Export agroalimentare UE: fino a 5,5 miliardi di crescita entro il 2030

 

Impatto accordi commerciali sul settore agroalimentareEntro il 2030 le esportazioni agroalimentari europee aumenteranno tra i 4,7 e i 5,5 miliardi di euro grazie a 12 accordi commerciali. A dirlo uno studio pubblicato dalla Commissione europea.

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L'impatto dei 12 accordi commerciali - molti dei quali già conclusi - è un incremento fino a 5,5 miliardi delle esportazioni agroalimentari dell'UE. La quota scende a 4,7 miliardi nello scenario conservativo.

E’ questo in estrema sintesi il risultato dello studio “Cumulative economic impact of trade agreements on EU agriculture” presentato il 26 gennaio dalla Commissione, che valuta l’impatto sull'export del settore agroalimentare degli enti accordi commerciali con una serie di partner: Australia, Canada, Cile, Indonesia, Giappone, Malesia, MERCOSUR (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), Messico, Malesia, Nuova Zelanda, Filippine, Tailandia e Vietnam.

Si tratta di mercati che, nel loro complesso, dovrebbero rappresentare entro il 2030 la destinazione del 13% delle esportazioni agroalimentari dell'UE e l'origine del 34% delle importazioni agroalimentari dell'Unione.

Ad andare particolarmente bene dovrebbero essere soprattutto il settore dei latticini, quello della carne suina, del grano, del vino e delle bevande.

Più vulnerabili invece i settori della carne bovina e ovina, il pollame, lo zucchero e il riso a causa delle crescenti importazioni a seguito di un maggiore accesso al mercato europeo. 

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Le previsioni per le esportazioni agrifood

I risultati presenti nel report mostrano che gli accordi commerciali offrono notevoli opportunità commerciali per alcuni settori agricoli (latticini, carne suina, grano, vino e bevande). Ad esempio nello scenario più ambizioso le esportazioni europee potrebbero aumentare:

  • del 3,1%(1,7 miliardi di euro) per i  prodotti agricoli trasformati;
  • del 2% (834 milioni di euro) per vino e bevande (e tabacco);
  • del 7,3% (1,3 miliardi di euro) per il settore lattiero-caseario (formaggi, burro, latte scremato in polvere, siero di latte), con il Giappone come principale destinazione di queste esportazioni aggiuntive;
  • dell'8,9% (914 milioni di euro) per le carne di maiale.

D’altro canto il report conferma, invece, le sensibilità evidenziate nello studio del 2016 (anno della prima versione) per manzo, carne di pecora, pollame, zucchero e riso.

In particolare l'attuazione dei 12 accordi aumenterebbe il valore delle importazioni europee di carne bovina sia nello scenario prudente che in quello ambizioso, rispettivamente del 21% e del 26% (pari a 512 milioni di euro nel primo caso ed a 614 milioni nel secondo).

Le importazioni di carne di pecora, invece, potrebbero aumentare del 2,1% nello scenario prudente (oppure del 3,7% in quello ambizioso). Ciò si tradurrebbe - a seconda dei due scenari - in un calo dei prezzi dell'1,9% (3,1%), in maggiori consumi (0,2% e 0,4%) e in una minore produzione (-0,2% e -0,4%).

Nel complesso, anche le importazioni di riso potrebbero crescere con percentuali pari al 2,7%, nello scenario prudente, oppure pari al 3,9% in quello ambizioso.

Infine, i flussi commerciali dello zucchero - che in entrambi gli scenari sono influenzati soprattutto dall'accordo con il MERCOSUR, uno dei principali attori mondiali del comparto - vedrebbero un aumento delle esportazioni di questi paesi di 116 milioni di euro in entrambi gli scenari. Di conseguenza, rispetto al valore di base, le importazioni totali di zucchero potrebbero crescere rispettivamente del 12% e del 13%.

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Bene la bilancia commerciale, ma negli accordi serve il giusto bilanciamento

Tra le varie conclusioni presenti nello studio, vale la pena riportarne tre. La prima riguarda la bilancia commerciale. “Nonostante il fatto che i 12 FTA considerati abbiano una quota maggiore nelle importazioni dell'UE rispetto alle esportazioni - si legge infatti nel dossier - il risultato in termini di bilancia commerciale complessiva è positivo per il settore agroalimentare a causa di un aumento delle esportazioni più elevato rispetto alle importazioni”.

Lo studio conferma, inoltre, la preferenza europea di inserire negli accordi formule legate ai contingenti tariffari, piuttosto che quelle basate su semplici riduzioni tariffarie. I contingenti infatti permettono di tutelare meglio i prodotti europei più sensibili alla concorrenza da parte di paesi terzi, permettendo di proteggere adeguatamente anche i settori correlati.

Infine, tenendo sempre a mente le conseguenze degli accordi sui cosiddetti settori sensibili, i ricercatori sottolineano che “in ogni caso, la conclusione positiva degli accordi commerciali dovrà trovare un equilibrio tra la protezione dei prodotti sensibili e l'accesso al mercato raggiunto per i prodotti agricoli dell'UE, se il risultato complessivo dei negoziati commerciali deve rimanere economicamente e socialmente accettabile per l'agricoltura UE”.

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