Lo smart working poco smart della PA rischia di bloccare il superbonus
Un nuovo decreto detta le linee guida per il lavoro agile negli uffici pubblici. Per il presidente ANCE Gabriele Buia, però, il ricorso massivo allo smart working nella PA è insostenibile. Finora si è tradotto in ritardi, lungaggini, meno permessi e autorizzazioni, con un impatto durissimo sui lavori pubblici e sull'edilizia privata. Proprio mentre decolla il superbonus.
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Il decreto del Dipartimento della Funzione Pubblica stabilisce che fino al 31 dicembre 2020 lo smart working nella PA costituisce una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione ed è accessibile in assenza dell'accordo individuale di cui alla Legge n. 81 del 2017. Ciascun dirigente è responsabile di organizzare il proprio ufficio assicurando che almeno il 50% del personale sia impegnato in smart working, favorendo la rotazione tra i dipendenti, l'equilibrio tra attività in modalità agile e in presenza e la flessibilità oraria in entrata e in uscita per evitare la concentrazione nell'accesso al luogo di lavoro.
Un sistema che dovrebbe favorire il decongestionamento del trasporto pubblico, ma che avrà un pesante impatto sugli operatori che gravitano nel mondo delle costruzioni e in particolare dell'edilizia privata.
Nei primi nove mesi del 2020 la media mensile dei permessi di costruire, il titolo edilizio per eccellenza, è calata del 30%. Ora il ritorno di massa allo smart working nella PA rischia di "bloccare definitivamente centinaia di cantieri sia pubblici che privati, come quelli per gli interventi di efficientamento energetico e messa in sicurezza con il superbonus 110% che stanno partendo", avverte il presidente ANCE, Gabriele Buia.
Per questo ANCE chiede di introdurre orari di apertura prolungata (8/20), appuntamenti senza code e assembramenti e, soprattutto, di estendere subito il principio del silenzio-assenso a tutte le procedure autorizzative con controlli ex post.
Lo smart working rallenta l’edilizia privata: i dati
In base ai dati forniti da Il Sole 24 Ore, a Roma i permessi di costruire hanno subito una riduzione del 47%, che potrebbe ridursi al 30% a fine anno: dalle 271 licenze concesse nel 2019 alle 143 del periodo gennaio-settembre 2020. Anche la media mensile (da 246 a 158) conferma il calo del 30%.
Bene invece Milano, dove nei primi otto mesi dell’anno il numero di permessi di costruire rilasciati è passato da 209 a 208, mentre le Scia hanno subito un calo del 25%.
A Genova i provvedimenti edilizi rilasciati fra gennaio e settembre 2020 sono stati 157 contro i 211 dello stesso periodo del 2019. Anche altre autorizzazioni edilizie hanno subito una flessione: le Scia favorevoli sono passate da 1.500 a 1.289 (-14%), le Cila da 4.161 a 4.101 (-1,4%), i provvedimenti di agibilità da 247 a 178 (-28%).
A Verona nel 2019 sono stati rilasciati 279 permessi di costruire contro i 206 dei primi sette mesi del 2020. Più evidente il crollo delle Scia (-56% da 1.452 a 632) e delle verifiche effettuate sulle Cila positive (-59% da 327 a 135).
Allo stesso tempo, i dati relativi alla città di Verona presentano un altro aspetto della questione: il crollo delle domande e pratiche presentate. Da 6.294 dell’intero 2019 si scende a 3.365 fino ad agosto 2020. Su base mensile la riduzione è superiore al 20%.
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I problemi: l’accesso agli atti non digitalizzato e la mancanza di dialogo professionisti-PA
“Un calo di permessi di costruire è normale - dice Ilaria Segala, assessore all’Urbanistica di Verona - gli investimenti partiti non si sono fermati ma c’è stato un punto di arresto per le procedure da presentare. Il problema grosso che abbiamo è l’accesso agli atti. Non è totalmente digitalizzato, ci stiamo lavorando. Anche perché ora abbiamo anche un cumulo di richieste per il superbonus che ha dell’incredibile”.
“Il maggiore disagio da smart working è rappresentato dall’impossibilità del dialogo con l’ufficio, soprattutto per le pratiche edilizie più complesse. Per i professionisti c’è un momento di confronto sulle procedure per trovare soluzioni ai problemi che via via si presentano. Così manca il dialogo e la mail, che spesso resta senza risposta, non è un mezzo che funziona. C’è un malessere profondo e lentezza nella presentazione delle pratiche”, sottolinea Francesco Miceli, presidente dell’Ordine degli architetti di Palermo.
“L’amministrazione pubblica non è ancora preparata a lavorare a distanza, come testimonia la scarsità di documenti autorizzativi prodotti nel campo dell’edilizia privata”, commenta il presidente di ANCE Roma, Nicolò Rebecchini. “Il futuro sarà necessariamente smart e le PA dovranno investire per perseguire questo obiettivo. Un’interlocuzione informatizzata può portare grande trasparenza e velocizzazione dei processi. Ma è un percorso graduale, che va accompagnato da forte formazione del personale, con adeguate strutture e strumenti digitali. Oggi sono fortissime le ripercussioni sulle microeconomie locali, che non stanno ricevendo il giusto supporto per adeguarsi a un cambiamento epocale”.
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