Il cambiamento
Resistere al cambiamento è come resistere alla respirazione: si muore per mancanza di ossigeno. Il cambiamento è una costante eterna nella vita dell'uomo: significa mutazione, progresso, passaggio, trasformazione da uno stato ad un altro ed è quindi dimostrazione di vitalità e sviluppo.
Però, il cambiamento spaventa, in quanto ogni situazione nuova è fisiologicamente apportatrice di ansia. La resistenza al cambiamento è infatti elevatissima.
La necessità di un qualunque cambiamento è determinata, di solito, da uno stato di crisi, che meglio sarebbe definire, perché di fatto lo è, un temporaneo stato di passaggio.
Si chiamino crisi, passaggi o mutamenti, i cambiamenti sono però esigenze indispensabili per assicurare un rinnovamento: perché allora tanta resistenza? Perché, afferma Alvin Tofler, è aumentato il ritmo evolutivo. Ha calcolato che l’uomo ha di poco superato ottocento cicli di vita. Di questi ne ha vissuti 300 nelle caverne, dopo 700 generazioni ha scritto la Bibbia, solo da 12 generazioni dispone della stampa e nell'ultimo ciclo ha prodotto la metà dei beni oggi disponibili.
Per poter effettuare un confronto con un qualcosa a tutti noto, l'intera vita dell'homo sapiens è stata paragonata ad un'ora di orologio: se immaginiamo queste ottocento generazioni “compattate” in 60 minuti, per i primi 59 minuti non è accaduto quasi nulla di realmente significativo, mentre nei 57 secondi dell'ultimo minuto di questa misura oraria di fantasia, sono accaduti quasi tutti i veri grandi cambiamenti del progresso umano. In particolare negli ultimi 3 secondi è avvenuto lo sconvolgimento totale di tutti gli schemi di vita dell'homo sapiens. Non abbiamo avuto, insomma, il tempo per farci l’abitudine.
Ne consegue che l'immaginazione e la creatività, nonostante il loro valore, sono spesso ostacolate e inibite. Anche se Albert Einstein affermava che l'immaginazione è più importante del sapere, molte volte la creatività viene bloccata sul nascere, viene inibita a causa si una banale tautologia: le cose, sino a che non si fanno in modo nuovo, vengono fatte come sempre.
Questa ovvia constatazione è sufficiente a frenare la creatività che è presente, ma narcotizzata, in tutti noi. La tradizione, l'abitudine, la routine quotidiana, il tranquillizzante ricorso alle procedure, impediscono la nascita di un concetto divergente, creativo.
Il nostro apprendimento deriva in massima parte dagli insegnamenti di chi, avendo una esperienza maggiore di noi, ci ha indicato ‘come si fa’. E’ così che abbiamo imparato a leggere, scrivere, calcolare, guidare l'automobile, a riparare gli oggetti e via dicendo. Ogni volta che non sapevamo come si facesse una determinata cosa, abbiamo chiesto dapprima ai nostri genitori, poi abbiamo attinto dagli insegnanti a dai vari esperti quello che è oggi il nostro know how. Abbiamo quindi saputo ‘come si fa’ chiedendolo agli altri.
Questo ci ha inconsapevolmente inoculato in corpo un virus pericolosissimo, quello che ci porta a ritenere che le soluzioni stiano al fuori di noi e che ci spinge a cercare sempre le risposte negli altri.
Il fatto di chiedere come si fa e di sentircelo sempre dire, ha creato una sorta di schiavitù psicologica che ci impedisce di escogitare da soli soluzioni alternative. Dobbiamo cercare di aumentare la personale autonomia nell’individuare le possibile soluzioni.
La tecnica più semplice?
Smettiamo di chiedere come si fa e rispondiamo da soli a questa domanda: come si potrebbe fare?
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