Sharing economy – Gnammo, proposta di legge buon punto di partenza
Intervista a Cristiano Rigon, amministratore delegato e cofounder del portale italiano del social eating Gnammo, sulla proposta di legge sulla sharing economy.
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La proposta di legge bipartisan sulla sharing economy, presentata alla Camera dall'intergruppo innovazione, prevede misure per la gestione e l’utilizzo delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e di servizi, attraverso strumenti atti a garantire la trasparenza, l’equità fiscale, la concorrenza leale e la tutela dei consumatori.
Una proposta che, secondo Cristiano Rigon, cofounder e amministratore delegato di Gnammo - startup che ha ideato un portale di social eating per prenotare pranzi o cene in case altrui attraverso Internet – rappresenta un punto di partenza su cui ragionare e condividere progettualità.
Come giudica la proposta di legge nel suo insieme?
La proposta in primis ha un valore positivo che va oltre i meri contenuti; dimostra la volontà del legislatore di approcciare una problematica in modo costruttivo, è un punto di partenza su cui ragionare e condividere esperienze e progettualità.
Crediamo che sia un atto necessario, così come fin dall'avvio di Gnammo abbiamo cercato di stare nelle regole, ben consapevoli che quelle presenti, scritte su riflessioni del tempo, non potessero accogliere questo nuovo tipo di attività. Fino ad oggi si è infatti cercato di regolare il fenomeno con leggi che sono state scritte prima dell'esplosione della sharing economy.
Ora siamo entusiasti di essere partecipi del cambiamento, e, ancor di più, di essere elementi attivi nella discussione: ricordo che siamo stati auditi dalla commissione Attività produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati in merito proprio alla presentazione di un disegno di legge di Angelo Senaldi (Pd) sempre relativo alla sharing economy, ma sul verticale Food.
Relativamente ai contenuti, la proposta ci pare ragionevole e correttamente scritta per la tutela di tutti i soggetti coinvolti, dal consumatore, ai gestori delle piattaforme, agli altri operatori del settore. Esistono margini di miglioramento ma è un ottimo punto di partenza per regolamentare il fenomeno. Siamo contenti di leggere come alcuni contenuti siano affini a temi trattati in incontri informali che Gnammo ha avuto con i membri dell'intergruppo proponente, particolarmente riguardo all'istituzione del registro delle piattaforme digitali e la loro posizione di sostituti d'imposta.
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Come giudica gli aspetti fiscali della proposta, l'obbligo di iscrizione al registro e quello di assicurazione (che secondo alcuni rischierebbero di imporre barriere burocratiche alle piattaforme della sharing economy)?
Come detto in precedenza, l'istituzione di un pubblico registro delle piattaforme digitali che permettono agli utenti di fornire ed usufruire di servizi di economia collaborativa è in linea con il nostro input all'intergruppo parlamentare da cui nasce la proposta di legge, unitamente al progetto sulla fiscalità che vede le piattaforme digitali configurarsi come sostituto d'imposta.
Questa volontà di trasparenza, che obbliga le piattaforme a dotarsi di sede stabile sul territorio italiano, se da un lato può sembrare retrò, dall'altro garantisce a tutti i soggetti operanti di partire da una base comune, uguale per tutti, quindi con parità di opportunità di sviluppo, ed uguali regole d'ingaggio. Va detto anche che l'aspetto assicurativo, che è proposto e non imposto, deve essere normato sui singoli verticali, food, trasporti, hotellerie, ecc.
Questo perché altrimenti rischiamo di creare gabbie burocratiche che non sempre hanno ugual valenza sulla trasversalità dei settori. Su questo tema Gnammo è impegnato con i maggiori player nazionali ed internazionali per studiare un nuovo prodotto assicurativo che permetta, a costi sostenibili, di essere innovativi anche in questo settore, con formule e valutazioni di rischio collettive.
Oneri e iscrizione al registro non rischiano di danneggiare le piattaforme italiane nascenti a favore dei grandi colossi della sharing economy, che non avranno problemi a sostenere tali oneri per entrare nel mercato italiano?
Al contrario riteniamo l'iscrizione al registro, seppur perfezionabile in alcuni sui contenuti, una tutela delle piattaforme italiane. Si tratta infatti di un'imposizione che forza le piattaforme estere ad essere geograficamente collocate sul territorio italiano, su cui operano il proprio business e quindi versano la relativa tassazione, cosa che oggi non è in essere, e permette quindi a qualunque gestore di operare indisturbato anche con forti iniezioni di capitale in comunicazione e marketing, cosa difficile da fare per le piattaforme come Gnammo, penalizzate da un sistema di investimenti ancora ridotto di almeno un ordine di grandezza rispetto all'estero.
Insomma, paletti che garantiscono una concorrenza leale tra i gestori delle piattaforme digitali. Inoltre, stiamo parlando di determinare termini e condizioni del servizio che sono già oggi assolutamente in linea con quanto fanno tutte le piattaforme garantendo, in qualità di intermediari, sia l'utente operatore che quello fruitore. Discutibile potrebbe essere il giudizio insindacabile dell'AGCOM, ma, come detto, è un'ottima base di partenza per una discussione costruttiva.
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