Sfruttare la riforma dei bonus edilizi per migliorare l’efficienza idrica degli edifici
In un periodo in cui siccità e alluvioni sono ormai all'ordine del giorno, profilandosi come un “new normal” dei prossimi decenni, la definizione di standard, vincoli e incentivi per una gestione efficiente dell’acqua a scala di edificio e di città è ormai imprescindibile. Una prima occasione potrebbe arrivare dall’imminente riforma dei bonus edilizi su cui si inizia a ragionare in Parlamento dove, al fianco degli ormai “classici” temi energetici e di sicurezza sismica, inizia ad affacciarsi timidamente anche quello idrico.
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Per un insieme di motivi, il salto di qualità da compiere non è banale. Sul piano intervengono anzitutto fattori culturali legati ad abitudini di lungo corso (un consumo poco consapevole dell’acqua), idee errate (l'acqua è illimitata) e scale di priorità consolidate (la transizione green coincide con la questione energetica). Pesano però anche elementi tecnici ed operativi visto che, come ci ha spiegato Luigi Petta, responsabile del Laboratorio Tecnologie per l'uso e gestione efficiente di acqua e reflui ENEA, “uno dei principali limiti per l’implementazione di misure di efficientamento (idrico, n.d.r) consiste nella difficoltà di operare su involucri edilizi ed impianti già esistenti”
Il problema “acqua” in Italia
Tuttavia i dati e le analisi in nostro possesso parlano chiaro e impongono un cambio di passo non più rinviabile.
In Italia, si legge nell’Impact Report 2023 del Green Building Council Italia (GBC) dal titolo L’impatto dell’edilizia sostenibile certificata in Italia, “con 9,2 miliardi di metri cubi, il prelievo di acqua potabile è il più alto in Europa (il 30,5% avviene nel distretto idrografico del fiume Po mentre le perdite idriche si assestano su un valore di 42,2% dell’acqua immessa in rete. Al contempo, l’Italia è il paese europeo caratterizzato dal maggior prelievo di acque minerali, in costante crescita”).
Altri dati che contribuiscono a dettagliare il problema arrivano dal magazine ENEA “Energia, ambiente e innovazione". Nel numero dedicato all'acqua, infatti, si legge che “in base al Water Exploitation Index (WEI, definito dal rapporto su base annua tra il prelievo idrico e le risorse idriche rinnovabili), l’Italia si colloca tra i Paesi europei con stress idrico più elevato, pari al 24% (SRM, 2017)” e che il nostro è “un Paese ad elevata vulnerabilità climatica”.
Se è vero che ad incidere maggiormente sono le perdite nella rete idrica e il settore agricolo, in Italia comunque “i consumi idrici relativi al settore residenziale nel suo complesso rappresentano circa il 20% dei consumi totali, tutti riferiti ad acqua potabile e quindi caratterizzata da un livello di qualità molto elevato”, ci spiega sempre Petta. Pur trattandosi “di un dato aggregato che include anche le attività urbane e quelle assimilabili al residenziale, tuttavia appare evidente che la quota di consumo idrico imputabile alle civili abitazioni rappresenti una quota non trascurabile rispetto al totale”, sottolinea il ricercatore dell’ENEA.
A questi dati (spesso poco conosciuti dai cittadini che, a differenza del proprio consumo energetico, sono ancora poco consapevoli di quello idrico), si aggiungono le conseguenze del binomio siccità/alluvione che invece stiamo toccando con mano in questi anni e che potrebbero rappresentare il detonatore per un cambio di rotta radicale, al pari di quello che la guerra in Ucraina ha rappresentato sul fronte della produzione e del consumo di energia.
Semplificando molto, un’efficiente gestione idrica a scala di edificio permetterebbe da un lato di alleggerire il carico sulle riserve idriche primarie, dall’altro di garantire riserve idriche durante i periodi siccitosi, alleggerendo al contempo il carico sulle reti fognarie soprattutto nei periodi di pioggia.
