Plastica monouso: che impatto ha la direttiva UE sul mercato?
Entro un anno i Paesi UE diranno addio alla plastica monouso. Un passaggio decisivo per l’industria del settore ed i consumatori, ma intorno al quale sussiste un’incertezza normativa.
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A chiarire le zone d’ombra poste dalla direttiva UE 2019/904, meglio nota come direttiva Single-use Plastics (SUP), sarà la il provvedimento che determinerà il recepimento delle norme europee in Italia. In attesa che venga messo a punto, l’industria della produzione e del riciclo della plastica, e non solo, si interroga sulla direzione che il settore prenderà nel giro di pochi mesi.
La questione è stata al centro del convegno “Direttiva Single-use Plastics: pro e contro”, che si è tenuto a Milano il 26 settembre nell’ambito del ciclo di incontri “Percorsi Sostenibili”, organizzati da Nonsoloambiente.it e NSA srl, in collaborazione con Banco BPM.
“L’importanza della direttiva risiede innanzitutto nella ricaduta sulla porzione di mercato che coinvolge direttamente il consumatore”, sottolinea Maria Grazia Persico, direttore editoriale di Nonsoloambiente.it.
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Plastica monouso: le imprese chiedono certezza normativa
Presenti le principali associazioni di categoria del settore che, nonostante le differenti posizioni in base al comparto di riferimento, ritrovano una sinergia nel dichiarare quanto siano necessari progetti e idee efficaci per incrementare gli investimenti, di medio-lungo periodo, utili a rendere la filiera realmente innovativa e sostenibile.
Tali finanziamenti - nazionali, internazionali, e da bandi europei - si rivelano utili al fine di favorire e velocizzare la transizione delle aziende verso un modello operativo a basso impatto ambientale. È evidente, infine, come sempre più aziende, a seguito della direttiva, stiano cercando di convertire la propria produzione eliminando alcuni materiali e sostituendone altri con prodotti maggiormente riciclabili in un’ottica di economia circolare.
Un vero progresso sostenibile sarà possibile, come emerso durante la tavola rotonda moderata da Carlo Latorre, direttore editoriale di Polimerica, soltanto grazie alla collaborazione di tutti gli attori coinvolti nella filiera: dalle industrie chimiche, ai produttori, agli impianti di gestione, fino ad arrivare ai consumatori.
Quindi, considerando gli sforzi da parte dei consumatori, l'impegno della ricerca a trovare materiali alternativi e le nuove possibilità di gestione e riciclo di rifiuti, è lecito chiedersi se la grande quantità di plastica che utilizziamo sia davvero necessaria.
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Gli italiani e la raccolta differenziata: ancora troppi dubbi
E se l’industria deve adattarsi al più presto al cambiamento introdotto dalla normativa per orientare gli investimenti, lo stesso vale per il consumatore, al centro dell’osservatorio “Gli italiani e la raccolta differenziata” condotto da Fabrizio Masia, direttore generale & Partner di EMG Acqua per valutare il grado di conoscenza e sensibilità sul tema della raccolta differenziata con focus sulla plastica.
Il 96,4% degli italiani dichiara che nel proprio Comune viene effettuata la raccolta differenziata; tuttavia, vengono messe in luce le criticità che non permettono di differenziare correttamente i rifiuti. Il 31,6% delle persone coinvolte nell’indagine ha difficoltà con lo smistamento, soprattutto per oggetti elettrici e in acciaio, oltre a non riuscire a riconoscere e a separare i vari materiali. La promozione di questa pratica dovrebbe – secondo il 37,5% degli intervistati – essere affidata alle istituzioni nazionali.
“Il quadro della situazione generale è per certi versi preoccupante”, dichiara Masia. “Ne emerge un’Italia in difficoltà nella gestione dei rifiuti, che ha poca conoscenza sulla pratica della differenziata. È necessario portare avanti un percorso di formazione che va migliorato costantemente a tutti i livelli, incentivando una buona recettività nei cittadini. Non da ultimo, è emerso come sia poco conosciuto il simbolo del riciclo degli imballaggi in plastica, solo il 36,6% ha individuato quello corretto”.
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