Come il credito bancario influenza la propensione delle imprese a investire nella sostenibilità

 

Rinnovabili - Photo credit: Kindel MediaL'accesso al credito bancario è un fattore fondamentale per abilitare gli investimenti verdi. Nella propensione delle imprese ad approfittare della finanza privata gioca però un ruolo decisivo la possibilità di combinarla con incentivi pubblici che contribuiscono a coprire i costi di investimento inziali. Cosa dice lo studio Bankitalia sulla relazione tra la disponibilità di credito bancario e la propensione delle imprese a investire in tecnologie sostenibili. 

Finanza sostenibile: dal MEF una consultazione pubblica per un migliore dialogo tra PMI e banche

Nel complesso, i risultati del report della Banca d’Italia, che analizza i dati contenuti nei bilanci delle società di capitale italiane per il periodo 2015-2019, mostrano che un incremento nell'offerta di credito da parte del sistema bancario determina un aumento della propensione delle aziende ad acquisire tecnologie sostenibili, in particolare quando gli investimenti sono sostenuti anche da sussidi pubblici. Inoltre, questa correlazione si verifica soprattutto nel caso di imprese di maggiore dimensione e più liquide, in gran parte a causa della maggiore necessità di risorse finanziarie che caratterizza gli investimenti sostenibili.

I risultati del report di Banca d’Italia

Un aumento dell’offerta di credito bancario rende le imprese più propense a investire in tecnologie verdi? È la domanda che si pongono alcuni ricercatori di Banca d’Italia, autori del working paper “Offerta di credito e investimenti sostenibili”.

Nel documento, gli analisti della banca centrale italiana affrontano questa domanda chiave analizzando i prestiti concessi a un campione di imprese italiane private, tra cui un gran numero di piccole e medie imprese (PMI), che tipicamente fanno affidamento sul credito bancario per le loro spese in conto capitale. La risposta a cui giungono è positiva: la probabilità di intraprendere investimenti verdi risponde fortemente all’offerta di credito.

L’offerta di credito, infatti, può sostenere le aziende nell’affrontare alcune possibili sfide che possono ostacolare la loro volontà di destinare risorse agli investimenti legati a fattori ESG (Environmental, Social, Governance), che i ricercatori di Banca d’Italia sintetizzano così:

  • Lo scopo degli investimenti sostenibili è ridurre o eliminare le esternalità ambientali negative causate dalle imprese, e non necessariamente aumentare la redditività. Tuttavia, se le imprese sarebbero disposte a intraprendere tali investimenti, anche in assenza di attriti finanziari, rimane una questione aperta;
  • In secondo luogo, gli investimenti verdi richiedono maggiori risorse finanziarie rispetto agli investimenti “regolari” e, pertanto, potrebbero essere soggetti ad attriti finanziari;
  • Inoltre, le tecnologie pulite sono più costose e, quindi, le imprese finanziariamente vincolate potrebbero scegliere di investire in tecnologie non sostenibili piuttosto che pulite in presenza di criticità finanziarie.

Pertanto, le società che hanno un maggiore accesso al credito sono spinte a prendere decisioni più lungimiranti e prediligere gli investimenti con effetti benefici di lungo periodo, che è il caso degli investimenti ESG. Nel dettaglio, i risultati della ricerca di Banca d’Italia indicano che un aumento di una deviazione standard della quantità di offerta di credito aumenta la probabilità di intraprendere un investimento verde da 2,7 a 4,7 punti percentuali.

Di seguito esploriamo tutte le variabili che contribuiscono alla relazione positiva tra disponibilità di credito bancario e investimenti sostenibili prese in considerazione nello studio di Banca d’Italia.

Le variabili che contribuiscono alla correlazione positiva tra offerta di credito bancario e investimenti sostenibili

Intensità patrimoniale e vincoli finanziari

La prima variabile considerata è il ruolo delle spese in conto capitale anticipate e, di conseguenza, l'impatto dei vincoli finanziari riguardanti sia l’elasticità positiva degli investimenti verdi sia l’elasticità zero degli investimenti normali rispetto all’offerta di credito.

