Guerra in Israele, privatizzazioni, PNRR: le incognite sui numeri della Nadef e della manovra 2024

 

Audizioni Nadef 2023 - Photo credit: SailkoIl nuovo scenario di guerra in Medio Oriente, mentre perdura il conflitto in Ucraina, aumenta l'incertezza sulle prospettive per l'economia. Una nuova fiammata dei prezzi di gas e petrolio, quando l'inflazione non è ancora scesa a livelli tali da invertire le politiche monetarie delle banche centrali, complicherebbe i margini già stretti per finanziare la prossima legge di bilancio. Che si regge anche sulla promessa di un maxi piano di privatizzazioni da 20 miliardi e sull'ipotesi di piena attuazione del PNRR, entrambi esiti non scontati.

Il testo della Nadef 2023. Verso manovra da circa 20 miliardi, di cui 15 in deficit

Un ulteriore rallentamento dell'economia, rispetto a quanto già previsto nella Nadef (che a sua volta ridimensiona le previsioni più rosee di aprile), è il timore che ricorre nelle audizioni sulla Nota di aggiornamento al Def che tra ieri e oggi si sono susseguite davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, in vista del voto di mercoledì.

L'impatto della guerra tra Hamas e Israele non è ancora prevedibile, ma dall'Ufficio parlamentare di bilancio alla Corte dei Conti, passando per Cnel e Bankitalia, tutti concordano sui rischi che le tensioni in corso comportano sul piano economico.

Anche perchè il contesto era già complicato da una serie di altri fattori: la frenata del commercio mondiale nel corso del 2023, il proseguimento di politiche monetarie restrittive da parte della maggiori banche centrali, il rallentamento delle varie componenti della domanda, il calo della fiducia di famiglie e imprese. Senza dimenticare, ricorda il capo dipartimento Economia e statistica di Banca d’Italia, Sergio Nicoletti Altimari, che l'aumento dei tassi di interesse impatta sulla dinamica del credito e potrebbe provocare un ulteriore irrigidimento delle attuali condizioni.

In sintesi, osserva la presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) Lilia Cavallari, oggi “c'è una luce meno radiosa di quella che c'è nella Nadef sulle prospettive dell'economia”. Al punto che il presidente del Cnel, Renato Brunetta, invita a fare una valutazione sulla necessità di aggiornare i saldi di finanza pubblica da inviare a Bruxelles entro il 15 ottobre rispetto a quanto scritto due settimane fa nella Nadef.

E se il quadro macroeconomico generale validato a settembre dall'Upb già inizia a scricchiolare, anche il progetto della manovra 2024 non è messo meglio.

Mentre i 37 miliardi dei bonus edilizi, tutti contabilizzati per competenza nel 2023, sono scolpiti nella pietra, altri numeri non si possono dare per acquisiti. Il rallentamento dell'economia si riflette infatti anche sulla mole delle entrate tributarie e non si può trascurare l'incognita circa l'effettiva portata delle privatizzazioni. L'1% di Pil (pari ad almeno 20 miliardi) che il Governo si aspetta dalle dismissioni da attuare entro il 2026 richiederebbe uno "sforzo notevole", osserva il presidente della Corte dei conti Guido Carlino, mentre Cavallari rileva che “senza privatizzazioni, avremo mezzo punto di debito in più nel 2026”.

Un punto e mezzo di crescita in meno si avrebbe invece, sempre secondo Cavallari, nel caso in cui PNRR venisse attuato solo al 50%. "Nei primi due anni del programma l’attivazione di investimenti pubblici è stata modesta", ricorda. I negoziati ancora in corso sulla revisione del Piano e sul capitolo REPowerEU non gettano una buona luce sull'ipotesi di una piena attuazione del PNRR.

Ultimo a intervenire in chiusura del ciclo di audizioni, anche il ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ammette che “l'incertezza non si è diradata” e che, anche se i più recenti indicatori permettono di ipotizzare una graduale ripresa del percorso di crescita già nella seconda, l'effettività è legata anche agli sviluppi in corso in Medio Oriente.

L'impegno resta quindi per una politica di bilancio prudente, senza rinunciare agli interventi annunciati a sostegno dei redditi medio bassi. Il taglio del cuneo fiscale resta per Giorgetti “doveroso” e, insieme alla prima attuazione della riforma degli scaglioni Irpef, secondo il ministro, servirà in prospettiva anche alla crescita, alleggerendo la pressione sulle famiglie e favorendo la domanda interna.

Per approfondire: Verso la manovra 2024. Meloni chiede coesione sulla linea del rigore

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