un sistema italiano pronto a cogliere le opportunità che offre l’Europa”.
Per Stefano Quintarelli, direttore dell’area digital del gruppo Sole 24 Ore, la responsabilità di questa situazione è in gran parte della politica. “I nostri decisori sanno perfettamente come si costruisce un palazzo, ma non hanno idea di come si avvia un’attività di e-commerce, di quali professionalità ci vogliono per metterla in piedi. Se i nostri politici pensassero “in modo digitale” molti dei nostri limiti sarebbero risolti”.
Secondo Michele Vianello, direttore generale Vega Park, le resistenze della pubblica amministrazione sono legate a filo doppio con l’impatto che la digitalizzazione potrebbe avere sulla struttura della burocrazia in Italia. “Mi dispiace dirlo, ma dobbiamo sottolineare che, se si fanno più investimenti su internet, la Pa darà lavoro a meno persone. Ma si tratta di un processo al quale non ci si può più sottrarre: in Italia non deve più esserci distinzione tra pubblico e privato, ma dobbiamo arrivare a una situazione nella quale entrambi i settori tengono lo stesso livello di produttività”.
Conclude Linda Lanzillotta, parlamentare di Api: “Sull’innovazione siamo indietro perché la politica non ha mai messo al centro gli interventi per la ricerca. Mentre noi potenziavamo la nostra burocrazia gli altri Paesi si riorganizzavano e diventavano più efficienti e competitivi”. E il ministero della Funzione pubblica e dell’Innovazione tenuto fino a pochi giorni fa da Renato Brunetta? “E’ frutto di un approccio sbagliato, è stato troppo marginale. L’innovazione deve essere un obiettivo condiviso da tutti i ministeri, non può essere lasciata a un ufficio, peraltro nemmeno il più importante, della presidenza del Consiglio”.