Case green: la transizione energetica da sola non basta
Pertanto, al pari degli investimenti infrastrutturali sulle reti idriche e dei progressi da compiere nel settore agricolo, nella partita per migliorare la gestione sostenibile dell’acqua in Italia dovrebbe entrare anche il settore immobiliare mediante un ampliamento del concetto di “casa green”.
Lungi dall’essere solo legato all’efficienza energetica, per essere davvero sostenibile un immobile dovrebbe infatti prevedere anche un uso efficiente dell’acqua (e in prospettiva della gestione dei rifiuti). Si tratta - come spiega l’Impact Report di GBC - di “un salto di paradigma dalla qualità dell’edificio alla qualità dell’abitare”, capace di prendere in considerazione tutti gli ambiti impattati da un immobile che non sono, evidentemente, solo quelli connessi all’energia (banalmente, un edificio a zero emissioni non è necessariamente un edificio sostenibile se poi consuma in maniera non consapevole l'acqua e altre risorse).
Per questo anche gli immobili sono chiamati a realizzare quell’economia circolare dell’acqua richiesta dai più recenti rapporti della Commissione europea e delle principali organizzazioni internazionali, che “sottolineano la necessità di sviluppare adeguate misure finalizzate ad agevolare la transizione dal modello di economia lineare, attualmente prevalente, verso un modello di economia circolare in grado di valorizzare un uso efficiente delle risorse; tale necessità viene universalmente riconosciuta come particolarmente pressante per il bene acqua”, scrive il Direttore del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali di ENEA, Roberto Morabito, nel magazine dell'Istituto.
Gli incentivi per la riqualificazione edilizia dovrebbero puntare anche sull’acqua
Per arrivare a ciò, oltre ad agire sul fronte normativo fissando regole e standard per un costruito che sia amico dell’acqua (soprattutto nel caso di nuovi edifici su cui è più facile agire in fase di progettazione), uno strumento strategico è rappresentato dalle forme di incentivazione della riqualificazione edilizia che, al pari dell’efficientamento energetico, potrebbero sostenere anche l'efficientamento idrico degli immobili.
Finora, invece, i “bonus casa” si sono concentrati per lo più sul tema dell’efficienza energetica e della sicurezza sismica, e pochissimo su quello dell’efficienza idrica. Come ci spiega Petta, “le uniche misure finora previste sono rappresentate da bonus che sono riconosciuti o per l’installazione di sanitari o rubinetteria a ridotto consumo (c.d. Bonus Idrico) ovvero per l'acquisto e l’utilizzo di sistemi di filtrazione dell'acqua potabile, con l’obiettivo finale di ridurre i consumi di bottiglie d'acqua in plastica e, di conseguenza, la quantità di plastica che viene rilasciata nell'ambiente (c.d. Bonus Acqua Potabile). Si tratta chiaramente di strumenti che non agevolano interventi infrastrutturali o impiantistici che interessano l’intero involucro edilizio”.
Un cambio di passo potrebbe arrivare dalla riforma dei bonus edilizi su cui inizia a lavorare il Parlamento. A parlarne esplicitamente è stata, ad esempio, l’on. Erica Mazzetti che, nel corso della conferenza stampa di presentazione della sua proposta di legge sul riordino dei bonus edilizi, ha parlato di nuovi bonus capaci di incentivare interventi non solo di efficienza energetica, ma anche idrica e di sicurezza sismica.
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Soluzioni e tecnologie per l’efficienza idrica negli immobili
Del resto le soluzioni tecnologiche che possono essere adottate all’interno degli edifici - sia nuovi che già esistenti - non mancano.
