Limiti al subappalto - Corte Giustizia UE, la norma italiana è illegittima
I limiti al subappalto previsti dalla normativa italiana sono contrari alle disposizioni europee in materia di contratti pubblici. A dirlo è la Corte di giustizia europea nella sentenza arrivata ieri su richiesta del TAR della Lombardia. Esulta l’Ance che adesso chiede al governo di mettere mano alla normativa.
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Con la sentenza del 26 settembre, la Corte di giustizia europea si è espressa sulla legittimità della normativa italiana in materia di appalti pubblici, stabilendo che il limite del 30% al subappalto - previsto dal Codice dei contratti pubblici del 2016 - è contrario alle disposizioni comunitarie sul tema.
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Come nasce la sentenza del 26 settembre 2019
L’intervento della Corte era stato richiesto dal TAR della Lombardia, chiamato ad esprimersi sull’esclusione di un’azienda, da parte di Autostrade spa, dalla gara per l’ampliamento dell’A8 dal valore di 85 milioni di euro. In quel caso, infatti, Autostrade aveva deciso di non ammettere l’azienda perché l’offerta prevedeva una percentuale di subappalto superiore al limite del 30% stabilito dal Codice del 2016.
Davanti al ricorso dell’azienda per la richiesta di riammissione alla gara, il TAR aveva dunque deciso di interpellare la Corte europea per richiedere una sua pronuncia pregiudiziale sulla possibile violazione del diritto UE da parte della normativa italiana che impone il limite del 30%.
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PMI e infiltrazioni mafiose, i punti su cui si focalizza la Corte
Nella sentenza della Corte vale la pena sottolineare alcuni passaggi specifici. Nel dichiarare illegittimo il limite del 30%, la Corte si focalizza su due questioni:
- Principio della libera concorrenza, con particolare riferimento alla partecipazione delle PMI alle gare;
- Metodi alternativi di contrasto alle infiltrazioni criminali.
Sul primo punto, la Corte afferma che gli appalti pubblici dovrebbero essere strutturati in modo da favorire la concorrenza. Un principio che, nella pratica, si realizza anche favorendo la partecipazione delle PMI alle gare. A tal fine, il subappalto viene ritenuto dalla Corte un utile strumento perché capace di agevolare la presenza delle piccole e medie imprese nei grandi appalti da cui, altrimenti, sarebbero facilmente escluse.
Per quanto riguarda, invece, il pericolo di infiltrazioni criminali nei subappalti, la Corte contesta le argomentazioni del governo italiano secondo cui “la limitazione del ricorso al subappalto (...) è giustificata alla luce delle particolari circostanze presenti in Italia, dove il subappalto ha da sempre costituito uno degli strumenti di attuazione di intenti criminosi. Limitando la parte dell’appalto che può essere subappaltata, la normativa nazionale renderebbe il coinvolgimento nelle commesse pubbliche meno appetibile per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così l’ordine pubblico”.
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Su questo punto la Corte afferma che “anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno”, la restrizione astratta del 30% è eccessiva. Secondo la Corte, infatti, si tratta di un vincolo che non lascia margini di manovra alle stazioni appaltanti, anche quando esse siano in grado di verificare le identità dei subappaltatori e, a seguito di verifica, non ritengano necessario imporre alcun limite al subappalto.
Esistono infatti, secondo la Corte, misure meno restrittive (come quelle previste dall’art. 71 della direttiva 2014/24) che possono essere impiegate per contrastare fenomeni di infiltrazioni mafiosa e delle quali l’Italia - secondo la Corte - non ha dimostrato l’inefficacia.
Ance, ora bisogna cambiare le norme
Dopo la sentenza di ieri esulta l'Associazione dei costruttori che ora chiede al Governo di intervenire prontamente per eliminare i limiti al subappalto.
In un comunicato rilasciata a poche ore dalla pronuncia della Corte, infatti, l'Associazione ha affermato che si tratta di “una decisione che conferma la tesi sostenuta dall’Ance, sin dall’entrata in vigore del Codice appalti del 2016 con un esposto presentato alla Commissione europea, che vede in questa norma una grave violazione della libertà di organizzazione d’impresa incompatibile con le direttive Ue sugli appalti”.
L’Associazione, infatti, sottolinea che la sentenza conferma nuovamente come l’Europa chieda al nostro Paese di rispettare le norme comunitarie in materia di concorrenza. “A livello europeo infatti - prosegue l’Ance nel suo comunicato - non sono ammesse restrizioni, in via generale e astratta, al subappalto come invece è attualmente previsto nell’ordinamento italiano, anche dopo le modifiche dello Sblocca cantieri”.
Secondo il presidente dei costruttori, Gabriele Buia, è quindi giunto il momento per il Governo di intervenire in modo complessivo in materia di appalti “per allineare la normativa italiana a quella europea a tutela di tutte le tipologie d’impresa, nessuna esclusa”.
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