Private Equity: addio giorni felici
“E’ finito il tempo dei crediti facili e a buon mercato”. Ad affermarlo, in questi giorni, nel corso di un’amara analisi pubblica, è stato Charlie McCreevy, commissario europeo per il mercato interno ed i servizi, a margine di un convegno internazionale sulla Venture Capital Policy. Secondo l’irlandese McCreevy, il Private Equity negli ultimi anni si è ritrovato sulla “cresta dell’onda” e può offrire enormi benefici all’economia europea. Rappresenta una fonte alternativa di fondi per le aziende e, in particolare, è in grado di rinvigorire le società che si trovano in cattive acque a causa di flussi di cassa negativi. Tra queste, ad esempio, le aziende a conduzione familiare. E’ inoltre un’ottima opportunità per gli investitori istituzionali in grado di assumersi rischi elevati. L'importanza di questa attività finanziaria per lo sviluppo delle imprese italiane è stata recentemente messa in luce anche da Federica Guidi, presidente dei Giovani di Confindustria.
Tuttavia, i risvolti più recenti hanno dimostrato che la crescita dell’ultimo periodo si è basata su fondamenta incerte. A dispetto della professionalità e dell’accuratezza che hanno sempre caratterizzato le due diligence sugli investimenti in Private Equity, alcuni investitori ultimamente hanno smesso di indagare sull'aumento impetuoso del debito ai fini dell'investimento. Questo normalmente non dovrebbe accadere nei mercati finanziari.
Continua l’analisi di McCreevy: nel breve periodo gli istituti di credito punteranno a rimettere in sesto i loro bilanci e non saranno molto propensi al rischio. Questa situazione metterà alla prova coloro che hanno bisogno di prestiti e il discorso vale anche per il Private Equity. Le ultime statistiche mostrano che nel primo trimestre 2008 il Private Equity ha potuto usufruire di un sesto dei finanziamenti erogati nello stesso periodo del 2007. La rilevanza internazionale del Private Equity, così come quella degli hedge funds, fa sì che l’attenzione dei singoli governi al riguardo sia sempre più elevata. Con il tempo, pertanto, il dibattito politico si è spostato su di un livello europeo più ampio. Il Parlamento di Bruxelles ha proposto alcune soluzioni chiare. Tra queste, l’applicazione di regole sui requisiti di capitale, la maggiore circolazione delle informazioni, un più attento monitoraggio, la definizione di limiti di indebitamento, la consultazione dei lavoratori e un atteggiamento critico verso la speculazione. Tuttavia, un eccesso di norme e di regole potrebbe non giovare al settore: è lo stesso McCreevy a criticare la proposta di definire a priori un limite per gli investimenti.
Incerto il giudizio finale di McCreevy, secondo il quale l’attuale situazione di turbolenza è dovuto in parte alla smoderatezza degli ultimi anni: “Usciremo malconci e feriti da questo periodo difficile, ma capaci di riprenderci presto se eviteremo una eccessiva reazione fiscale e normativa. Sono convinto che un solid Private Equity diventerà parte integrante del tessuto economico europeo”.
(Alessandra Flora)