Corte dei Conti UE: in dubbio il contributo del Recovery Plan alla transizione green
La Corte dei Conti europea mette in guardia sulla mancanza di chiarezza in merito al reale contributo del Recovery and Resilience Facility - RRF alla transizione verde. La Corte, in particolare, evidenzia carenze, incoerenze e debolezze nell’attuazione delle misure previste tra cui: sovrastime nel monitoraggio della spesa per il clima, scarse informazioni sulle modalità di attuazione delle misure, mancanza di connessione tra la rendicontazione sulla spesa per il clima e la transizione e i costi e risultati effettivi. Fattori che mettono a rischio il reale conseguimento degli obiettivi climatici del Dispositivo.
Corte Conti UE: fondi PNRR più lenti del previsto e opere a rischio
È quanto emerge dalla Relazione speciale “Transizione verde. Il contributo del dispositivo per la ripresa e la resilienza non è chiaro”. Lo scopo dell’audit della Corte era valutare se la concezione e l’attuazione dell’RRF e dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza contribuissero in modo efficace alla transizione verde. Per farlo, gli auditor della Corte hanno valutato il contributo apportato alla transizione verde da parte di alcune misure selezionate, dei rispettivi traguardi e obiettivi, nonché dei rispettivi coefficienti climatici, in quattro Stati membri: Grecia, Croazia, Portogallo e Slovacchia (la scelta è legata a studi precedenti fatti in quei paesi dalla Corte). Hanno anche esaminato lo stato di avanzamento di queste misure e le modalità con cui sono monitorate dal punto di vista della transizione verde. Infine, hanno analizzato come la Commissione e gli Stati membri comunicano informazioni sulla spesa per il clima e la transizione verde e, infine, hanno rilasciato alcune raccomandazioni per migliorare in futuro.
Nel complesso, secondo la Corte le debolezze individuate nella concezione e nell’attuazione dell’RRF mettono in dubbio il conseguimento degli obiettivi climatici e ambientali di quest’ultimo.
Cos’è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza
Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF), fulcro del NextGenerationEU (NGEU), è uno strumento temporaneo varato nel maggio 2020 per aiutare gli Stati membri a riprendersi dagli effetti dalla pandemia di COVID-19. Al febbraio 2024, ha a disposizione 648 miliardi di euro.
La transizione verde è uno dei pilastri del dispositivo, tanto che agli Stati membri era stato richiesto da subito di destinare almeno il 37 % delle loro assegnazioni nazionali all’azione per il clima. Obiettivo che, secondo una recente valutazione della Commissione, è già stato conseguito nella fase di pianificazione, dato che si è raggiunto il 42,5 %.
Contributo all’azione per il clima atteso dell’RRF, per Stato membro
A gestire l’RRF è la Commissione, responsabile sia dell’attuazione che del monitoraggio dei relativi progetti e della valutazione dei risultati. Ciascuno Stato membro può ricevere una quota dei fondi RRF disponibili, che viene calcolata in base ad una specifica formula. Ogni paese, inoltre, presenta un Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) che è valutato dalla Commissione e approvato dal Consiglio. Ogni PNRR prevede una serie di misure, comprendenti riforme e investimenti e a ciascuna misura sono associati traguardi e obiettivi, al fine di tener traccia dei “risultati” qualitativi e quantitativi. La Commissione ha adottato un insieme di indicatori comuni da utilizzare per riferire sui progressi dell’RRF e ai fini del monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi di quest’ultimo.
Una caratteristica fondamentale dell’RRF è che funziona sulla base di un nuovo modello di finanziamento. Al contrario della maggior parte del bilancio dell’UE, per la quale i finanziamenti sono erogati in base alle spese sostenute, i pagamenti della Commissione agli Stati membri (“esborsi”) sono basati sul conseguimento soddisfacente di traguardi e obiettivi. Tuttavia, nell’elaborare i propri piani nazionali, gli Stati membri hanno dovuto indicare per ciascuna misura i costi stimati, per giustificare l’importo di sovvenzioni o prestiti dell’RRF richiesto. Altrimenti, l’importo sarebbe stato ridotto per combaciare con i costi stimati.
