Rientro cervelli – Agenzia Entrate, chiarimenti su regime fiscale agevolato
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all'interpello n. 204 del 25 giugno 2019, ha fornito maggiori chiarimenti sul regime speciale per i lavoratori impatriati.
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La richiesta del contribuente
L'interpello si concentra sul caso di una cittadina italiana residente a Londra, trasferitasi nel 2016, dopo aver conseguito la laurea, nella capitale inglese. La ricercatrice ha lavorato per due anni, con regolare contratto a tempo indeterminato, e ha presentato la domanda per l’inserimento nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) in cui è stata iscritta nel 2017. Considerando il suo percorso, dovendo rientrare in Italia nel 2019, chiede di poter godere del regime fiscale agevolato e pone due quesiti:
- il primo relativo al requisito della residenza per almeno 24 mesi all’estero prima del rientro in Italia ai sensi dell’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR;
- il secondo relativo alla procedura di iscrizione all’AIRE che ha comportato ritardi con la perdita di un intero periodo d’imposta che poteva essere computato fra quelli di residenza fuori dal territorio dello Stato.
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Come funziona il regime speciale per lavoratori impatriati
La normativa sul regime speciale per lavoratori impatriati è stata emanata al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del paese.
Nello specifico, l’articolo 16 del decreto legislativo n. 147-2015 prevede che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrano alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50%. L’agevolazione temporaneamente è applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.
L’articolo 1, comma 2, dello stesso decreto attuativo prevede che sono destinatari del beneficio fiscale i cittadini dell’Unione europea che:
- 1. sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
- 2. hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Inoltre, per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, la norma istitutiva del regime fiscale agevolato presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.
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La risposta dell'Agenzia dell'Entrate
Il chiarimento dell'Agenzia ricorda che il comma 2 dell'art. 16 del dlgs n. 147 del 2015 "prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni" e che secondo la scrivente "la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”.
Invece, relativamente alla procedura di iscrizione all’AIRE, spiega il Fisco, la situazione prevede un bivio:
- se il rientro in Italia della ricercatrice è avvenuto nei mesi scorsi, la domanda posta dalla stessa non rispetta la condizione della residenza fiscale fuori del territorio dello Stato per almeno due periodi d’imposta;
- se, invece, il rientro in Italia avviene nel 2019, dopo aver maturato i 183 giorni per il secondo periodo d’imposta di residenza fuori dal territorio dello Stato, il requisito risulterebbe soddisfatto, permettendo la fruizione dell’agevolazione fiscale.
Infine, conclude l'Agenzia, occorre tenere presente le novità previste dal Decreto Crescita, in base al quale i cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 potranno accedere ai benefici fiscali purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.
Cosa cambia con il Decreto Crescita
Con il Decreto Crescita, ossia il decreto-legge n. 34-2019, si introducono importanti modifiche alle agevolazioni finalizzate ad incentivare il “rientro dei cervelli”. Nello specifico si parla di:
- 1. una semplificazione delle condizioni d’accesso. I redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio italiano, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% del loro ammontare se ricorrono le seguenti condizioni:
- i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
- l'attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano
Saranno invece agevolati con una riduzione dell’imponibile del 90% i lavoratori che decideranno di trasferire la propria residenza in una delle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna o Sicilia.
- 2. novità sui periodi d'imposta. Con il nuovo decreto, l'agevolazione si applica per ulteriori cinque periodi di imposta a due classi di lavoratori:
- coloro che hanno almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo,
- coloro che diventano proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l'unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.
In entrambi i casi, i redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, mentre se si hanno almeno tre figli minorenni, a carico, o in affido, la percentuale in questione sarà pari al 10%.
- 3. non solo gli iscritti all'Aire. Per quanto riguarda le caratteristiche dei soggetti beneficiari, coloro che hanno diritto a concessione dei benefici fiscali sono:
- i soggetti residenti, cioè le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno il domicilio o la residenza nel territorio italiano;
- i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
Con l’allargamento introdotto dal decreto-legge n. 34-2019, l’accesso ai benefici è consentito anche ai non iscritti all’AIRE, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia.