PAC post 2020: le priorita' italiane nel negoziato UE
Disinnescare il meccanismo della convergenza esterna degli aiuti è una delle priorità italiane nel negoziato sulla PAC post 2020. E' quanto sostiene il professor Fabrizio De Filippis del Dipartimento di Economia di Roma Tre in un paper dedicato al futuro della Politica agricola comune.
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Tre priorità dovrebbero orientare il negoziato dell'Italia sulla PAC post 2020, uno dei dossier più caldi del dibattito sul prossimo Bilancio UE: modificare la convergenza esterna, accettare il cofinanziamento nazionale del primo pilastro e puntare a maggiore sussidiarietà e un approccio basato sui risultati. Sono le raccomandazioni contenute nel paper “Il futuro della Politica agricola comune nel prossimo Quadro finanziario pluriennale”, realizzato da Fabrizio De Filippis, professore presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli studi Roma Tre.
Il paper si colloca nell'ambito di un progetto condotto dall’Istituto Affari Internazionali (IAI) e dal Centro Studi sul Federalismo (CSF) e presentato a Roma in occasione del convegno “Quali priorità per l’Europa del futuro. Il Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea”.
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L'impatto della Brexit
Stretta tra il gap finanziario provocato dalla Brexit, le nuove priorità dell'Unione in tema di difesa e sicurezza e le difficoltà nel reperire risorse proprie, la più antica politica dell'Unione, che attualmente assorbe più del 35% del bilancio UE, rischia di uscire fortemente ridimensionata dal negoziato sul Quadro finanziario pluriennale post 2020.
La Brexit non rappresenta però, solo una minaccia per la PAC. Con l'uscita del Regno Unito, osserva De Filippis, verrà meno il suo contributo finanziario, ma anche l'influenza di un Paese tradizionalmente contrario a investire nella Politica agricola comune, e non si può escludere che il settore guadagni posizioni nell’agenda politica dell’UE.
La battaglia sul criterio della superficie
Il futuro della PAC, osserva De Filippis, dipenderà però anche dall'analisi dell'attuale ciclo di programmazione, limitato da un'eccessiva complessità sul fronte dei pagamenti diretti, soprattutto con riferimento al greening, e dall'inadeguatezza delle misure di mercato a fronte di crisi e fenomeni di volatilità dei prezzi ormai strutturali.
Inoltre, pesa il fatto che il processo di “convergenza esterna”, cioè il progressivo riallineamento del valore dei pagamenti per ettaro verso la media UE, si basi sulla superficie agricola, finendo per premiare le rendite più degli investimenti e dell'intensiva di lavoro. Un meccanismo che penalizza il modello agricolo italiano e che in alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale (Repubblica Ceca, Slovacchia, Lituania, Ungheria) ha portato in qualche caso a una quota dei pagamenti PAC sul reddito agricolo superiore a quella derivante dalle vendite dei prodotti sul mercato.
La comunicazione della Commissione e il regolamento Omnibus
A novembre del 2017 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sul futuro della Politica agricola comune. Un documento piuttosto generico, a causa delle incertezze sul fronte del bilancio, ma in cui De Filippis individua importanti innovazioni per il futuro della PAC: maggiore margine di azione per gli Stati membri attraverso piani strategici nazionali; un approccio basato sui risultati e sulla loro misurazione; la possibilità di introdurre il cofinanziamento nazionale del primo pilastro; un forte impulso alla ricerca e all’innovazione in campo agricolo; l’idea di riformare la PAC anche in relazione alle attese dei consumatori e dei cittadini.
Parallelamente alla comunicazione, ricorda poi De Filippis, è arrivato il via libera al cosiddetto pacchetto Omnibus, che tra le altre cose prevede una serie di modifiche ai regolamenti della PAC.
Nonostante i numerosi interventi previsti dal pacchetto - dalla semplificazione del greening al rafforzamento degli strumenti di gestione del rischio - questa sorta di revisione di medio termine non è sufficiente a soddisfare l'esigenza di una riforma della PAC di più ampio respiro. Una riforma che, presumibilmente, non potrà rientrare nel mandato degli attuali organi di governo dell’Unione.
Le priorità negoziali dell'Italia
Il taglio dei fondi PAC ci sarà, ma secondo De Filippis si rivelerà probabilmente più contenuto di quanto non si tema, soprattutto se gli Stati membri accetteranno di aumentare i propri contributi al bilancio UE scostandosi leggermente dalla soglia dell'1 per cento del Pil.
Nel negoziato l'Italia potrebbe optare per due possibili alleanze: da una parte ci sono infatti paesi come Germania, Olanda e Francia, che ricevono più risorse dalla PAC e saranno meno farle pagare il prezzo della Brexit; dall'altra, Grecia, Spagna, Ungheria e Polonia ottengono più fondi dalla Coesione e cercheranno di difenderla. L'Italia, invece, negli ultimi anni si è trovata a recuperare una quota di spesa analoga dalla PAC e dalla Coesione (poco meno del 10%), per cui dal punto di vista strettamente finanziario sarebbe indifferente alla direzione dei tagli.
C'è poi da considerare che il primo pilastro della PAC è interamente a carico del bilancio UE, per cui il suo eventuale cofinanziamento a livello nazionale ridurrebbe il contributo europeo e migliorerebbe la posizione dei Paesi contributori netti come l’Italia.
Si tratta quindi una delle proposte avanzate dalla Commissione che, secondo De Filippis, i negoziatori italiani dovrebbero sostenere. L'altra priorità dovrebbe essere il sostegno a un maggiore grado di sussidiarietà della PAC, attraverso i piani strategici nazionali, e ad un approccio basato sui risultati.
Infine, bisogna fare il possibile per disinnescare o modificare la convergenza esterna già nel dibattito sul Quadro finanziario pluriennale. Se è vero che gli aiuti sulla base degli ettari penalizzano fortemente il modello agricolo italiano ad alto valore aggiunto, secondo De Filippis questo tema non dovrebbe monopolizzare interamente l'attenzione dei negoziatori italiani: dal punto di vista tecnico risulta difficile sostituire un criterio oggettivo come la superficie con altri più adatti a valorizzare l’attività agricola e l'Italia non può contare su molti alleati in questa battaglia. Una battaglia che va certamente portata avanti, aggiunge, ma senza rischiare l'isolamento. L'obiettivo sarebbe integrare la superficie con altri criteri distributivi, a partire dall'intensità di lavoro.
> Paper Il futuro della Politica agricola comune comune nel prossimo Quadro finanziario pluriennale
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