I risultati dell’analisi della Corte sull’RRF
Il contributo dell’RRF e dei piani nazionali all’azione per il clima e alla transizione verde potrebbe essere sovrastimato
La figura di seguito presenta una visione d’insieme del contributo all’azione per il clima (basata su tre coefficienti climatici - 0 %, 40 % e 100 % - connessi al contributo atteso delle misure agli obiettivi climatici) come stimato nei PNRR, scomposto per coefficiente climatico e campo d’intervento. Otto dei 64 campi d’intervento con un coefficiente climatico positivo costituiscono il 59% della dotazione prevista.
Contributo all’azione per il clima, scomposto per tipo di intervento e coefficiente climatico
Problematiche nel quadro dell’RRF in termini di stima del contributo all’azione per il clima e di copertura della transizione verde
Nell’analisi, la Corte ha vagliato se l’attuale quadro dell’RRF sia concepito per contribuire in modo efficace alla transizione verde, compresi gli obiettivi climatici dell’UE al 2030 e al 2050, analizzando i concetti chiave della transizione verde e del monitoraggio delle azioni per il clima e cosa essi comportano. Il contributo alla transizione verde si riferisce a riforme e investimenti in tecnologie e capacità verdi, tra cui biodiversità, efficienza energetica, lavori di riqualificazione degli edifici, e all’economia circolare. Ciò che emerge dalla relazione della Corte è che quasi la metà (44%) del contributo atteso all’azione per il clima dell’RRF deriva da misure approssimative e che sovrastimavano il reale contributo del dispositivo.
Per quanto riguarda la transizione verde, quattro dei 14 indicatori comuni definiti per l’RRF mirano a misurare i passi in avanti compiuti verso la transizione. Tali indicatori, però, forniscono solo una copertura limitata del pilastro della transizione verde. Ad esempio, non vi è alcun indicatore comune per le misure ambientali né per le misure miranti a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, che sono pertinenti per gli obiettivi ambientali e climatici dell’RRF. Pertanto, l’assenza di tali indicatori non consente di misurare i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi.
Quattro indicatori comuni nell’ambito del pilastro della transizione verde
In questo contesto, un dato positivo è che, per meglio stimare il contributo all’azione per il clima, la Commissione ha introdotto il concetto di “sottomisura”. E, inoltre, avere un valore-obiettivo quantitativo per l’azione per il clima ha indotto gli Stati membri a includere nei rispettivi PNRR misure che hanno un collegamento con il clima. In ciascuno dei PNRR dei paesi selezionati, infatti, la Corte ha individuato misure che erano incentrate su decarbonizzazione, energia da fonti rinnovabili ed efficientamento energetico. Tra l’altro, le misure introdotte dagli Stati considerati, erano legate a campi d’intervento specifici e a progetti maturi, includendo nei rispettivi PNRR o misure che erano solitamente finanziate da altri strumenti dell’UE o misure che attendevano fondi per essere attuate.
Una questione problematica, invece, è legata al fatto che, in seguito all’analisi dei traguardi e degli obiettivi assegnati alle misure incluse nel campione dei quattro Stati membri selezionati, la Corte ha rilevato esempi di traguardi ed obiettivi che non garantiscono il tracciamento dello stato di avanzamento per la transizione verde o che non riguardano tutte le misure pertinenti per l’azione per il clima. Ciò significa che traguardi ed obiettivi daranno luogo a esborsi senza fornire informazioni sul contributo della misura alla transizione verde e sui relativi risultati. Tale criticità, secondo la Corte, è legata al fatto che la Commissione avrebbe potuto chiedere obiettivi migliori.
