Lotta elezione presidente commercialisti: la scomparsa di una categoria professionale
L’opera di Eschilo apparteneva alla generazione che ha combattuto le guerre persiane, testimone della strenua resistenza ateniese alla forza dell’invasione persiana. Le vittorie di Maratona e Salamina costituirono la solida base per una lunga egemonia politica, economica e culturale di Atene.
In questo scenario I sette contro Tebe è la tragedia che, meglio di altre, rappresenta il passaggio da una struttura culturale e sociale fondata su un concetto tribale di governo, in cui la cerchia familiare costituiva il fondamento di una struttura ferocemente oligarchica, tessuta su un’aristocrazia terriera e a ristretta base numerica, in transito verso il nuovo modello della polis, il cui principio fondante è quello della democrazia allargata.
Il dramma narra della battaglia fra i fratelli Eteocle e Polinice, e la scena è narrata all’interno delle mura di Cadmo, in cui il primo si è asserragliato a difesa della città. Un messaggero descrive al re i sette condottieri sfidanti, mediante l’esposizione delle caratteristiche del singolo eroe attraverso l’interpretazione dei simboli rappresentati sulle armature. Eteocle contrappone a ciascuno di questi il proprio paladino, lasciando per sé il fratello. La tragedia si chiude con la comunicazione che l’esito della battaglia è stato favorevole alla città, che si è salvata; purtroppo il re è caduto, in un abbraccio mortale con Polinice.
Il transito dall’ancien al nouveau régime richiede quindi un necessario travaglio, non è possibile portare il vento della novità senza un sacrificio, anche doloroso, per chi lascia e per chi entra nelle stanze del potere. Il nostro paese non è mai stato capace di rivoluzioni radicali, preferendo sciacquettare i panni sporchi all’ombra dello sguardo benevolente della forza politica di turno.
La sensazione, ma forse si tratta di una realtà, per come si è manifestata in questa settimana appena trascorsa, è che la categoria dei commercialisti, per intero, stia vivendo un dramma da antica Grecia.
Nessuno dei due contendenti ha combattuto davvero vittoriosamente la propria battaglia all’interno dell’ordine di provenienza: il Triveneto è in subbuglio e Roma, in attesa delle elezioni più rappresentative, ha già fornito un verdetto di novità nella tornata delle elezioni per i delegati alla Cassa di Previdenza.
Il “vecchio” Siciliotti è venuto meno alle promesse, formulate in sede di prima nomina, quando aveva proclamato ai quattro venti che non si sarebbe ricandidato per il secondo mandato.
Il “nuovo” Longobardi ha utilizzato strumentalmente un proprio condottiero con spostamenti, almeno dubbi, sulla cartina geografica. Passaggi sospetti da sud a nord, con la Procura della Repubblica entrata in gioco per verificare la presenza sul campo del neo-aostano.
Difficile pensare a una vergogna più profonda. Ma il fondo non era stato ancora toccato.
L’abbraccio mortale ha prodotto il commissariamento, con la nomina del magistrato a riposo dott. Leccisi, un’onta difficilmente cancellabile, che accompagnerà i nominativi dei due contendenti per la durata della loro vita professionale. Sembra davvero di assistere alla rappresentazione, in termini reali, del dramma di Eschilo. Una situazione che nessuno di coloro che guardano con attenzione al nazionale avrebbe mai lontanamente immaginato.
Nell’augurare al commissario il forzato benvenuto, si auspica che il lavoro da svolgere sia portato a termine con rapidità ed efficienza.
Per il futuro, è ormai evidente come i pretesi candidati, in questo duello senza vincitore ma con tanti battuti, rappresentino un mondo professionale già scomparso. La sfida non è nella politica delle menzogne e delle imboscate, ma nella difesa a oltranza delle prerogative culturali, di modello etico e di efficienza della categoria.
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