Appalti - domanda pubblica e innovazione, binomio possibile

 

Appalti pubblici innovazioneIn occasione dell’apertura del bando della Regione Lazio per nuove tecnologie applicate a Beni e Attività Culturali, pubblichiamo un estratto del paper di Arturo Ricci, responsabile dell'ufficio progettazione di Lazio Innova, dedicato agli appalti pubblici per l’innovazione.

Lazio - ricerca e sviluppo per valorizzare il patrimonio culturale

“Le autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione. Ciò contribuisce a ottenere un rapporto più vantaggioso qualità/prezzo nonché maggiori benefici economici, ambientali e per la società attraverso la generazione di nuove idee e la loro traduzione in prodotti e servizi innovativi, promuovendo in tal modo una crescita economica sostenibile”.

Inizia citando il Considerando 47 della Direttiva UE 2014/24 sugli appalti pubblici, il paper realizzato da Arturo Ricci, responsabile dell'ufficio progettazione di Lazio Innova, dedicato agli appalti pubblici per l’innovazione.

PPP - il supporto del DIPE alle pubbliche amministrazioni

Ne pubblichiamo un estratto in concomitanza con l’apertura delle domande per partecipare all’avviso della Regione Lazio rivolto ai titolari dei beni culturali del Lazio, che intende sostenere la diffusione di tecnologie innovative per valorizzazione, conservazione, recupero, fruizione e sostenibilità del patrimonio culturale del Lazio.

Si tratta probabilmente del primo intervento pubblico lanciato in Italia che intende sostenere l’innovazione mediante la domanda prevalentemente, se non esclusivamente, pubblica. Attraverso l'avviso si auspica che le PA ricorrano agli strumenti nuovi o potenziati che l’Europa ha messo a disposizione agli Stati membri nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici proprio a tal fine, un’opportunità che non sembra essere stata colta nel nostro Paese.

PPP - cresce mercato in Italia, ma servono competenze

Appalti pubblici per l’innovazione

Il Codice dei contratti pubblici (D.Lgsl. 50 del 2016) prevede alcuni istituti nuovi o potenziati, che riflettono la nuova attenzione posta dall’Europa nello stimolare l’innovazione attraverso la domanda pubblica di lavori, beni e servizi.

D’altra parte è grazie alle commesse militari, della NASA e del mondo della ricerca che negli USA sono nate la Silicon Valley, l’I-Phone, internet... Le imprese ed il venture capital investono nelle grandi innovazioni solo dopo, quando il campo è già arato dagli investimenti pubblici.

La caratteristica comune di queste nuove modalità di acquisto da parte della PA (Procedura competitiva con negoziazione - art. 62; Dialogo competitivo - art. 64; Partenariato per l'innovazione - art. 65) è quella di stimolare il mercato a proporre soluzioni nuove e più efficaci, per soddisfare al meglio le esigenze della collettività ben definite nei risultati desiderati, ma meno su come raggiungerli.

Le soluzioni innovative riguardano senz’altro le tecnologie, ma anche le soluzioni giuridiche e finanziarie più efficaci nel combinare l’interesse pubblico con l’iniziativa privata. Si tratta di una novità spiazzante per la Pubblica amministrazione italiana, che si presuppone infallibile, capace di prevedere nei minimi dettagli i lavori, beni e servizi più utili per la collettività e, a dispetto delle evidenze, di saperli gestire, manutenere ed adeguare, durante il loro intero ciclo di vita.

La caratteristica tecnica peculiare di tali procedure di acquisto della PA, rispetto alle gare normali (ciclo: richiesta – offerta – valutazione e aggiudicazione), è il reiterare delle fasi prima della aggiudicazione. In sostanza sono procedure che assomigliano a dei tornei piuttosto che a delle partite ad eliminazione diretta, come nelle gare pubbliche più tradizionali.

L’importante è che le regole del gioco siano chiare fin dall’inizio e per sfruttare queste nuove opportunità è necessario che le PA impari a scrivere anche le regole del torneo, non solo della partita.

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici disciplina con maggiore attenzione di prima, sempre nel disegno europeo di autorità pubbliche più orientate a stimolare l’innovazione, l’acquisto dei servizi di ricerca e sviluppo ed il Pre Commercial Public Procurment che, insieme al consolidarsi della disciplina sugli aiuti di Stato per ricerca, sviluppo ed innovazione sul lato dell’offerta, ha sostanzialmente “chiuso il cerchio” degli interventi pubblici per l’innovazione compatibili con la normativa in materia di libera concorrenza.

Le regole del gioco quindi ci sono, spetta a noi saperle utilizzare al meglio o almeno non peggio rispetto agli altri Stati membri dell’Europa nostri concorrenti.

Servizi di ricerca e sviluppo e Pre Commercial Public Procurement

Il nuovo codice, sempre recependo le novità della direttiva europea di riferimento, dedica un apposito articolo agli appalti di servizi per ricerca e sviluppo ed al Pre Commercial Public Procurment:

Art. 158 Servizi di ricerca e sviluppo:

  • Relativamente ai servizi di ricerca e sviluppo le disposizioni di cui al presente codice si applicano esclusivamente ai contratti per servizi di ricerca e sviluppo identificati con i codici CPV da 73000000-2 a 73120000-9, 73300000-5, 73420000-2 o 73430000-5, purché siano soddisfatte entrambe le seguenti condizioni: i risultati appartengono esclusivamente all'amministrazione aggiudicatrice e all'ente aggiudicatore, affinché li usi nell'esercizio della sua attività, e la prestazione del servizio è interamente retribuita dall'amministrazione aggiudicatrice e dall'ente aggiudicatore;
  • Le stazioni appaltanti possono ricorrere, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 4 del presente decreto, agli appalti pubblici pre-commerciali, destinati al conseguimento di risultati non appartenenti in via esclusiva all'amministrazione aggiudicatrice e all'ente aggiudicatore perché li usi nell'esercizio della sua attività e per i quali la prestazione del servizio non è interamente retribuita dall'amministrazione aggiudicatrice e dall'ente aggiudicatore, così come definiti nella comunicazione della Commissione europea COM 799 (2007) del 14 dicembre 2007, nelle ipotesi in cui l'esigenza non possa essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato.