Per quanto concerne la riduzione dei consumi idrici e, quindi, dello stress esercitato mediante i prelievi dalle riserve idriche, spiega Petta, si parte “dall’installazione di sistemi in grado di migliorare l’efficienza nell’uso dell’acqua (es. dispositivi frangi flusso, rubinetteria a ridotto consumo, etc.), fino all’impiego di elettrodomestici e dispositivi a ridotto consumo d’acqua, per poi arrivare all’implementazione di sistemi di riutilizzo, almeno per quanto riguarda gli usi che non richiedono livelli qualitativi elevati. Per questi ultimi, si va dai sistemi di raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche fino alla separazione dei flussi di scarico e l’installazione di sistemi di trattamento e riutilizzo anche delle acque grigie, ovvero dei flussi derivanti dalle operazioni di igiene personale (scarichi dei lavabi, docce, bidet). Allo stesso tempo, occorre puntare su sistemi di contabilizzazione intelligente (smart metering) in grado di migliorare il grado di consapevolezza dei consumi da parte dei cittadini al fine di indirizzarli verso pratiche più virtuose e meno tendenti allo spreco”.
Sul fronte invece di un efficace contrasto ai fenomeni alluvionali in ambito urbano, spiega sempre Petta, tra le misure figurano “l’incremento della permeabilità delle superfici urbane al fine di limitare il deflusso di acque meteoriche che, in occasione di precipitazioni di grande entità, determinano i danni che sempre più spesso stiamo osservando. In tale ottica, alcune soluzioni tecniche che contribuiscono a tale obiettivo sono rappresentate dai tetti verdi o anche dall’impiego di materiale a permeabilità controllata sulle superfici urbane che lo consentono (es. aree condominiali, piazzali, aree destinate a parcheggio, o dovunque sia possibile). In generale, la realizzazione di aree verdi in ambito urbano contribuisce alla migliore gestione dei deflussi urbani. Contestualmente, occorre poi provvedere alla realizzazione di sistemi in grado di garantire accumuli temporanei di acque meteoriche, provvedendo alla loro laminazione e progressiva restituzione alle reti drenaggio o in ambiente, peraltro offrendo maggiori opportunità di riutilizzo di tali flussi. Occorre inoltre un’azione di sistemazione delle reti fognarie, introducendo sistemi di gestione “intelligente” delle reti e garantendo una gestione più accurata degli scaricatori di piena”.
Le Nature Based Solutions per la gestione delle risorse idriche
Tra le soluzioni che dovrebbero essere sempre più diffuse, anche a scala di edificio, rientrano poi le Nature Based Solutions (NBS), “soluzioni tecniche che riproducono processi naturali adattandoli al contesto urbano”, sottolinea Giulio Conte, esperto di gestione sostenibile delle acque e socio fondatore della società di ingegneria IRIDRA che da anni opera in questo campo. “Per migliorare la gestione delle acque urbane è oggi possibile ricorrere ad una serie di soluzioni tecniche che riproducono processi naturali adattandoli al contesto urbano (le NBS, appunto), che possono essere applicate sia nel riciclo delle acque, sia come soluzioni per migliorare la gestione delle piogge urbane”, spiega Conte.
Sul primo punto (il riciclo delle acque), un esempio citato da Conte arriva da un progetto in una scuola, finanziato dal Programma ENI CBCMED, lo strumento UE che promuove la cooperazione con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo in varie aree tra cui l’efficienza idrica. Si tratta della Parete verde di Ferla, un innovativo sistema di fitodepurazione "a parete" progettato per raccogliere, trattare e riutilizzare le acque grigie, che ha superato i problemi di mancanza di superfici che possono avere molti edifici.
Per quanto concerne invece la gestione delle acque di pioggia, un fronte particolarmente interessante è quello dei “Sistemi di Drenaggio Urbano Sostenibile (SUDS l'acronimo in inglese), soluzioni che riproducono le caratteristiche degli ecosistemi naturali nei contesti urbani, favorendo l'infiltrazione, l'accumulo temporaneo e l'assorbimento delle acque di pioggia prima che raggiungano le reti fognarie. Soluzioni che possono essere prese in considerazione sia da parte dei privati, che da parte delle amministrazioni cittadine nell’ambito di progetti di rigenerazione urbana. Si tratta di soluzioni utilizzate già da diversi anni negli USA e in Nord Europa e che ora stanno iniziando a diffondersi anche in Italia”, conclude Conte.
Per approfondire: il PON Metro Plus per l'adozione di NBS nelle città
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