Banda larga: consultazione su aiuti di Stato in UE
Aperta fino al 5 gennaio 2021 la consultazione pubblica, promossa dalla Commissione europea, sulle norme UE relative agli aiuti di Stato per la diffusione delle reti a banda larga.
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Consultazione UE su aiuti di Stato per la banda larga
Scopo della consultazione pubblica è valutare le linee guida sugli aiuti di Stato per la banda larga - adottate nel 2013 dalla Commissione UE - insieme al regolamento UE n. 651-2014 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno (Regolamento Generale di Esenzione per Categoria - GBER), per capire se le disposizioni previste dai due documenti stanno contribuendo a raggiungere gli obiettivi dell'Agenda digitale europea e quali effetti hanno sul mercato in termini di competitività.
Nel dettaglio, le linee guida sugli aiuti di Stato per la banda larga consentono agli Stati membri di intervenire laddove esiste un fallimento del mercato, attraverso investimenti pubblici che apportano un miglioramento significativo in termini di disponibilità del servizio, capacità, velocità e concorrenza. Questo garantisce che gli interventi pubblici si concentrino su aree che altrimenti sarebbero lasciate indietro a causa dell'assenza di interesse commerciale, supportando lo sviluppo di tecnologie all'avanguardia.
Il regolamento UE n. 651-2014, invece, esenta gli Stati membri dall'obbligo di notificare le misure di aiuto a sostegno della diffusione di reti a banda larga nelle aree in cui non esistono infrastrutture della stessa categoria o sono pianificate nel prossimo futuro, purché siano soddisfatte determinate condizioni.
La consultazione pubblica è aperta a soggetti pubblici e privati, che possono partecipare rispondendo ad un questionario online entro il 5 gennaio 2021.
> Partecipa alla consultazione
Banda ultralarga in Italia: report Ambrosetti, puntare sul co-investimento
Nei giorni scorsi è stato presentato a Cernobbio, nell'ambito del Forum Ambrosetti 2020, lo studio “Lo sviluppo della Banda Ultra Larga in Italia: Prospettive, assetti organizzativi e linee d’azione”, realizzato da The European House – Ambrosetti su incarico di TIM.
La ricerca parte dall’osservazione del potenziale trasformativo della connettività – e in particolar modo della banda ultralarga – sugli assetti socio-economici del sistema-paese in quanto abilita importanti meta-obiettivi di sviluppo:
- 1. Crescita: attraverso il sostegno alla produttività multi-fattoriale;
- 2. Sostenibilità: promuovendo un paradigma economico-sociale che prevede la minimizzazione delle esternalità negative, in primis quelle di tipo sociale derivanti dal digital divide;
- 3. Resilienza: garantendo capacità di innovazione in tutte le aree di business, adattamento dei modelli operativi e velocità nel processo di riattivazione economica.
Si tratta di un’evoluzione che garantirà importanti benefici trasversali a tutti i settori economici (dalla manifattura, ai servizi, alla sanità, all’istruzione, all’agricoltura di precisione, ecc.) e alla società, ovvero capaci di impattare positivamente sulla vita e le attività sia degli utilizzatori diretti, sia di coloro che beneficiano di nuovi servizi digitali senza utilizzarli in prima persona.
Lo studio, attraverso l’implementazione e l’applicazione di un modello econometrico, mette in evidenza gli impatti della crescita della banda ultralarga per il paese. Considerando l’aumento di copertura in banda ultralarga in linea le previsioni correnti e il conseguente aumento della velocità media di connessione oltre che del numero di sottoscrizioni, si stima che il pieno dispiegamento della banda ultralarga, possa generare benefici incrementali per il sistema-paese quantificabili in +96,5 miliardi di euro di PIL cumulati tra il 2020 e il 2025 e +180,5 miliardi di euro cumulati tra il 2020 e il 2030.
