Mobilita’ sostenibile – i big investono nelle startup dell’automotive

 

Auto elettriche - Photo credit: Oregon Department of TransportationNel 2016 le startup che si occupano di automotive, guida autonoma ed e-mobility hanno incassato investimenti per 1 miliardo di dollari.

Auto elettriche – UE non vuole restare indietro, ma non sara’ semplice

Auto elettriche – incentivi determinanti, ma l'Italia e' in ritardo

Secondo un’indagine curata dalla società di ricerca statunitense CB Insights, solo nel 2016 le startup che si occupano di mobilità a diversi livelli hanno ottenuto investimenti per un totale di 1 miliardo di dollari. La società ha contato 87 accordi che coprono le aree di maggiore interesse per lo sviluppo del settore: software per la guida assistita, connessione delle vetture, infoitanment e mobilità elettrica.

Da BMW a Siemens, passando per Enel e Daimler. Ecco come i big dell’industria puntano sulle startup dell’automotive.

Il caso BMW

Il gruppo tedesco ha fondato BMW i Ventures, società di capitale di rischio con sede a New York che investe in una fase preliminare o avanzata in quelle aziende innovative che lavorano nel campo della mobilità a elevato potenziale. L'obiettivo è stringere partnership strategiche e a lungo termine.

Non solo. Nella politica di open innovation della società tedesca va inquadrata BMW Garage Startup, un “venture client”, ovvero una variante dei fondi di venture capital che acquista i prodotti e stringe accordi con le startup in fase di early stage, accelerandone il processo di crescita.

In più, recentemente la startup olandese LeydenJar Technologies si è aggiudicata la BMW Startup Challenge, concorso volto ad intercettare le tecnologie in espansione nel mondo automotive. La startup olandese, attiva nel potenziamento delle batterie al litio, ha realizzato un prodotto capace di accumulare il 50% dell’energia in più rispetto a quello della concorrenza. Vincendo la challenge avrà la possibilità di presentare proposte ai manager della compagnia e avere contatto con gli ingegneri e i partner commerciali del network BMW.

Enel acquisisce eMotorWerks

Il gruppo italiano ha puntato il proprio radar sulla società californiana eMotorWerks, che fornisce stazioni di ricarica per veicoli elettrici, denominate JuiceBox.

Fondata nel 2010, eMotorWerks è titolare di JuiceNet, piattaforma per la gestione intelligente della ricarica dei veicoli elettrici e di altri sistemi di accumulo distribuiti, che permette il controllo e l’aggregazione da remoto dei flussi di elettricità unidirezionali e bidirezionali (vehicle-to-grid, V2G) per il bilanciamento della rete. In pratica, gli utenti possono programmare e controllare da remoto i tempi più “ecologici” ed efficienti per ricaricare i propri veicoli elettrici.

Da Roma a Milano in auto elettrica - ora si puo'

“La mobilità elettrica ha il potenziale per diventare una delle tecnologie più rivoluzionarie con cui la moderna rete elettrica abbia mai avuto a che fare negli ultimi cento anni”, dichiara Francesco Venturini, direttore della Divisione globale e-Solutions di Enel. “La rivoluzione della mobilità elettrica sta portando le utilities, gli operatori di rete e i clienti a ripensare i tradizionali modelli di business, a investire in nuove infrastrutture e a lanciare nuove soluzioni che promuovano una rete flessibile e resiliente”.

L’acquisizione di eMotorWerks “arricchisce la nostra offerta di e-mobility ed integra una soluzione di ricarica smart di veicoli elettrici estremamente innovativa all’interno della nostra gamma di servizi per la flessibilità della rete, che comprende il più grande network mondiale di demand-response, sistemi di gestione della generazione distribuita di energia e soluzioni di accumulo”, conclude Venturini.

Anche Daimler e Siemens puntano sull’auto elettrica

Simile il caso di ChargePoint, startup che realizza caricatori per auto elettriche e fra i principali gestori di colonnine negli Stati Uniti, che nel solo 2017 ha ottenuto investimenti milionari da parte di Daimler (82 milioni di sollari) e Siemens (43 milioni).

Recentemente, sempre Daimler ha investito nella startup israeliana Storedot, specializzata in batterie che abbattono i tempi di ricarica.

I dubbi di Marchionne sull’auto elettrica e lo studio che li smentisce

All’inizio di ottobre, il numero uno del gruppo FCA Sergio Marchionne aveva sollevato dubbi intorno alla capacità dell’auto elettrica di abbattere le emissioni inquinanti: “quando l’energia è prodotta da combustibili fossili, nella migliore delle ipotesi sono equivalenti a un’auto a benzina”, visto che a livello mondiale “due terzi dell’energia elettrica deriva da fonti fossili”, aveva dichiarato a Rovereto, in occasione del conferimento della laurea honoris causa in ingegneria meccatronica.

Ora, uno studio dell’università VUB di Bruxelles commissionato dal network di Ong ambientaliste Transport & Environment, smentisce la tesi espressa dall'ad di FCA, sostenendo che anche quando le batterie e l’intero ciclo produttivo delle auto elettruche vengono alimentati da energia proveniente da fonti altamente inquinanti si producono comunque meno gas serra delle controparti a gasolio.

Lo studio paragona auto diesel ad auto completamente elettriche (bev, battery electric vehicle) prendendone appunto in considerazione l’intero ciclo di vita, dalla produzione di carburante o elettricità alle emissioni che si hanno quando il veicolo è in circolazione (la cosiddetta analisi well to wheel, dal pozzo alla ruota), fino alle emissioni dovute alla costruzione e allo smaltimento di tutti i componenti dell’auto.

Nello scenario di auto 100% elettriche prodotte col mix di produzione energetica attualmente in uso nell’UE, i vantaggi in termini di emissioni sono del 50% rispetto al diesel.

Il miglioramento è sempre più evidente man mano che aumenta la quota di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili: con il mix energetico presente in Italia, per esempio, le emissioni di un’auto elettrica sono inferiori del 55% rispetto a un diesel, mentre in Svezia, il Paese più virtuoso in quanto a mix energetico, addirittura dell’85%. Ma anche nel peggiore dei casi europei, quello della Polonia - dove buona parte dell’elettricità arriva da centrali a carbone – le emissioni sarebbero comunque ridotte del 25%.

Photo credit: Oregon Department of Transportation

Per continuare a leggere gli articoli inserisci la tua...
o

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.