Esempi di problematiche individuate dalla Corte in merito ai valori-obiettivi della transizione verde
Incoerenze nell’applicazione del principio “non arrecare un danno significativo”
Tutte le misure dell’RRF, comprese quelle relative alla transizione verde, dovrebbero “non arrecare un danno significativo” ai sei obiettivi ambientali, in base al principio “Do No Significant Harm” previsto dalla tassonomia dell’UE.
I sei obiettivi ambientali ai quali si riferisce il principio DNSH nell’RRF
Nell’ambito del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, tale principio punta a far sì che tutte le misure finanziate dall’RRF siano sostenibili da un punto di vista ambientale. Sebbene spetti agli Stati membri il compito di assicurare la corretta applicazione del principio DNSH, la Commissione deve fare un’ulteriore verifica nella fase di valutazione dei PNRR. In particolare, in fase di attuazione, la Commissione si accerta che siano rispettate le garanzie relative al principio DNSH, quali descritte nella decisione del Consiglio che approva il PNRR, purché tali garanzie facciano parte dei traguardi e degli obiettivi.
Analizzando la valutazione del rispetto del principio DNSH da parte del campione, la Corte ha rilevato una certa disomogeneità nell’applicazione del principio. Ad esempio, la Croazia ha effettuato una valutazione sostanziale del rispetto del principio per tutte le sei misure campionate, mentre la Grecia ha sempre optato per un approccio più semplificato. In effetti, come sottolineato dalla Corte, secondo le autorità nazionali le disposizioni relative al principio DNSH sono difficili da attuare, principalmente a causa della loro complessità e novità.
La rendicontazione sulla spesa per il clima e la transizione verde si discosta dagli effettivi costi e risultati
Nel documento, la Corte ha esaminato anche un altro aspetto: la rendicontazione sul contributo dell’RRF all’azione per il clima dovrebbe essere attendibile e basata su ipotesi valide. Per soddisfare i bisogni degli stakeholder, dovrebbe fornire un’immagine accurata dei fondi effettivamente spesi per l’azione per il clima e del contributo al conseguimento degli obiettivi climatici dell’UE. Eppure, il superamento dell’obiettivo del 37 % per il contributo dell’RRF all’azione per il clima e in merito alle dotazioni per i PNRR nazionali (nel 2022 si era già raggiunto il 40%) si basava sui costi stimati, quali indicati dagli Stati membri nei rispettivi PNRR iniziali, e non su spese effettive. A febbraio 2024, il contributo all’azione per il clima pianificato è aumentato, a causa delle modifiche dei PNRR, e, secondo la Commissione, ammonta ora al 42,5 % (275 miliardi di euro). Il motivo per cui la Commissione non effettua un monitoraggio della percentuale e degli importi effettivi del contributo dei PNRR all’azione per il clima è che il regolamento RRF non le impone di riferire sulle somme effettivamente spese per raggiungere l’obiettivo del 37 %, ma sui costi stimati. Tuttavia, evidenzia la Corte, i costi effettivi di una qualsiasi misura dell’RRF, a prescindere dal contributo apportato all’azione per il clima, possono differire significativamente dai costi stimati all’atto dell’approvazione dei PNRR, incidendo sulla percentuale del contributo all’azione per il clima.
Per la transizione verde, invece, secondo la Corte il regolamento RRF non indica chiaramente se la rendicontazione debba riferirsi alla spesa effettiva o a quella stimata, dato che la Commissione si riferisce esplicitamente solo a quest’ultima.
Tuttavia, il quadro di valutazione dell’RRF fornisce informazioni sugli esborsi della Commissione per pilastro e sui traguardi e gli obiettivi raggiunti nell’ambito della transizione. A febbraio 2024, gli Stati membri avevano ricevuto 103 miliardi di euro di sovvenzioni e 54 miliardi di euro di prestiti (oltre al 13 % del prefinanziamento, per circa 68 miliardi di euro). Gli esborsi collegati al pilastro della transizione verde rappresentano finora il 17 % (27,2 miliardi di euro) di tutte le spese. Secondo la Corte, considerando che le misure pertinenti per l’azione per il clima dovrebbero, da sole, contribuire al 42,5 % dell’importo assegnato dell’RRF, e che la transizione verde dovrebbe includere 34 misure ambientali aggiuntive che non sono rilevate dall’esercizio di monitoraggio dell’azione per il clima, questo importo è ancora abbastanza basso.