Per dare impulso alla diffusione della banda ultraarga in Italia, la ricerca identifica alcune scelte competitive e di mercato necessarie e introduce il concetto di operatore di telecomunicazioni “completo”, la cui definizione viene introdotta per la prima volta in questo studio per differenziarlo dalla storica e ormai superata concezione di “operatore verticalmente integrato”, come quell’operatore che presidia la gestione dell’infrastruttura e dei servizi di accesso includendo anche quei nuovi tipi di infrastrutture resi necessari dalle evoluzioni dell’economia digitale quali cloud, data center, edge computing, ecc.
Per identificare i migliori modelli competitivi e assetti regolatori, lo studio ha condotto un’estensiva mappatura dei principali casi internazionali da cui emerge come la separazione della rete abbia un limitato impatto sulla competizione a livello retail. L’analisi dei benchmark internazionali ha evidenziato come i casi di separazione strutturale delle reti, o implementazione di modelli wholesale-only a scala nazionale, sia limitata a pochi casi quali Australia e Nuova Zelanda.
In entrambi i casi, le criticità insite in tali modelli hanno minato la capacità di raggiungere i benefici per i quali erano stati introdotti. Inoltre, l’analisi dei modelli competitivi adottati a livello europeo evidenzia come il modello wholesale only sia stato generalmente introdotto per dare stimolo allo sviluppo infrastrutturale esclusivamente in aree circoscritte e/o rurali.
Viceversa, il co-investimento è il modello alla base dei casi di maggior successo a livello internazionale in termini di diffusione delle tecnologie FTTH quali Spagna e Portogallo. Esso è inoltre stato assunto come modello di riferimento in altre nazioni come Francia e Germania intente a promuovere la diffusione della banda ultralarga.
Il rapporto vede nel co-investimento, così come previsto dall’art. 76 del Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche, una soluzione ottimale a supportare lo sviluppo delle infrastrutture per la banda ultralarga a livello nazionale, permettendo di sviluppare maggiore concorrenza infrastrutturale, ottimizzando gli investimenti di un maggior numero di operatori e stimolando l'innovazione.
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Questo studio è tra i primi a prendere posizione rispetto a questo modello, sottolineando come il co-investimento sia già di per sé una soluzione di governance capace di stimolare la libera ed indipendente partecipazione degli operatori allo sviluppo del mercato in quanto, se da un lato permette anche ad operatori minori di compartecipare allo sviluppo infrastrutturale, dall’altro permette di avere un numero maggiore di offerte di prodotti wholesale destinati a quegli operatori che decidono di non sviluppare proprie infrastrutture.
Al tempo stesso, lo studio sottolinea l’importanza della presenza di operatori “completi” capaci di presidiare tutta la catena del valore ed integrare nuove tecnologie quali cloud e edge-computing indispensabili per la messa a terra di nuovi paradigmi di digitalizzazione. I più recenti sviluppi a livello nazionale, che pongono il co-investimento alla base dell’accordo raggiunto per il dispiegamento di una rete unica nazionale, sono in continuità con il modello delineato nello studio, il quale pone le basi per definire i prossimi passaggi per valorizzare al massimo lo sviluppo della banda ultralarga in Italia.
Il co-investimento, così come delineato nel rapporto, si inserisce all’interno di un più ampio Piano d’Azione per l’Italia che si articola in sette proposte suddivise, a loro volta, in proposte di assetto competitivo, funzionali a sostenere la connettività e il take-up, e proposte di sistema per stimolare l’adozione di servizi digitali e accrescere le competenze dei cittadini. Complessivamente, il Piano d’Azione ha la potenzialità di attivare 12,2 miliardi di euro di PIL incrementali nel periodo 2020-2025 grazie all’accelerazione del dispiegamento della banda ultralarga ottenuta attraverso il modello competitivo descritto, un risparmio di costi sistemici che raggiungono i 6 miliardi di euro grazie alla non duplicazione degli investimenti infrastrutturali e ulteriori 4,7 miliardi di euro legati alla monetizzazione del benessere dei cittadini che vedrebbero superata l’attuale carenza di connettività.
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