Ue-Canada - CETA, che tutele su denominazioni d'origine?
Cosa prevede l'accordo in termini di protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti Ue
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Il 16° vertice tra l'Unione europea e il Canada segna, riporta una nota della Commissione Ue, "un momento storico nel partenariato politico ed economico" tra le due parti. E' in tale occasione, infatti, che i presidenti di Commissione e Consiglio europeo, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk (accompagnati dal ministro slovacco Robert Fico), hanno firmato insieme al primo ministro canadese Justin Trudeau due importanti accordi bilaterali: l'Accordo commerciale globale economico (Comprehensive Economic and Trade Agreement - CETA) e l'Accordo di partenariato strategico (Strategic Partnership Agreement - SPA).
Il CETA, in particolare, è finalizzato ad agevolare gli scambi e gli investimenti tra Canada e Ue, tramite:
- l'eliminazione dei dazi doganali,
- l'apertura del mercato degli appalti pubblici,
- la semplificazione degli scambi di servizi,
- la promozione della cooperazione in campo normativo,
- la tutela delle innovazioni e dei prodotti agricoli con un'origine geografica specifica,
- l'incentivazione e la protezione degli investimenti,
- la salvaguardia della democrazia e delle norme di protezione dei consumatori e dell’ambiente.
Indicazioni geografiche: che tutele assicura la Commissione?
Durante le diverse fasi di negoziato dell'accordo, la questione delle indicazioni geografiche è stata spesso al centro di accese polemiche da parte delle imprese agroalimentari Ue, preoccupate dalla prospettiva di un'intesa che non tuteli sufficientemente la denominazione d'origine di prodotti tradizionali della cultura europea.
Al riguardo, si legge nelle dichiarazioni della Commissione rilasciate a margine dell'accordo, in materia di indicazioni geografiche, tra cui le DOP e le IGP, Bruxelles assicura di mantenere “stretti contatti con ciascuno Stato membro interessato, attraverso le strutture consultive disponibili” e di accogliere “richieste ad hoc di ulteriori consultazioni”. Alla luce della preoccupazione mostrata da alcuni Paesi Ue, come la Grecia per il caso del formaggio Feta, Bruxelles riconosce, poi, che i risultati conseguiti nel quadro dell'intesa con Ottawa, “offrono un livello di protezione che non crea alcun precedente per i negoziati in corso o futuri”.
Bruxelles conferma, poi, la sua intenzione di “garantire la rigorosa applicazione della protezione delle indicazioni geografiche previste nell'accordo” e si impegna, al più tardi entro cinque anni, a “fare uso dei meccanismi adeguati previsti dall'intesa [...] per conseguire, per tutte le indicazioni geografiche Ue elencate” nel CETA, “il medesimo livello di protezione”.
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Contestualmente l'Esecutivo Ue assicura di voler “fare pieno uso dei meccanismi” a sua disposizione per la futura aggiunta di nuove IG (indicazioni geografiche) “sulla base della richiesta di uno Stato membro”.
Infine, conclude la Commissione, alla luce delle possibilità offerte dal Regolamento (UE) 1144/2014 in materia di “azioni di informazione e di promozione riguardanti i prodotti agricoli realizzate nel mercato interno e nei Paesi terzi”, Bruxelles “continuerà ad offrire agli Stati membri", oltre che "ai produttori e agli esportatori di prodotti protetti da un'indicazione geografica, soprattutto ai più vulnerabili tra di essi, sostegno nella promozione delle indicazioni geografiche”.
Prossimi passi
Lo scorso 5 luglio, lo ricordiamo, la Commissione europea ha formalmente presentato al Consiglio Ue la proposta per la conclusione del CETA, che è stata appunto firmata nel corso del 16° vertice Ue-Canada.
Pur ritenendo l'intesa “legalmente di esclusiva competenza dell'Ue”, Bruxelles ha comunque deciso di proporre il CETA come accordo "misto”. L'intesa avrà quindi bisogno dell'approvazione dei parlamenti nazionali di tutti i Paesi Ue per l'entrata in vigore definitiva.
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