Già degli studi precedenti, avevano dimostrato che gli investimenti verdi richiedono una maggiore intensità di capitale e costi iniziali più elevati rispetto ad altri investimenti produttivi. In questo contesto, le teorie dell’intermediazione finanziaria in condizioni di asimmetria informativa suggeriscono che gli investimenti con costi iniziali più elevati richiedono maggiori quantità di finanziamenti esterni e in alcuni casi non possono essere intrapresi da imprese con scarsa disponibilità di risorse interne. Considerando alcune caratteristiche aziendali associate alla disponibilità di risorse interne (redditività, liquidità, dimensione ed età), gli esperti di Banca d’Italia riscontrano,  coerentemente con l’idea che gli investimenti verdi sono ad alta intensità di capitale e richiedono elevati costi iniziali, che l’elasticità dell’offerta di credito è più forte per le imprese più redditizie, più liquide, nonché per le aziende più grandi e che esistono da più tempo, cioè, società con più risorse finanziarie interne e che hanno quindi meno probabilità di essere vincolate dal punto di vista finanziario. Questa evidenza, sottolineano gli analisti, suggerisce che gli investimenti verdi richiedono maggiori risorse economiche, rendendoli più dipendenti dal finanziamento esterno rispetto agli investimenti tradizionali.

Replicando questo ragionamento anche con i vincoli finanziari, i ricercatori riscontrano che in pratica solo le imprese non vincolate hanno un’elasticità positiva e significativa dell’offerta di credito rispetto agli investimenti verdi. I risultati, quindi, suggeriscono che i finanziamenti esterni possono essere combinati con risorse interne per finanziare investimenti verdi. Anche in questo caso, i dati supportano l’ipotesi secondo cui gli investimenti verdi richiedono maggiori risorse finanziarie esterne.

Gli esperti di Banca d’Italia, inoltre, ripetono questo esercizio utilizzando la dipendenza del settore dalla finanza esterna. Il risultato è che, anche nei settori con una minore necessità di finanziamenti esterni, gli investimenti verdi rispondono positivamente agli shock creditizi. Ancora una volta, questo risultato è coerente con un’elevata intensità di capitale degli investimenti verdi. Quando vengono presi in esame, invece, tutti gli investimenti, quelli non sostenibili inclusi, non viene riscontrata una simile dipendenza delle imprese dai finanziamenti esterni.

Il ruolo degli incentivi e dei sussidi statali

Nel paper, i ricercatori investigano anche il ruolo degli incentivi e dei sussidi statali. In generale, ciò che emerge è che gli investimenti verdi rispondono all’offerta di credito in presenza di sussidi governativi per tali investimenti.

Inoltre, sottolineano gli analisti, gli investimenti nelle tecnologie verdi possono essere considerati un bene pubblico e la letteratura suggerisce che gli investimenti privati ​​nei beni pubblici dovrebbero essere incentivati​​attraverso agevolazioni fiscali o sussidi simili. I sussidi, infatti, potrebbero aumentare la quantità di fondi a disposizione delle imprese per coprire i costi di investimento iniziali, riducendo i vincoli finanziari e quindi influenzando la reattività all’offerta di credito. In dettaglio, analizzando il censimento italiano dei sussidi regionali riferito al 2018, i ricercatori scoprono che il coefficiente per il prestito è statisticamente significativo solo nel sottocampione delle regioni ad alto sussidio verde. Questo risultato, secondo gli autori, suggerisce che è importante integrare l’offerta di credito privato con sussidi verdi per accelerare la transizione green.

