L’Unione Europea e la dura legge del think tank
L’Italia non rientra tra i paesi più vulnerabili e a rischio default - come la Grecia, la Spagna e il Portogallo - ma a causa del proprio debito pubblico resta lontana da potenze del calibro di Francia e Germania, con cui spesso ambisce a confrontarsi. Il decimo posto assegnatoci dal Lisbon Council, nel suo Euro Monitor Ranking per il 2010 presentato a fine ottobre, non ci fa certo onore.
Né ci conforta l’analisi tracciata dal Centro per le riforme europee (Cer), blasonato think tank dal quartier generale londinese, con il quale collaborano personalità come Giuliano Amato e Pascal Lamy.
Nel marzo 2010 il Cer classificava l’Italia tra i cosiddetti paesi “villains” (come si può tradurre? bricconcelli, cattivoni, birbanti?) o “laggards” (ritardatari) nei seguenti settori chiave: information society; research & development; modernizzazione della protezione sociale, fiscalità e più in generale nel raggiungimento degli obiettivi di Lisbona. Sul podio troviamo i tre paesi scandinavi (Svezia, Finlandia, Danimarca), l’Austria e i Paesi Bassi. Nella classifica generale, che valuta tutti e ventisette i paesi membri sugli obiettivi di Lisbona, l’Italia è in coda, seguita dalla Bulgaria, dalla Romania e da Malta.
Undici anni dopo la sua creazione, anche l’Unione monetaria europea ha dovuto affrontare un test molto duro, legato alla crisi del debito greco e all’allarme in Irlanda. La classifica stilata dal Lisbon Council di Bruxelles, prendendo in considerazione questa volta i sedici paesi di Eurolandia, non intravede eccellenze in alcun paese, nemmeno nella Germania o nell’Austria, che detengono il primato della competitività. A parte la Grecia, sono Portogallo e Spagna i paesi più a rischio. E’ la Germania, quindi, la più grande economica europea. Ottime anche le performance dell’Austria, del Lussemburgo, di Malta (quest’ultima invece “bistrattata” dal Cern, seppure su tutt’altri temi).
Come ricetta di virtù, il Lisbon Council propone non soltanto di incrementare la macrosorveglianza finanziaria, ma anche di rafforzare le procedure nazionali di governance. Altra priorità è quella delle riforme fiscali, da attuare con la massima urgenza.
Da ultimo non possiamo dimenticare che entrambi i think tank hanno realizzato le loro analisi grazie ad alcuni sponsor non sempre super partes: il Gruppo Allianz per il Lisbon Council; KPMG, Tesco e Unilever per il Cer. Per dirla con Platone: chi controllerà il controllore?