Esborsi per pilastro, come indicato nel quadro di valutazione dell’RRF (miliardi di euro)
Pertanto, l’approccio adottato per rendicontare può portare a sottostimare o sovrastimare gli importi indicati come erogati per la transizione verde, in quanto il valore unitario di traguardi e obiettivi non riflette né i costi effetti né quelli stimati delle misure. Ad esempio, spiega la Corte, una misura relativa all’efficienza energetica degli edifici in Portogallo prevede obiettivi connessi alla superficie riqualificata. Utilizzando il valore unitario, la riqualificazione di 45.000m2 verrà conteggiata, in termini di transizione verde, allo stesso modo della riqualificazione di 315.000 m2.
Infine, la rendicontazione sulla transizione verde è ulteriormente inficiata dal fatto che la maggior parte dei traguardi e degli obiettivi iniziali sono collegati alle primissime fasi di attuazione (quali ad esempio l’approvazione di un invito a presentare proposte di progetti). Ciò significa che i primi pagamenti agli Stati membri non sono necessariamente collegati a progetti effettivi, se i rispettivi traguardi e obiettivi sono connessi a riforme o a fasi preparatorie per avviare una misura, ad esempio.
Le raccomandazioni della Corte
A conclusione del documento, la Corte dei Conti europea fornisce quattro raccomandazioni utili per migliorare il funzionamento del Dispositivo per la ripresa e la resilienza.
La prima è di stimare meglio la spesa per il clima nell’ambito di strumenti di finanziamento futuri. La Corte suggerisce infatti che la Commissione consenta che le misure, gli interventi o le azioni connesse al clima siano suddivise ad un livello che consenta di collegarle all’appropriato e giustificabile contributo all’azione per il clima, ottenendo una valutazione più dettagliata e precisa della spesa per il clima.
"Permettere che futuri strumenti di finanziamento volti a sostenere i valori-obiettivo e gli obiettivi climatici e ambientali siano concepiti in modo appropriato" è la seconda raccomandazione. La Corte ritiene che la Commissione dovrebbe:
- valutare le modalità con le quali gli strumenti di finanziamento che contribuiscono al conseguimento dei valori-obiettivo e degli obiettivi climatici dell’UE forniranno informazioni sul loro effettivo contributo a tale conseguimento;
- tenere conto, nel quadro di monitoraggio e di valutazione della performance, degli investimenti pertinenti per gli obiettivi climatici e ambientali.
In terzo luogo è importante potenziare la performance delle misure per la transizione verde. Secondo la Corte entro giugno 2025 la Commissione dovrebbe anche:
- adottare misure per ovviare alle incoerenze nell’applicazione del principio “non arrecare un danno significativo” da parte degli Stati membri quando questi ultimi utilizzano un approccio semplificato;
- qualora le misure connesse alla transizione verde siano modificate, far sì che traguardi e obiettivi monitorino lo stato di avanzamento delle misure fino al loro completamento, per poter valutare se le misure abbiano conseguito i rispettivi obiettivi climatici e ambientali.
Infine vi è la raccomandazione di migliorare la rendicontazione delle spese per il clima nell’ambito del Dispositivo per la ripresa e la resilienza. Entro fine 2026, invece, in merito alla rendicontazione delle spese, secondo la Corte la Commissione dovrebbe compilare e pubblicare le informazioni già fornite dagli Stati membri sui costi effettivi delle misure connesse al clima, compararle ai costi stimati nei piani nazionali e ricalcolare l’effettivo contributo all’azione per il clima rispetto al valore-obiettivo del 37 %.
Per approfondire, consulta la Relazione della Corte dei Conti europea
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