Bilancio UE post 2020: quali imposte per aumentare le risorse proprie
Dalla Carbon tax alla Web tax, il professor Alberto Majocchi, vicepresidente del Centro Studi sul Federalismo (CSF), analizza le possibili forme di prelievo che potrebbero alimentare il bilancio dell'Unione a partire dal Quadro finanziario pluriennale 2021-2027.
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Il finanziamento del bilancio europeo dovrebbe provenire sempre di più da risorse autenticamente proprie. E' quanto sostenuto da Alberto Majocchi, vicepresidente del Centro Studi sul Federalismo (CSF) e professore emerito di Scienza delle Finanze all’Università di Pavia, nel paper “Nuove risorse per il bilancio dell'Unione”, realizzato nell'ambito di un progetto condotto dal CSF insieme all’Istituto Affari Internazionali (IAI) e presentato a Roma in occasione del convegno “Quali priorità per l’Europa del futuro. Il Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea”.
Una nuova struttura per il bilancio UE
Tra le ipotesi prospettate nel Documento di riflessione sul futuro delle finanze dell’Unione, pubblicato a giugno dalla Commissione, Majocchi prende a riferimento lo scenario “Fare molto di più insieme”, che prevede un aumento del bilancio UE e del tetto delle risorse proprie, grazie a nuove entrate dirette a perseguire gli obiettivi delle policies dell’Unione.
In linea con il lavoro del gruppo di alto livello sulle risorse proprie guidato da Mario Monti, queste nuove entrate dovrebbero garantire un elevato valore aggiunto europeo, e configurarsi come il prezzo da sostenere per la produzione di beni pubblici che non potrebbero essere prodotti in modo efficiente a livello nazionale dai singoli Stati membri, lasciando invariato il livello della pressione fiscale complessiva.
A partire da queste premesse, Majocchi immagina una struttura del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 che veda da un parte un capitolo alimentato dai contributi nazionali e destinato ai trasferimenti fra gli Stati membri, in cui confluirebbero fondi strutturali, Fondo di coesione e pagamenti diretti agli agricoltori, e un capitolo dedicato alle politiche di sviluppo europee, dai programmi di ricerca alla difesa, dalla gestione dell'immigrazione alle politiche ambientali, finanziate con nuovi prelievi in aggiunta alle risorse proprie tradizionali (Iva, dazi doganali). Infine, il QFP dovrebbe prevedere un terzo capitolo per le operazioni in conto capitale e per le spese di investimento per progetti comuni (come Galileo), da finanziare con prestiti emessi sul mercato.
Priorità alla carbon tax
Diverse le forme di prelievo passate in rassegna da Majocchi, che individua come opzione prioritaria per finanziare il bilancio europeo la carbon tax, un'accisa sull’utilizzo di combustibili fossili che generano gas ad effetto serra, coerente con gli impegni UE in materia di clima.
Per promuovere una vera decarbonizzazione dell'economia europea, Majocchi suggerisce un prelievo sulle emissioni di CO2 non inferiore a 25-30 euro per tonnellata, che andrebbe a generare un gettito compreso fra i 55 e i 66 miliardi di euro. Aumentando progressivamente il tasso di prelievo fino a 50 euro, si arriverebbe invece a un gettito di 110 miliardi, con un’incidenza di circa 0,11 euro per un litro di benzina.
La carbon tax dovrebbe poi essere accompagnata da un diritto compensativo alla frontiera, in modo da evitare distorsioni ai danni delle imprese europee e delocalizzazioni verso paesi che non applicano un prezzo per il carbonio (carbon leakage). Il gettito derivante, che Majocchi stima in circa 24 miliardi di euro, potrebbe essere utilizzato per favorire le energie rinnovabili e finanziare investimenti per il contrasto del cambiamento climatico.
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Stamp duty, CCCTB e Web tax
La carbon tax non è tuttavia l'unica opzione prospettata da Majocchi, che propone di valutare anche di considerare una tassazione delle transazioni finanziarie sul modello dell’imposta di bollo (stamp duty), l'idea di versare una quota parte dell’Iva al bilancio dell’Unione, la proposta della Commissione per una base imponibile comune per l’imposta sulle società (common consolidated corporate tax base, Ccctb) e naturalmente la web tax.
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Sulla tassazione dell'economia digitale si sono già espressi, tra l'altro, i ministri dell’Economia di Germania, Francia, Italia e Spagna, con la proposta, sostenuta da altri sei Paesi (Austria, Bulgaria, Grecia, Portogallo, Romania, Slovenia), di introdurre un’imposta di compensazione parametrata al volume d’affari generato in Europa dalle compagnie digitali. E a marzo la Commissione ha presentato un primo pacchetto di proposte per garantire che le attività delle imprese digitali siano tassate in modo equo e favorevole alla crescita nell'UE.
> Paper Nuove risorse per il bilancio dell'Unione
Photo credit: Gérard Colombat
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