Non era molto chiaro, in precedenza, quando i servizi di ricerca e sviluppo fossero assoggettati alle regole sulle gare pubbliche, soprattutto nel caso di prestatori di servizi quali Università e centri di ricerca pubblici. Il legislatore comunitario pone l’attenzione sulla ripartizione dei costi tra “committente” e “prestatore” ma soprattutto sulla ripartizione dei risultati.

Sono soggetti alla disciplina dei contratti pubblici i servizi di ricerca i cui risultati sono di esclusivo interesse e quindi di “proprietà” dell’Autorità pubblica committente, tanto che il prestatore non ci “investe” del suo.

E’ una disciplina sostanzialmente simmetrica a quella prevista per gli aiuti di Stato, che distingue tra la ricerca contrattuale (commissionata dalle imprese) e la ricerca in effettiva collaborazione, dove imprese ed organismi di ricerca partecipano ai costi di un progetto di ricerca, ma soprattutto ai risultati che né derivano, ciascuno per un proprio distinto interesse.

La quota di spese sostenute dall’Organismo di Ricerca per il proprio interesse di far avanzare la conoscenza (e non di diventare più competitivo su un mercato), non è, infatti, soggetta alla disciplina sugli aiuti di Stato (ed alla quota a carico delle imprese si applicano maggiorazioni sull’intensità di aiuto consentita).

Gli appalti pubblici pre-commerciali sono una sorta di anello di congiunzione tra appalti ed aiuti, secondo la COM 799(2007) non rientrano in nessuna delle due fattispecie. La caratteristica peculiare del Pre Commercial Public Procurment, rispetto agli appalti per i servizi di ricerca, è che parte dei risultati può rimanere di proprietà del soggetto che realizza la ricerca, tipicamente la possibilità di utilizzare liberamente il know-how sviluppato nei confronti di potenziali clienti diversi dal “committente”.

Dal punto di vista più operativo, tuttavia la caratteristica più interessante degli appalti pubblici precommerciali è che possono essere riservati ad imprese di un determinato territorio (come gli aiuti di Stato) è perciò sono compatibili con l’utilizzo dei fondi strutturali e di investimento europei per la ricerca, l’innovazione e la competitività delle imprese, in quanto rispettosi del cosiddetto principio di stabilità (territoriale) delle operazioni (ora articoli 70 e 71 del Reg. (UE) 1303/2013 ma principio consolidato anche nei precedenti cicli di programmazione).

Tale “restringimento” dei potenziali partecipanti, affinché non risulti troppo lesivo dei principi della concorrenza, è tuttavia riservato solo alla fase di ricerca e sviluppo delle nuove tecnologie e, a differenza degli appalti pubblici per l’innovazione, per poi procedere al vero e proprio acquisto di lavori, servizi o beni che applicano queste tecnologie occorre procedere ad una gara aperta.

Ciò posto non è chiarissimo l’entusiasmo riservato a questo istituto da alcune PA italiane (istituto peraltro solo di recente entrato a far parte della disciplina europea avente valore di legge), che è piuttosto complesso nel suo articolarsi ma soprattutto non consente ai partecipanti di avere legittime aspettative, a differenza degli appalti pubblici per l’innovazione, sull’aggiudicazione della parte economicamente più interessante della “commessa”.

L’uso intelligente da parte della P.A. di tale procedura, laddove si intenda dare una prospettiva più solida ai partecipanti sul successivo acquisto di lavori, servizi o beni che applicano le tecnologie sviluppate, dovrebbe infatti essere limitato a quelle soluzioni tecnologiche dove le imprese ed i centri di ricerca presenti sul territorio hanno già un certo vantaggio rispetto i competitori globali, al fine di dare una “ultima spinta” affinché tale vantaggio emerga in sede di gara finale. Presupposti più facili da enunciarsi che da riscontrare nella realtà concreta.

Certamente gli appalti pubblici per l’innovazione, come tutti gli altri appalti, non danno alcuna garanzia che l’impresa aggiudicataria sia di un certo territorio (come anche gli appalti pubblici pre-commerciali, in fin dei conti), ma la soluzione innovativa è messa molto più velocemente a disposizione delle esigenze di quel territorio, concentrando l’aggiudicazione dei servizi di ricerca e sviluppo e poi della fornitura in una unica procedura che consente, soprattutto, ai partecipanti di avere certezze sulle risorse pubbliche messe a disposizione per l’intero percorso (l’intero “cucuzzaro” direbbe più prosaicamente un imprenditore).

E’ peraltro comunque difficile che una soluzione innovativa non abbia conseguenze positive indirette sulla competitività del territorio in cui trova la prima applicazione, ad esempio in termini di sviluppo e contaminazione del capitale umano locale e delle imprese locali partner o sub fornitrici.

Appalti pubblici per l’innovazione

Per continuare a leggere gli articoli inserisci la tua...
o

Questo sito web utilizza i cookie! Acconsenti ai nostri cookie, se continui ad utilizzare questo sito web.