Nel report di Banca d’Italia, poi, viene estesa l’analisi esplorando il ruolo congiunto dei sussidi verdi e delle preferenze ambientali. In questo caso, il coefficiente per il prestito è statisticamente significativo solo nel sottocampione delle regioni ad alto sussidio verde e ad alta protezione ambientale, indicando che gli investimenti verdi reagiranno alla fornitura di credito solo nelle regioni dove ci sono sussidi e che hanno una forte preferenza per la protezione ambientale. In pratica, non esiste una correlazione perfetta tra le preferenze ambientali locali e la presenza locale di sussidi verdi, ma c’è comunque un’ampia complementarità tra credito bancario, fondi pubblici e preferenze ambientali.

Preferenze ambientali

Successivamente, i ricercatori esplorano il ruolo delle preferenze ambientali della popolazione sull’elasticità dell’offerta di credito rispetto agli investimenti in tecnologie verdi. Da questo approfondimento, emerge che la rilevanza degli eventi meteorologici e le preferenze per l'ambiente svolgono un ruolo sempre più importante nei mercati finanziari, così come nelle decisioni di investimento delle imprese. Inoltre, l’elasticità degli investimenti verdi rispetto all’offerta di credito è maggiore dove c’è più consapevolezza ambientale, confermando che le preferenze ambientali locali svolgono un ruolo decisivo nella relazione credito bancario-investimenti sostenibili.

Concorrenza di mercato

Analizzando la correlazione positiva tra offerta di credito, investimenti sostenibili e preferenze ambientali, gli esperti di Banca d’Italia riscontrano che tale relazione è ancora più evidente nel caso delle industrie competitive. Ciò significa che anche la concorrenza di mercato può influenzare gli investimenti nelle tecnologie verdi, soprattutto nelle regioni con un’elevata consapevolezza ambientale. Pertanto, l’elasticità degli investimenti verdi delle imprese nell’offerta di credito è più pronunciata nei mercati con maggiore concorrenza e alti livelli di consapevolezza ambientale. Questo risultato conferma il ruolo preminente delle preferenze ambientali come catalizzatore dell'innovazione verde delle imprese a fronte di shock positivi sull'offerta di credito.

Rischio normativo

L’Accordo di Parigi del 2015 ha portato ad un aumento del cosiddetto rischio normativo, ovvero la possibilità di essere inadempienti rispetto a determinate leggi. In presenza di tale tipo di rischio, che colpisce principalmente gli asset “brown” (non sostenibili) che non rispondono ai requisiti sempre più stringenti della normativa europea ispirata all’Accordo di Parigi, è probabile che si verifichinodei tagli ai finanziamenti - il che a sua volta riduce il valore collaterale degli asset di queste aziende.

A livello teorico, sottolineano i ricercatori di Banca d’Italia, a seconda del rischio di transizione cui sono esposte determinate imprese di un settore specifico, le aziende possono rispondere in modo diverso all’offerta di credito quando investono in tecnologie verdi. Per approfondire la questione del rischio normativo, gli autori dello studio misurano l’esposizione delle imprese a tale rischio utilizzando il livello medio delle emissioni GHG nelle loro operazioni aziendali principali. Il presupposto di fondo è che i settori con maggiori emissioni di carbonio sono più suscettibili al rischio di transizione climatica. A livello pratico, però, ciò che emerge dall’analisi è che, mentre l’elasticità degli investimenti verdi rispetto all’offerta di credito è statisticamente significativa per le imprese che operano in settori a basse emissioni, non è altrettanto vero nel caso delle industrie ad alte emissioni. Pertanto, i ricercatori giungono alla conclusione che non si può sostenere con fermezza se il rischio normativo contribuisca o meno alla risposta positiva degli investimenti verdi all’offerta di credito, dato che sarebbe un aspetto rilevante solo per le aziende con un maggiore impatto ambientale e, quindi, responsabili di un maggior numero di emissioni GHG.

Consulta la versione integrale dello studio

Per continuare a leggere gli articoli inserisci la tua...
o

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.