Export, Corte UE: il sistema antidumping UE funziona bene
Gli strumenti UE di difesa commerciale funzionano. A dirlo la Corte dei Conti UE, che ha analizzato le misure antidumping messe in campo dalla Commissione per tutelare le imprese europee contro la concorrenza sleale da parte di aziende extra-comunitarie. Ora l'obiettivo è far sì che anche le PMI sfruttino l’aiuto europeo.
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L’intervento della Commissione a tutela delle imprese europee colpite da pratiche sleali di concorrenza da parte di competitor extra-UE è stato promosso a pieni voti. Il giudizio viene dalla Corte dei Conti UE che, per la prima volta, ha analizzato l’operato della Commissione sul fronte della difesa commerciale delle nostre imprese.
Quali sono gli strumenti europei di difesa commerciale
Quando infatti le imprese europee sono danneggiate da aziende extra-UE che immettono sul mercato prodotti a prezzi molto più bassi - grazie a politiche di dumping oppure a sussidi illeciti dei propri governi - la Commissione scende in campo imponendo dazi a tutela dei prodotti UE.
Solitamente l’intervento della Commissione avviene su richiesta delle imprese o delle associazioni di categoria che mettono in luce pratiche di concorrenza sleale, su cui la Commissione avvia un’indagine. Se l’esito conferma i timori delle aziende, la Commissione attua una o più delle seguenti misure di tutela:
- Dazio ad valorem, cioè una percentuale del prezzo dei prodotti (ad esempio, il 20% del prezzo all’importazione);
- Dazio specifico, ovvero un importo fisso per unità di prodotto (ad esempio, 15 euro a tonnellata);
- Dazio variabile/prezzo minimo all’importazione che consiste nella differenza tra un prezzo minimo all’importazione definito e il prezzo all’esportazione applicato dall’esportatore estero;
- Impegno relativo al prezzo, quando il singolo esportatore estero si impegna volontariamente a vendere i propri prodotti ad un prezzo pari o superiore ad un prezzo minimo all’importazione, che non viene reso noto.
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Dalla Cina la maggior parte dei casi di concorrenza sleale
Nel periodo 2014-2018, la Commissione ha avviato in media 13 nuove inchieste antidumping o antisovvenzioni all’anno.
A fine 2018 le misure europee antidumping o antisovvenzioni erano 133, la maggior parte delle quali riguardanti prodotti provenienti dalla Cina (il 68%), seguiti da quelli provenienti dai mercati russo (il 7%), statunitense e indiano (entrambi al 5%).
Come detto, la Commissione interviene di fronte a due forme di concorrenza sleale:
- Il dumping, che si verifica quando una società non-UE vende nel mercato comunitario prodotti ad un prezzo inferiore a quello applicato sul proprio mercato interno o, qualora il confronto non possa essere basato sui prezzi, al di sotto del costo di produzione sostenuto, maggiorato di un congruo profitto;
- La sovvenzione, cioè un’assistenza finanziaria che i governi stranieri danno ad un’industria o ad un gruppo di industrie specifici e che ha una potenziale incidenza sui prezzi alle esportazioni all’interno dell’Unione europea.
Aumentare il ricorso delle PMI al sostegno della Commissione
Dato che, per la maggior parte, le misure di tutela commerciale imposte dall’UE si attivano su richiesta delle aziende (o delle associazioni di categoria), il risultato è che i settori più tutelati sono quelli caratterizzati da una presenza di imprese di grandi dimensioni, come la chimica o l’acciaio.
Nel 2018, infatti, il 50% delle misure di protezione in vigore riguardava i metalli, mentre il 16% si riferiva ai prodotti chimici. In genere, quindi, queste misure sono destinate ai prodotti industriali, piuttosto che ai prodotti di consumo. L’unica eccezione di rilievo è stato il settore delle biciclette, su cui la Commissione è intervenuta imponendo dazi a numerosi paesi extra-UE.
L'obiettivo per il prossimo futuro, quindi, resta quello che anche le piccole e medie imprese (e le loro associazioni di categoria) inizino a rivolgersi sempre più alla Commissione, per richiederne un intervento a tutela dei propri interessi.
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