Digitale: Anitec-Assinform, aumentare fondi per ricerca e innovazione in Italia
Per sostenere la transizione digitale nel paese servono più investimenti per le attività di ricerca e sviluppo nel campo ICT. Questo l’appello lanciato dalle istituzioni e dalle imprese durante la presentazione del primo report Anitec-Assinform su "La ricerca e innovazione ICT in Italia".
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Ricerca e Innovazione ICT in Italia: a che punto siamo e come migliorare
Lo studio Anitec-Assinform offre una panoramica delle attività di ricerca e innovazione nel settore ICT realizzate dalle imprese, degli strumenti pubblici messi a disposizione delle aziende, insieme ad un’analisi delle principali aree di policy su cui intervenire per sostenere la competitività delle imprese.
Rispetto ad altri competitor - come Germania e Francia - l’Italia spende meno per le attività di R&S nel settore ICT, ha spiegato Luisa Bordoni di Anitec-Assinform, illustrando i dati del report.
In particolare, il nostro paese investe lo 0,15% del PIL, a fronte dello 0,21% della Germania e di una media UE pari allo 0,22%. Per raggiungere questi livelli l’Italia dovrebbe investire 3,5 miliardi di euro in più in 3 anni.
Anche il numero dei ricercatori italiani impegnati nel campo ICT (38%) è inferiore rispetto alla Germania (58,1%) e alla media UE (66,6%), così come le risorse a loro destinate. Per colmare questo gap l’Italia dovrebbe aumentare di circa 6.500-7.500 unità il numero dei ricercatori, oltre a raddoppiare la spesa per singolo ricercatore.
Sebbene rispetto al 2017 gli stanziamenti pubblici per R&S in ambito ICT siano aumentati del 26,7%, il nostro paese non raggiunge ancora i livelli della Germania. Servirebbe infatti mezzo miliardo di euro in più in tre anni, pari al +20% annuo della dotazione del Fondo per il trasferimento tecnologico.
Guardando alla partecipazione dell’Italia al secondo pilastro di Horizon 2020, Industrial leadership, la performance registrata è positiva - con un tasso di successo del 10,3% - ma può essere migliorata, soprattutto per quanto riguarda l’innovazione nelle PMI.
In vista del lancio di Horizon Europe, l’Italia deve imparare a costruire economie di agglomerazione, per capire dove è necessario concentrare sforzi ed investimenti, ha sottolineato la Bordoni.
Secondo Marco Falzetti, direttore dell’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea, per migliorare le performance italiane nella ricerca ICT - soprattutto in vista del prossimo settennato - occorre definire una strategia generalizzata, che prenda in considerazione i diversi programmi UE post 2020, da Horizon Europe a Digital Europe.
Nel report si pone l’accento - oltre su sulle risorse - anche sulle strategie e sulle policy che servirebbero all’Italia per garantire la transizione digitale del paese.
Innanzitutto serve un approccio strategico basato sull'accelerazione del trasferimento della conoscenza e delle innovazioni al mercato, l’attrazione degli investimenti e la velocizzazione dei processi, con particolare attenzione alla semplificazione amministrativa.
Passando alle risorse, servono - oltre ai 3,5 miliardi di euro per le attività di R&S nelle imprese ICT e al circa mezzo miliardo di finanziamento pubblico per la ricerca ICT - anche 0,4 miliardi di euro annui per il procurement pubblico innovativo.
Infine, occorre maggiore sinergia tra le politiche, con interventi a sostegno dell’offerta - tramite incentivi fiscali, sovvenzioni, finanziamenti ecc - ma anche con misure trasversali.
> Consulta il report
Puntare su competenze digitali e capitale umano
Per rilanciare gli investimenti in ambito ICT serve un partenariato stretto tra pubblico e privato, basato sulle competenze e sul capitale umano, ha spiegato Marco Gay, presidente Anitec-Assinform, indicando i tre fattori su cui puntare: riqualificazione dei lavoratori, accrescimento delle competenze e formazione dei giovani.
Posizione condivisa anche da Gaetano Manfredi, ministro dell’Università e della Ricerca, che ha evidenziato la necessità di una strategia condivisa, tra sistema produttivo e mondo della ricerca, sulle digital skills.
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Secondo il ministro, in Italia bisogna lavorare su più fronti per avvicinare i giovani alle discipline STEM; aprire il mondo dei saperi ad una maggiore trasversalità; diffondere le competenze digitali nella società. L’obiettivo è sfruttare appieno le opportunità offerte dalla transizione digitale per aumentare livello di equità e democrazia nella nostra società.
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Il digitale nel PNR 2021-2027
Per delineare il Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027 - al centro di una consultazione pubblica chiusa a settembre - si è data grande importanza all’ICT, ha spiegato Nicola Mazzocca, consigliere del ministro Manfredi.
Nel nuovo PNR - articolato in 6 assi, ognuno con 5 sotto-temi - troveremo ben 5 distinte tematiche ICT: robotica, intelligenza artificiale, cybersicurezza, calcolo ad alte prestazioni e data mining. Inoltre, quasi tutti i settori inseriti nel Piano, dalla salute alle infrastrutture critiche, prevedono un capitolo conclusivo sull’applicazione dell’ICT.
Mazzocca ha poi ricordato l’impegno del ministro Manfredi, annunciato nei giorni scorsi, ad investire 15 miliardi di euro per la ricerca nei prossimi 5 anni, a seguito dell’appello lanciato dal settore in vista del Recovery Plan.
Migliorare l'uso dei fondi UE per il digitale
Sempre in tema di fondi UE, analizzando lo stato di avanzamento dei fondi strutturali 2014-2020, Confindustria Digitale ha lanciato un allarme: in Italia i fondi europei sono poco utilizzati nel digitale.
In base ai dati elaborati dall'Ufficio Studi di Confindustria Digitale - visionati da Adnkronos - dei 76 miliardi di euro assegnati all'Italia risulta speso solo il 37% del totale ed appena il 15% dei fondi dedicati al digitale.
"L’Italia così risulta il secondo paese beneficiario sui 27 per soldi ottenuti dopo la Polonia, ma tra gli ultimi per progetti realizzati sul totale dei fondi UE", ha indicato Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale.
Per non commettere gli errori del passato, in vista della nuova programmazione, Avenia ha suggerito una serie di interventi, a partire dalla definizione di una governance centrale, con una struttura commissariale sui servizi digitali, sotto l'egida della Presidenza del Consiglio.
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Grafiche a cura di Anitec-Assinform
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